Capitolo 2

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Isabelle
Torno a casa e vedo che mamma e papà non sono ancora tornati, ciò significa che spetta a me preparare la cena, non ne ho minimamente voglia così opto per ordinare del cibo cinese e ne approfitto per farmi una doccia calda. Se c'è una sensazione che amo è quando appena esco dalla doccia mi metto una maglietta larga e, ancora con i capelli bagnati, esco sul balcone a fumare una sigaretta, forse perché è l'unico momento in cui posso farlo dato che i miei, nonostante sanno che fumo, lo detestano e per questo ogni volta che ci sono me lo impediscono. Faccio in tempo a finirla che sento la porta aprirsi e vedo entrare i miei molto più sorridenti del solito, sono li che se la ridono e per un attimo mi immagino la sagoma di Sophie seduta sul divano a schifare le loro dimostrazioni di affetto.
«Tesoro, abbiamo concluso una grossa vendita.» mi dice mamma venendomi vicino a braccia aperte.
«Cavolo è fantastico, complimenti. Io ho ordinato da mangiare e dovrebbe arrivare tra poco, nel frattempo potrei farvi vedere la bozza del progetto per l'esame? Lo stile loft non fa per me e sono un po' in crisi.»
Entrambi accettano per cui tiro fuori il mio lavoro e mi siedo in mezzo a loro sul divano, entrambi hanno studiato architettura per cui non potrei chiedere aiuto a persone più adatte.
Mamma e papà si sono conosciuti al primo anno di università, papà giocava a basket e lei gli dava delle ripetizioni nelle materie in cui faceva fatica, che erano quasi tutte dato che aveva ottenuto una borsa di studio per lo sport, con l'andare del tempo hanno iniziato ad uscire e dopo poco si sono messi insieme. Da lì non si sono mai lasciati, non mi ricordo nemmeno di averli mai visti litigare anzi, più passa il tempo più sembrano affiatati, suona male ma la morte di mia sorella li ha avvicinati ancora di più; sono il mio modello, mi piacerebbe tanto avere una relazione come la loro dove nonostante i quasi trentacinque anni di matrimonio ci si porta ancora la colazione a letto e ci si regalano le rose a San Valentino. Un po' però mi sono rassegnata, o comunque ho ridimensionato la mia speranza in quanto, non essendo una persona che ama stare in mezzo alle persone, fatico a creare legami specialmente con i ragazzi; l'unica relazione seria che ho avuto è durata poco più di un anno, le altre erano solo frequentazioni di qualche uscita. La colpa credo sia mia e delle mie aspettative, sogno una storia d'amore come quelle nei film della Disney dove il principe azzurro ti salva dalla strega cattiva, purtroppo però non funziona così nella vita reale, le coppie si innamorano, litigano e poi si lasciano, tranne per i miei genitori ovviamente, mai visto niente del genere, o almeno negli ultimi anni.
Dopo cena mi metto il pigiama e mi lancio nel letto, nonostante sia estate mi copro con il lenzuolo e abbraccio il peluche di Simba che mi ha regalato Sophie quando ho compiuto dieci anni, inizialmente non lo guardavo nemmeno, poi quando lei è cresciuta e ha iniziato a non esserci mai a casa lo utilizzavo quando sentivo la sua mancanza; ora è lo stesso ma accade ancora più spesso.

Mick
Le qualifiche di oggi non sono andate decisamente come speravo, essere eliminati immediatamente al Q1 è snervante, soprattutto dato il passo che avevo preso nelle ultime gare, non voglio avere tutti questi alti e bassi, so benissimo di essere ancora agli inizi ma so che posso dare di più, devo dare di più: per papà. So che non mi può vedere ma io lo sento costantemente qui con me e l'ultima cosa che voglio è deluderlo.
«Che succede al nostro caro Mick?» mi domanda Max che insieme a Seb stanno andando anche loro a prendere l'auto per tornare in hotel.
«Niente ragazzi, sto bene.»
«Ehi, con noi puoi parlare, siamo qui per te.» mi rassicura il pilota dell'Aston Martin.
«Lo so e vi ringrazio, è solo che delle volte vorrei essere solamente Mick, non un membro della famiglia Schumacher o un pilota di Formula 1.»
«È normale, devi darti tempo, faccio fatica ancora io figurati tu. È lo stesso per tutti, no Max?»
«Certo, tu pensa a divertirti quando guidi, concentrati sulla sensazione di adrenalina che ti dà la tua monoposto e rilassati; i punti, i podi, tutto quello arriverà prima o poi. Non ti far ossessionare da questo però, altrimenti ti pesa tutto quanto poi.»
«Hai ragione, ho solo bisogno di rilassarmi.»
Salgo in auto e guido diretto, non vedo l'ora di fiondarmi sul materasso e dormire, è quello che mi serve per staccare, mi aiuterà a mettermi in forze per domani per riuscire a portare a casa qualche punto o per lo meno una buona gara.
Quindicesimo. Quindicesimo con cinque piloti ritirati, sono arrivato ultimo. Vado a fare le interviste così da essere poi libero per andare dagli ingegneri per cercare di capire se la macchina abbia avuto qualcosa di difettoso o comunque vedere cosa si può migliorare per tornare al passo gara precedente così da concludere l'ultima gara prima della pausa estiva con una mentalità più positiva.
«Mick come ti sei sentito durante la gara? C'è stato un calo di performance rispetto alle scorse gare, problemi con la macchina?»
«Beh oggi faceva molto caldo per cui la macchina si è dovuta adattare alle temperature ma di per sé l'ho sentita bene. Questo peggioramento cercheremo di capire se è legato alla macchina e proveremo a chiudere in bellezza questa sessione.»
«Ehi, cena da me?» mi chiede Seb vedendomi pensieroso dopo l'intervista.
«In realtà domani vado a Marsiglia per cui devo svegliarmi presto.»
«Impegno?»
«Diciamo di si, più come una missione di ricerca.»
«Ragazza?»
«Ragazza, solo che non so il suo nome o niente, so solo che abita lì.» gli spiego vedendolo sorridere per la mia idea decisamente poco convenzionale.
Sebastian è una persona fondamentale per me, sia in pista che fuori. Lui e mio padre hanno sempre avuto un rapporto stupendo ed ora è così tra noi, mi aiuta e mi sostiene sempre, so che su di lui posso contare per ogni cosa. Non sa nemmeno lontanamente quanto gli sia grato.

Quel filo blu || Mick SchumacherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora