Capitolo 10

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Isabelle
Mi sveglio e vedo Mick ancora addormentato, ha le braccia infilate sotto il cuscino e la bocca semiaperta: è così carino. Inizio a riempirgli la guancia di baci fin quando lo vedo sorridere e aprire lentamente gli occhi, mi bacia la fronte e sbadiglia come se si fosse appena svegliato da un sonno durato per un milione di anni. Ci facciamo le coccole per un po', poi decidiamo di alzarci per fare colazione, mentre lui si sta vestendo però mi gela il sangue. Oggi è il 6 Agosto. Sono esattamente quattro anni da quel giorno.
«Andiamo fuori a far colazione?»
«Io... odio i bar.» confesso cercando di mascherare la mia tristezza.
«Ok, allora ti preparo la colazione.» mi da un bacio e mi contagia con il suo sorriso, poi, con le mani sulka schiena, mi spintona scherzosamente e mi porta in cucina dove esibisce le sue doti culinarie preparando delle crêpes alla nutella.
«Posso farti una domanda? - annuisco così procede - Noi stiamo insieme? Cioè insieme insieme?» scoppio a ridere, amo vederlo impacciato.
«Cioè, - dico mentre mi alzo per sedermi sulle sue ginocchia - noi abbiamo passato la notte insieme, è da giorni che ci sentiamo tipo ogni giorno e tu mi stai chiedendo se stiamo insieme?»
«Si credo, è stupido? È che non vorrei aver frainteso, che figura di merda, so che tu ami il romanticismo e io so rovinando tutto così.»
«Non è stupido, è dolce.»
«Dolce, ok. Sono un tipo dolce. Allora facciamo così: Belle, vuoi essere ufficialmente la mia ragazza?» mi domanda con un finto tono serio impettendosi anche un po'.
«Mh, ci devo pensare.» scherzo prima di baciarlo.
Sparecchiamo la tavola, laviamo i piatti e ci sediamo sul divano, accendiamo la televisione e mentre lui cambia i canali ad un tratto si immobilizza alla vista di una pubblicità su qualcosa delle auto, tipo un avviso di programmazione di Formula 1 mi pare di aver sentito. Lo vedo deglutire a fatica, credo di non averlo mai visto così, mi preoccupa.
«Oi, che succede?» mi accovaccio davanti a lui e appena lo tocco sembra risvegliarsi da uno stato di trans.
«Devo parlarti.»
«Sembra serio, dimmi pure.» lo incito mentre mi siedo accanto a lui prendendogli affettuosamente le mani.
«Io non ti ho detto una cosa, anzi due, devi sapere però che lo ho fatto solamente perché tu mi piaci da impazzire e non voglio che quei tuoi bei occhi blu smettano di brillare quando mi guardano; proprio per questo però devo dirtelo, non ho intenzione di mandare tutto a puttane con te. Io ti ho detto che lavoro con le auto, il che è vero, ma non sono un meccanico o un ingegnere, sono un pilota: un pilota di Formula 1. E il mio cognome è Schumacher, sono il figlio di Michael...»
«Michael Schumacher.» concludo alzandomi dal divano.

Mick
Ecco fatto, ho rovinato tutto, tanto vale che mi alzi e me ne vada, mi sento però bloccare da Belle che boccheggia senza riuscire a dire qualcosa, prende un bel respiro e ritenta.
«Io non ti guarderei mai in un altro modo, non mi interessa il lavoro che fai, certo se non rischiassi la vita sarebbe meglio, l'idea che ti possa succedere qualcosa... - confessa quasi rabbrividendo, vederla così mi fa sciogliere il cuore, istintivamente le accarezzo il braccio senza dire nulla per permetterle di proseguire - Mi dispiace per tuo padre, il mio è un appassionato e ne parlava sempre, adesso come adesso mi dispiace non avergli mai dato retta. Io sono qui Mick, non mi interessa nulla se non come sei quando sei con me, e questo mi piace veramente tanto.»
«Io, scusa. Scusa scusa scusa, sono stato un imbecille.» perché sono così sensibile, odio che i miei occhi luccichino senza che io possa fare niente per fermarli.
«Non piangere, vieni qua. - mi tira a sé avvolgendomi in un abbraccio, quanto cazzo sono fortunato ad aver conosciuto questa ragazza - Però sappi che io sono qui, per qualunque cosa. Sono qui per te e con te, sia che ti chiami Mick Schumacher sia che ti chiami Mick Qualunquecognometutivogliainventare.» ironizza facendomi sorridere.
«Un giorno vorrei fartelo conoscere, certo lui è... non può parlare ecco, ma credo fortemente che possa sentirci e che gli farebbe piacere sentire le voce della ragazza di cui gli ho parlato.»
«Gli hai parlato di me?» si imbarazza mentre mi pone questa domanda, amo l'effetto che faccio su di lei.
«Si, anche a mia mamma e a mia sorella, anzi è lei che mi ha convinto a venire qua ieri.»
«Quindi tu non saresti venuto?» mi domanda fingendosi offesa indietreggiando di un passo.
«Avevo paura di sembrare assillante, insomma io provo così tante emozioni forte per te, da una parte mi spaventa, dall'altra non vedo l'ora di vivermi questa relazione con te.» le confesso inseguendola prima di sollevarla in aria facendola ridere di gusto.
«Che facciamo oggi Belle?» le chiedo mentre le do una mano a riordinare la camera.
«Io tra poco devo fare una commissione, ma tu puoi restare qui, tanto torno presto.» strano, ha un tono diverso, più debole, se non mi fidassi di lei potrei esclamare con certezza che mi stia mentendo.
«Ok, starò qui a giocare con Simba.»
«Lascialo giù per favore, qualsiasi cosa ma non lui.» sento il suo tono serio e ammetto che quasi mi spaventa per cui non mi faccio ripetere due volte ciò che ha detto e rimetto il peluche al suo posto. Apre l'armadio e tira fuori un vestito nero, se lo appoggia al corpo per poi confermare la sua scelta e indossarlo. Appena pronta mi saluta ed esce di casa così rimango solo; ne approfitto per girovagare in quella casa, ci sono milioni di foto di famiglia: i genitori e Belle, anche se in alcune foto c'è una ragazza molto simile a loro; appena ne appoggio una sobbalzo per il rumore delle chiavi girare nella porta.
«Sei tornata veramente presto.» scherzo prima di girarmi e notare una coppia di mezza età guardarmi con gli occhi sbarrati.

Quel filo blu || Mick SchumacherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora