44. La sua canzone

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You know I need you forever
And I know we said we could never
But we must be together

Adam French - My Addiction


«Amnesia. Può risultare perfettamente nella norma dopo un forte trauma cranico. I ricordi potrebbero tornare poco a poco. Lo stimolo visivo e sensoriale può aiutare nel recupero. Non è una condizione irreversibile.»

Avevo galassie in ogni cellula che straripava di terrore.

Mahina.

Nicholas spostava la testa da un lato e dall'altro, sbatteva le palpebre con troppa foga, come scacciando qualche pensiero fastidioso. Le falangi della mano libera si flettevano all'improvviso, aggrappandosi alle lenzuola, per poi lasciarle di colpo.

«Sembrerebbe, dal test appena svolto, che i ricordi più intatti siano quelli che rientrano nei primi anni di vita, quelli più remoti. Non è niente di grave. Torneranno anche gli altri, come già abbiamo constatato. È meglio non affrettare il processo, bensì favorire il riposo.»

Guardava i medici e poi sdrucciolava via con lo sguardo, depositandolo nel nulla, perdendosi. Un secondo era lì, vigile, quello dopo era distaccato, disorientato.

Non so se sono capace di fare altro se non amarti, Sam.

E lo amavo anche io. Con ogni tremito da cui non riuscivo a strapparmi, con ogni respiro che non riuscivo a portare a compimento. Mi sentivo sdrucciolare tra le dita quel futuro che avevamo dipinto con sorrisi rotti e promesse.

Prendi la mia luce, fanne quel che vuoi.

«È richiesta la terapia da parte di uno specialista. Potrà essere dimesso quando i reni torneranno alla loro piena funzione, per il momento favoriamo il riposo e la tranquillità. I funzionari dello stato sono liberi di interloquire con lei, signor Moon, nei prossimi giorni, se se la sente.»

Il nostro punto di partenza, Nicholas, doveva essere qui, ora. Dovevi dirmi che sarebbe andato tutto bene. Che adesso stava solo a  noi.

Mi guardò. E dove quello sguardo si spostava, sentivo il mio corpo venir dipinto, prendere forma, acquisire sostanza.

Avrei voluto fermarlo. Avrei voluto smettesse. Avrei voluto...

Non era Nicholas. Eppure era lui.

Di cosa eravamo composti? Cosa davvero definiva chi eravamo?

Non sono le nostre scelte? E le cose che adoriamo, le nostre parole, il modo in cui le diciamo, in cui scegliamo di pronunciarle. E ancora prima, l'intenzione stessa che ci portava a prediligere quella cadenza piuttosto che un'altra.

Ma quel Nicholas davanti a me non parlava più come il mio Nicholas.

Quelle sopracciglia spesse erano prive di quel suo arco accentuato. Non possedevano la diffidenza mordace che gli arricciava gli angoli degli occhi, che gli faceva digrignare la pelle morbida intorno alle labbra.

Smettila di guardarmi, smettila!

Ma non riuscivo a staccarmi da... lui.

C'era il mio mondo lì dentro.

Come poteva non esserci piu? C'erano sinapsi e desideri e cellule.

C'era Nicholas. Solo Nicholas. Tutto Nicholas.

Dove andiamo noi quando la nostra mente ci fa lo sgambetto, escludendoci dai giochi?

Qualcosa sdrucciolò nella sua espressione, gli fremette nella piccola cicatrice al lato dell'occhio, si depositò sulle labbra screpolate e spaccate.

Black Moon ~ Come un'AquilaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora