Capitolo 8

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Isabelle
È venerdì e oggi usciranno i risultati dell'esame, sono molto agitata perché vorrei finire quest'anno con un bel voto così da potermi rilassare completamente e ricaricare le batterie per l'anno prossimo, ovvero l'ultimo anno di università. A pensarci mi sembra ieri quando ho iniziato a frequentare questo corso. Appena entrai in aula fui sommersa dall'enormità di spazio a disposizione per noi studenti, presi posto in una delle file centrali, perché davanti fa secchione e dietro casinista, e aspettai il professore come tutti. Nel momento esatto in cui il signor Dubois entrò mise in chiaro alcune regole delle sue lezioni: niente cellulari e clima dignitoso per poter aprire ad un dialogo rispettoso. Lui mi è piaciuto fin da subito, anche ora resta il mio preferito. Non è rigido come il suo completo nero fa sembrare, sa essere divertente e gentile quando vuole, è solamente un professore esigente, il che a parer mio non è un difetto, anzi credo ci vorrebbero più professori come lui dato che la sua classe ha la media complessiva più alta dell'università. Mentre penso a quel giorno mi rendo però conto che il tempo va avanti e che mi trovo realmente all'ultimo giorno del secondo anno di università, e come da programma devo entrare nell'aula, prendere posto, aspettare il mio turno e ricevere il voto.
«Andre... Chatillon... Gaillard... - inizia a chiamare il professore mentre la mia ansia continua ad aumentare mentre prosegue in ordine alfabetico. - Meyer.» ecco. Mi alzo e comincio a camminare verso la cattedra, ogni passo che faccio mi sorprendo per essere ancora in piedi visto il notevole tremolio delle gambe. Dopo quella che mi è sembrata un'eternità arrivo da lui, mi fa accomodare e da il via ad una serie di commenti sul mio lavoro, di tutte quelle parole non ne sto capendo nemmeno una, sembra una lingua completamente diversa. Arriva il momento del voto, mi mostra la valutazione e a tratti non svengo, firmo il necessario, gli stringo la mano e esco fuori dalla stanza tirando un sospiro di sollievo enorme. Esco dall'istituto e chiamo immediatamente mamma che strilla dalla gioia per il mio venti, voto massimo qui in Francia, e mi ordina di passare immediatamente da loro per festeggiare.
«Un brindisi a nostra figlia, il nostro più grande orgoglio. - esclama mio padre sollevando un bicchiere di acqua presa dal loro distributore dell'ufficio - Stasera andiamo fuori a cena a festeggiare per bene.»
«Ragazzi calma, certo è un bel voto ma teniamo tutti questi festeggiamenti per l'anno prossimo.»
«No Izi, bisogna festeggiare ogni volta che è possibile, dobbiamo imparare a goderci ogni secondo. Siamo una famiglia stupenda e purtroppo ci è servita quella tragedia per capirlo.» sospira mamma provando inutilmente a trattenere le lacrime.
«Mi manca molto, non so cosa darei per poter anche solo litigare ancora con lei.» aggiunge mio padre avvolgendo con un braccio mia madre.
Amo i miei genitori, dico sul serio, è solo che mi sento costantemente questa responsabilità di dover colmare un vuoto con dimensioni tre volte più grandi di me, incolmabile. Sophie era unica, non ho mai conosciuto qualcuno così coraggioso, divertente e con così tanta voglia di far sentire la propria voce come lei; non ha mai sprecato occasione per dire la sua e questo, anche se mi irritava molto, adesso mi manca terribilmente. La verità è che io non sarò mai alla sua altezza, sono una ragazza molto paurosa, terrorizzata dalla vita e dalle esperienze nuove; per questo mi stupisco di aver provato su due piedi a surfare l'altro giorno. Forse è Mick ad avere questa influenza su di me, mi spinge a pensare e a fare cose che probabilmente non farei mai, non senza aver analizzato dettagliatamente i rischi e i benefici. A proposito, dovrei chiamarlo credo, non so come funziona lo stare con una persona e a dire il vero non abbiamo ancora parlato di cosa siamo, penso però gli farebbe piacere sapere di questo piccolo successo che ho raggiunto così, utilizzandolo come scusa per evadere dai miei genitori, esco e torno a casa.

Mick
Io, mamma e mia sorella stiamo andando a trovare papà, è da qualche giorno che non ho avuto molto tempo per parlare con lui come facevo prima e ne sento vivamente il bisogno.
Appena entriamo nella sua stanza cala il silenzio, ormai è da anni che lo vediamo in queste condizioni ma ogni volta è come fosse la prima, ci sediamo accanto al suo letto e la prima a parlare, come al solito, è mamma. Inizia con il dirgli quanto ci manca, quanto sia difficile per noi stare senza di lui per proseguire con il raccontargli le novità più recenti. Mia sorella invece tende a leggergli sempre qualcosa o a mettere qualche canzone, ci hanno detto che potrebbe aiutarlo a riprendere conoscenza e quello è il nostro unico obiettivo.
È il mio turno, inizio a parlargli delle mie ultime gare, di come mi piace guidare e qualche notizia dalla pista, come per esempio il ritiro di Seb, poi mi viene in mente qualcosa che non ho ancora detto né a lui né a nessuno dei presenti.
«Ho conosciuto una ragazza, prima del gran premio di Francia, ero fuori con Angie e l'ho vista, poi un paio di giorni dopo sono andato a Marsiglia solo per rivederla e l'altro giorno siamo stati insieme il pomeriggio e la sera. È molto bella, dolce e premurosa, nasconde qualcosa del suo passato credo, ma non ho intenzione di forzarla, quando se la sentirà me ne parlerà.»
«Mick è fantastico, te lo meriti.» sorride mamma con gli occhi luccicanti dalla gioia, so quanto vuole che io trovi qualcuno con cui abbia il rapporto che lei ha avuto e, nonostante l'incidente, ha ancora con papà.
«Devi farmela vedere, hai una foto? Lei che dice di te, intendo del tuo lavoro e del resto.»
«Non ho una foto, poi lei non sa chi sono. Le ho omesso di essere un pilota e anche del mio cognome. Mi faceva sentire bene essere conosciuto per Mick e non per Schumacher. Ora però lei mi piace molto e devo assolutamente dirglielo, non voglio che lo scopra da altri e poi litigarci. Quando ci siamo baciati... non lo so, sentivo di volare.»
«È quello che successe tra me e tuo padre, fin dal primo istante abbiamo sempre saputo di esserci trovati, e guardaci ora. Siamo tutti qua, l'uno per l'altra. siete la cosa più bella che mi potesse capitare.» dice commossa mentre mia sorella la abbraccia, sto per fare lo stesso quando mi squilla il telefono, lo tiro fuori dalla tasca e sorrido leggendo il nome di Belle: non vedevo l'ora di sentire nuovamente la sua voce.

Quel filo blu || Mick SchumacherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora