Capitolo 12

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Isabelle
«No. - sento la voce di un ragazzo alle mie spalle, riconoscendola mi giro di scatto e lo fisso sbalordita - Non lascerò che tu te ne vada.» si siede accanto a me osservando la foto sulla lapide in silenzio, come per lasciarmi il mio spazio, e sorprendentemente funziona perché scoppio a piangere come avrei dovuto fare anni fa. Mick rimane in silenzio, si limita ad abbracciarmi ma è proprio quello di cui ho bisogno, almeno fino a circa mezz'ora dopo quando finalmente mi asciugo le lacrime e smetto di singhiozzare, lui mi asciuga le ultime lacrime, mi bacia la fronte e mi stringe ancora più forte a sé. Riesco a sentire il battito del suo cuore decisamente troppo veloce, il suo respiro però è calmo, come se stesse fingendo di stare bene per me anche se non dovrebbe farlo.
«Sembra che il tuo cuore stia per esplodere.»
«Sto bene, sono qui per te.»
«Ok, ma se stai male devi sentirti libero di dirmelo.»
«Sono solo preoccupato per te. - lo guardo incuriosita e lui sorride, poi riapre la bocca per continuare a parlare - Stamattina i tuoi sono entrati in casa e mi hanno visto, avrei voluto svanire nel nulla ma ho fatto il bravo giuro. Mi sono presentato come tuo amico ma quando mi hanno chiesto di te a quanto pare i miei occhi hanno subito lasciato intendere qualcosa di più, gli ho raccontato delle cose e loro me ne hanno raccontate delle altre. Di te e di tua sorella. Se stai pensando che io sia arrabbiato perché non me lo hai detto ti sbagli, ognuno hai suoi tempi e io sono il primo che sa rispettarli, ciò che mi fa incazzare è questa cosa che hai appena letto. Cazzo Belle ti sei sentita? Tu meriti di stare in questo mondo, meriti ogni cosa che ti sta capitando e non pensare nemmeno per un secondo il contrario, non so niente di lei, ma so che ti voleva bene. E una persona che ti vuole bene desidera il meglio per te, lei vorrebbe che tu ti godessi la vita al massimo, senza se e senza ma.»
«Tu non capisci, se non fosse stato per me lei non avrebbe mai preso quella strada, sarebbe andata da un'altra parte e oggi sarebbe in viaggio per l'Europa con lo zaino e uno dei suoi ragazzi.»
«Non puoi darti la colpa, guarda. - mi dice tirando fuori il suo telefono dalla tasca, lo sento digitare qualcosa su di esso e poi si blocca su una pagina - Incidente: avvenimento inatteso che interrompe il corso regolare di un'azione. Avvenimento inatteso, nessuno avrebbe potuto prevederlo in alcun modo per cui smettila.»
«Apprezzo quello che stai cercando di fare ma...»
«Lo so che ti ci vorrà del tempo, tuttavia non provare ad allontanarti o a pensare che tu saresti dovuta essere su quell'auto, senza di te io non so cosa farei adesso.»
«Esagerato, ti saresti risparmiato dei gran casini caro mio.»
«Lascia scegliere a me in che casini infilarmi ok?» annuisco e dopo qualche secondo ci alziamo per tornare a casa, Mick però essendo venuto in auto deve passare dal parcheggio per cui lo seguo.
«Potresti salire, non accendo l'auto te lo giuro, prova almeno a salire.»
Deglutisco. È da troppo tempo che non entro in una macchina e farlo proprio oggi mi sembra decisamente avventato e spaventoso, non so se mi sentirei a mio agio, nemmeno con Mick accanto. Lo fisso in silenzio attendendo qualche sua parola ma niente, anche lui tace, a differenza mia però sulla bocca ha un sorriso di incoraggiamento, forse crede davvero che io possa farcela, mi porge la mano e apre la portiera del passeggero, mi trascina sempre più vicino alla vettura senza mai lasciarmi.
«Guarda me, non l'auto. Fai un bel respiro e solleva prima un piede poi l'altro. Ce la fai, fidati.» seguo le sue indicazioni: lo guardo dritto negli occhi stringendo sempre più forte la sua mano, sollevo un piede per volta e mi siedo sul sedile. Ok, sono su un auto. Al contrario di ciò che pensavo Mick non sale, rimane lì accanto a me sempre con quel sorriso che è così contagioso da riuscire a farmi sorridere facendomi dimenticare dove fossi e cosa stessi facendo.

Mick
La guardo seduta nell'auto e non posso fare a meno di rendermi conto di quanto sia bella, nonostante quello sguardo spaventato dalla vita. Capisco quanto è fragile, come i petali di un fiore, di una rosa rossa come quelle che le piacciono tanto, darei tutto per lei.
«Stavo pensando, io ho conosciuto i tuoi, potresti venire da me in Svizzera. Andiamo in aereo se preferisci.» le domando insicuro appoggiando la mano destra sulla portiera mentre la sinistra tiene ancora stretta la sua.
«No.» risponde prontamente. Guardo per terra per non farle vedere che ci sono rimasto male nonostante le abbia appena detto il contrario, come potrei non esserci rimasto male.
«Aspetta. - mi solleva il viso mostrandomi forse il primo sorriso sincero da quando ci siamo rivisti - Certo che voglio conoscere la tua famiglia, voglio conoscere tutto ciò che ti riguarda. Il no non era riferito a questo.»
«E allora a cosa?»
«Non voglio andare in aereo. - sospira e si perde nuovamente nei miei occhi, la presa diventa momentaneamente più forte - Andiamo in macchina.»
«Ma io...»
«Mick, se c'è qualcuno con cui fare questa cosa sei tu, soltanto tu. Non hai la minima idea delle emozioni che mi hai fatto provare in questi giorni, mi hai fatto sentire viva, appartenente ad un mondo in cui mi sentivo costantemente fuori posto. Mi hai ridato la gioia di vivere per cui andiamo in macchina.»
«Mi piaci da impazzire.» ok, ormai l'ho detto e non si torna più indietro. Sorride imbarazzata e guarda verso il basso per non farmelo vedere, troppo tardi però, mi scappa una risata orgogliosa, solleva lo sguardo e mi avvicino per baciarla.
«Ok, però possiamo andare a casa a piedi?» annuisco, non voglio di certo pressarla, deve farlo quando se lo sentirà, il mio compito è solamente quello di sostenerla e ricordarle ogni qualvolta ci sia bisogno di quanto sia stupenda e di quanto mi renda l'uomo più felice dell'intero universo.

Quel filo blu || Mick SchumacherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora