20. Strade

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I can't find my feet
I'm sinking in the deep
Can somebody pick me up?

Lung - Vancouver Sleep Clinic


Portiere spalancate, incitamenti urlati con prepotenza, i giri del motore che acceleravano mentre io e Nicholas ci catapultavamo all'interno dell'abitacolo.

Freni che raschiavano, ruote che stridevano, mani che ci afferravano, voci concitate.

Mi scoppiava il petto, le orecchie fischiavano, la guancia pulsava con irruenza, da un occhio non vedevo quasi per niente. La mia mano rimase ancorata a quella di Nicholas.

Il sangue che avevamo versato e fatto versare mi scorreva addosso, penetrando oltre la pelle e sgocciolando nella mia anima ricostruita e incerottata.

«Sam!»

Aqua mi colpì il viso, si infilò nelle narici, tossii.

«S-sto bene, stiamo bene...» Cercai i volti dei miei amici nella luce crepuscolare che abbuiava l'abitacolo. «E voi?»

Le gocce d'acqua mi bagnarono con sollievo il lato del viso accaldato e pulsante.

«Tutti bene» gridò Ivan dal posto di guida. «Ci siamo quasi!»

Emily, a pochi centimetri da me, espirò in modo pesante, sfinita. Mi fissò senza veli, uno sguardo stracolmo di gratitudine per la promessa che avevo mantenuto. Appoggiai una mano sulla sua e ce le stringemmo a vicenda, per qualche istante.

Me lo lasciò fare e mai un gesto gridò così tanto.

L'auto circumnavigò un edificio intatto, dalla muratura chiara, e ne raggiunse la zona posteriore, sgommando sul prato. Ivan guidò la vettura oltre un bandone a mezz'asta in cui entrammo per miracolo.

I fari dell'auto illuminarono un'altra vettura nera; nessuna luce accesa nel garage che si delineò intorno a noi, né presenza di altre persone.

Ci guardammo, confusi, ansanti, stremati.

«E Misia?» biascicai, la gota gonfia, il sangue che mi inondava la lingua.

Cercai la sua figura indomita che mi aspettavo di veder spuntare da un momento all'altro con quel baluginio inferocito nello sguardo.

Il silenzio fu così ricco di sottintesi da sopraffarmi.

Misia non si palesò.

«Doveva essere qui!» sbraitò Ivan, sbatté la mano contro il volante.

«No...»

Sarebbe sbucata da un momento all'altro, qualche istante ancora, stava solo attendendo di fare un'entrata trionfale. Le piaceva farlo, era teatrale quando voleva.

«N-non abbiamo tempo...» rantolò Nicholas, accanto a me. La voce così bassa da chiedermi se me la fossi immaginata.

Ivan mi cercò nello specchietto retrovisore. Avrei voluto evitarlo.

No...

Uno sguardo che valeva mille parole. Le fossette ormai un lontano ricordo, le iridi ambrate e adombrate che mi dicevano più cose, tutte insieme: mi dispiace, ti prego, andrà tutto bene...

Non avevamo scelta.

La consapevolezza mi scaraventò una pesantezza gravosa sul cuore.

«E ora dove andiamo?» Alice tremò seduta sul sedile anteriore, le mani aggrappate intorno ai gomiti, i capelli scarmigliati.

Black Moon ~ Come un'AquilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora