Capitolo 13

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Isabelle
Da quel giorno è passata circa una settimana, Mick l'ha passata quasi tutta da noi, i miei a dir poco lo amano, è praticamente un figlio per loro, certo se non fosse per il fatto che fa sesso con la loro vera figlia. Lui e papà passano i pomeriggi a parlare di sport, letteralmente qualunque tipo, calcio, basket, tennis...
Domani mattina io e lui partiremo per la Svizzera, sono eccitata ma allo stesso tempo ho una paura fottuta, ma è la scelta giusta, sia per me che per lui. Dopo cena sistemo le ultime cose, salutiamo i miei dato che partiremo molto presto e andiamo a letto. Mi sdraio e stringo Simba, avrei bisogno di lei.
«Non mi hai mai raccontato la storia di quel peluche.» mi domanda accompagnando la mia testa sul suo petto.
«Me lo ha regalato Sophie quando ho compiuto dieci anni, era il nostro film preferito. - spiego iniziando a tracciare dei piccoli cerchi sul suo corpo e notando quanto il suo respiro fosse sempre uguale: calmo e regolare - Dio quanto vorrei fumare.»
«Ti ricordi? Ciò che fai tu faccio anche io.» mi ricorda mentre mi accarezza i capelli.
«Ho un po' di ansia per domani.»
«Ti prometto che guiderò perfettamente, occhi sulla strada, limiti di velocità e frecce, come ad un esame per la patente.»
«Grazie, per tutto. Tu sei... speciale Mick. Lo sei davvero. Promettimi che niente ti farà cambiare.»
«Te lo prometto, invece tu devi promettermi che non metterai mai un muro tra di noi, mi dirai sempre ciò che passa per quella tua bella testolina.»
«Te lo prometto.» mi bacia e ci mettiamo a dormire.
Mick mi sveglia dolcemente, mi avvisa di aver già caricato tutto quanto per lasciarmi riposare un po' di più: Dio quanto sono fortunata.
Indosso degli shorts sportivi e una sua maglietta per riuscire a restare comoda durante il viaggio, prendo le ultime cose e usciamo di casa. Arriviamo al parcheggio e, non appena vedo la sua macchina, sento un brivido percorrermi tutta la schiena, il mio istinto immediato è quello di scappare a gambe levate ma sento la mano del mio ragazzo sulla schiena, lo guardo e come al solito sfoggia quel suo sorriso irresistibile che serve a darmi la giusta motivazione per salire su quella auto. Mi siedo e Mick fa lo stesso, infila le chiavi e accende il motore. La mia gamba inizia a fare su e giù praticamente involontariamente, come se non riuscissi ad avere il controllo su me stessa; lui ovviamente se ne accorge e appoggia la sua mano sulla coscia e ciò fa immediatamente rallentare quello strano movimento fino a quando non si ferma completamente. In silenzio fa partire l'auto e non muove mai la mano da lì, nemmeno per un istante.
Finalmente verso il pomeriggio arriviamo a Gland, una stupenda cittadina situata sulle coste del lago di Ginevra; casa sua è praticamente immensa, in mezzo a un parco, inutile dire che appena scendiamo dall'auto rimango a bocca spalancata.
«Allora, come ti è sembrato il viaggio?» mi domanda mentre tira giù le valige dal bagagliaio. Non rispondo, lo bacio soltanto; sono certa che lui abbia capito tutto, ormai mi conosce e sa che un gesto per me vale più di milioni di parole.
Entriamo in casa e rimango scioccata dagli interni, gli spazi sono veramente ampi e si vede che ogni piccolo dettaglio è stato curato nel modo più preciso possibile, è decisamente una delle case più armoniose in cui io sia mai entrata.

Mick
«Tu devi essere Isabelle, è bello conoscerti, io sono Corinna. Mick ci ha parlato veramente tanto di te, sono contenta che abbia trovato una persona che lo fa sentire bene.» mamma va incontro a Belle per abbracciarla, vedo i suoi occhi blu illuminarsi a quel contatto, so che andrà molto d'accordo con mia madre, anche perché entrambe sono estremamente affettuose e generose.
«Izi la prego, e il piacere è tutto mio, questa casa è stupenda.»
«Dammi del tu. Mick mi ha raccontato che studi interior design, potresti aiutarci con la casa che abbiamo appena comprato, sono sicura che ci farebbe comodo il tuo parere.»
«Oddio, ma certo sarebbe un piacere.»
«Perfetto, poi ci sentiamo per i dettagli, ora vi lascio sistemarvi. Fai come se fossi a casa tua.» mi sorride e poi esce dalla sala.
«Tua mamma è bellissima, ora capisco come mai sei così bello.»
«Quindi sono bello?» scoppia a ridere imbarazzata, poi le prendo la mano e le faccio fare il giro della casa fino ad arrivare in camera mia. Inizia a ispezionare tutto quanto, poi si sofferma sulla foto mia e di mio padre sul comodino, raffigura me con il caso di papà seduto in un kart con lui dietro di me.
«Sei uguale a lui lo sai?»
«Forse esteticamente, per la personalità però non mi ci avvicino nemmeno lontanamente.»
«Non ci credo, anzi sono sicura che lui sia orgoglioso di come tu sei diventato.»
«Lui è il mio idolo. - dico sedendomi sul mio letto - Le volte in cui mi chiedono a chi voglio assomigliare rispondo lui: è stato un esempio di pilota e soprattutto di uomo. Vorrei tanto che fosse sveglio e che potesse vedermi gareggiare, rinuncerei a tutto pur di vederlo seduto a tavola a ridere con noi.» mi scende una lacrima sulla guancia che asciugo velocemente, ammetto che piangere per lui mi imbarazza, non so perché ma è così.
«Non devi nascondere le lacrime, non con me. - la tiro a me in modo che si sieda sulle mie ginocchia, nascondo il viso fra i suoi capelli e appena sento la sua mano accarezzarmi mi sembra di star toccando il cielo con un dito - E quello che cos'è?» domanda afferrando il diario appoggiato al cuscino.
«È... un diario.»
«Hai un diario?» esclama afferrandolo.
«Non iniziare a prendermi in giro.»
Troppo tardi. Belle scoppia a ridere mentre sfoglia le pagine del diario, mi allungo per riprenderlo fino a quando non mi sdraio praticamente sopra di lei, ad un tratto però smette di ridere e sulla sua faccia appare un'espressione molto concentrata su ciò che stava leggendo.
«Che c'è? Cosa hai trovato?»

Quel filo blu || Mick SchumacherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora