Isabelle
È finalmente mercoledì, mi sto cambiando i vestiti per la terza volta poiché ero pronta ma Mick mi ha ordinato di indossare un costume e di trovarci alla solita spiaggia, il dubbio di ciò che faremo non so se mi crea più ansia o più eccitazione; comunque dopo circa una mezz'ora esco di casa e lo raggiungo. Mentre mi sto avvicinando a lui lo vedo fare avanti e indietro passando le mani tra i suoi capelli, appena mi vede però si ferma e torna verso due tavole da surf incastrate nella sabbia abbastanza imbarazzato, come se sperasse io non lo avessi visto.
«Quelle sono tavole da surf?» esclamo ancora prima di salutarlo.
«Si, hai mai provato?» mi chiede mentre mi avvicino.
«No.»
«Beh, sarà la tua prima volta.»
«Mick... - sospirò nervosa osservandolo negli occhi - non so se sia una buona idea.»
«Eddai, sarà divertente, ti fidi di me?» esito per qualche secondo, poi vedo il suo sorriso e istantaneamente annuisco così tira fuori da un borsone una muta e mi dice di indossarla mentre lui fa lo stesso. Noto subito che questa non è la sua prima volta, la indossa con una facilità sovrumana mentre io faccio fatica a tirarla su.
«Aspetta, ti do una mano.» si offre avvicinandosi: mi tira su la muta e mi chiude la cerniera, poi sdraia la tavola che ha scelto per me e mi fa fare degli esercizi prima di entrare in acqua; dopo circa un'oretta ho preso abbastanza confidenza per entrare in acqua per cui iniziamo a bagnarci.
Devo ammettere che in questo momento sto provando una scarica adrenalina assurda, non mi sarei mai immaginata di fare surf in vita mia, tuttavia mi sta bene, sono emozionata e soprattutto mi fido del ragazzo che è con me.
«Sicura di non aver mai surfato? Hai talento.»
«Ma smettila.»
«Sono sincero, io ci ho messo molto più tempo prima di entrare in acqua la prima volta. Te la senti di provare a cavalcare un'onda?»
«Ehm sì, proviamo.» dico cercando rassicurazione nel suo sguardo.
Vedo un'onda arrivare in lontananza così, seguendo le indicazioni che mi aveva dato precedentemente, riesco a cavarmela; tuttavia nessuno dei due si aspettava l'onda enorme che sarebbe arrivata dopo e che mi spinge sott'acqua. Fortunatamente, dopo quello che mi è sembrato veramente un millesimo di secondo, Mick mi solleva e mi fa appoggiare alla tavola, controlla che io sia cosciente e mi riporta a riva dove mi appoggia a terra.
«Stai bene? Io non ho visto l'onda, mi dispiace.»
«Sto bene tranquillo, ho solo bevuto un po' non ti devi preoccupare. Anzi, è stato stupendo. - cercò di rassicurarlo nonostante sia ancora visibilmente terrorizzato, è più spaventato di me - Guardami - dico appoggiando la mia mano sulla sua guancia - Sto bene.»
Mi osserva per un tempo indefinito e posso giurare di aver provato qualcosa che non ho mai provato fino ad adesso, ho sempre temuto il contatto visivo perché mi ha sempre fatto sentire in soggezione, ma con lui in questo momento è diverso: sto bene.
«Se aspetti qui vado a prendere qualcosa da mangiare, ci metto poco.»
Ed è così, infatti il tempo di vederlo sparire in lontananza che è già di ritorno con due cartoni di pizza fumanti, si risiede e me ne porge uno; mangiamo in silenzio senza nessun imbarazzo, come se facessimo questa cosa da una vita.
«Hai freddo?» mi chiede vedendomi tremare.
«Un po' ma non ti preoccupare.»
«Aspetta, dovrei avere... - dice allungando il braccio verso il suo zaino e tirando fuori una felpa rossa - Ecco.»
«Grazie. - lo ringrazio timidamente infilandomi la sua felpa e nascondendoci le mani - Allora, com'è la tua famiglia?»
«Si, i miei genitori e mia sorella maggiore. Abitiamo tutti in Svizzera.»
«E siete uniti?»
«Molto, non immagino la mia vita senza di loro.»
«Si vede che gli vuoi bene, siete molto fortunati.» taglio corto notando un po' di malinconia nei suoi occhi.Mick
«E tu?»
«Oh i miei sono fantastici, dovresti vederli. Vorrei avere una cosa come la loro, sembrano due adolescenti.» percepisco una strana sensazione nella sua voce, simile a quella che provo io quando parlo di papà, credo che anche lei abbia passato qualcosa in famiglia che l'ha segnata.
«Hai pensato a parlare loro di Parigi?»
«No, non ho intenzione di lasciarli soli, anche se dicono di no hanno bisogno di me, non voglio che si preoccupino.»
«Sai, da quando ti conosco la cosa che ho capito di te è che vuoi che gli altri vivano tranquilli, eppure anche tu dovresti farlo. I tuoi genitori sono adulti, sanno badare a se stessi ed è giusto che tu viva la tua vita inseguendo il tuo sogno, non è brutto se cominci a vivere per te.»
«Cavolo, tu sai davvero leggere le persone.» sospira voltandosi verso destra dove sono seduto.
«Perché Parigi?»
«Parigi è la città più romantica che conosco, ho sempre desiderato vivere lì, lasciare tutto e ricostruirmi una vita da zero. Innamorarmi di un uomo francese che mi facesse la proposta di matrimonio sotto la Tour Eiffel. - non riesco a trattenere un sospiro divertito e sento uno spintone scherzoso arrivare da lei, siamo molto vicini e probabilmente nessuno dei due se ne è reso conto, vorrei tanto baciarla - So che è smielato, non c'è bisogno di ridere.»
«Smielato? Dici?» scherzo anche io guardandola nuovamente. Noto una ciocca di capelli sul suo viso così avvicino la mano destra spostandola dolcemente dietro il suo orecchio, le lascio la mano appoggiata la guancia e mi avvicino lentamente, sto aspettando solo un suo segnale perché non vorrei affrettare le cose. La vedo sorridere e così azzero la distanza con uno dei baci più belli che io abbia mai dato in vita mia; più bello perché sento delle sensazioni nuove, le mie gambe stanno tremando e posso giurare di sentire dei brividi per via delle sue dita scorrere tra i miei capelli.
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Quel filo blu || Mick Schumacher
Fiksi PenggemarIsabelle è nata a Marsiglia, ha 20 anni, studia per diventare un'arredatrice di interni nella sua agenzia immobiliare di famiglia; ha sempre desiderato trasferirsi a Parigi e aprire uno studio in autonomia. Ama tutti quei passatempi che ormai non va...