Nonna mi aveva imposto di andare ad allenarmi in palestra con lei.
Avevo rifiutato.
Ogni mattina staccavo lo specchio del corridoio e lo rivolgevo verso il muro; ogni sera Misia lo riprendeva per appenderlo al posto designato. A tutti i pasti Fionn mi stava accanto mentre mangiavo, per farmi compagnia e per controllare. Sicuramente per controllare.
«Non ti fa male a respirare?» indagò Fionn.
Scossi la testa riponendo l'ultimo piatto di ceramica in una lavastoviglie così antiquata che era un miracolo che funzionasse ancora. Ma a nonna non importava molto, era Fionn in quei giorni che si destreggiava tra una chiamata dai manager della propria azienda -viva la pensione!- a sistemare mensole pendenti e ordinare stoviglie nuove.
Nonna spariva per giornate intere senza dare segni di vita; dove andava, non ne avevo idea.
Portai le mani alla cassa toracica, la maglia di cotone non celava a sufficienza la spigolosità gravosa delle costole.
Scossi la testa.
La spugna con cui avevo sciacquato i piatti del pranzo ruzzolò a terra, mi chinai sotto il tavolo; qualcosa mi sbatté con forza sulla nuca e il dolore alle tempie mi annebbiò la visuale.
Oscillò il mondo, o forse solo io.
Mi spalmai con la guancia sul pavimento.
«Diamine!»
Due mani grossi mi presero sotto le ascelle e mi tirarono su.
Le orecchie emettevano un brusio stordente, la vista era troppo luminosa e il cuore mi rimbombava in gola. Piano piano misi a fuoco dinanzi a me.
«Così non va bene, ranocchietta.» Fionn mi accarezzò la guancia.
Sapevo cosa stavano guardando quei suoi occhi di giada. Fissavano la mia tempia, lì, dove la cicatrice traslucida era il ricordo di quel 25 Dicembre in casa Black. Del coraggio del mio amore e della codardia del destino.
Mio nonno si sollevò dalla poltrona su cui mi aveva adagiata. «Devi mangiare, ranocchietta, sei così-»
«Scheletrica.»
Ruotai il capo verso l'ingresso ad arco, sotto cui la figura ingombrante e selvatica di nonna incombeva come un lupo silvestre venuto a reclamare il proprio territorio.
«È quello che sto facendo.» Strinsi con forza le dita sull'imbottitura consumata della poltrona, senza però avere il coraggio di alzarmi in piedi.
«Lo stai facendo male.»
Ruotai gli occhi, questo riuscivo a farlo senza che il mio corpo protestasse. «Ci sto provando, nonna, ok?»
«Non abbastanza. Nipote.» Lasciò cadere la borsa a terra, sotto il vivido sguardo in disaccordo di Fionn e mi raggiunse. «Sono contenta che tu sia tornata a parlare, ma chiamami nonna un'altra volta e vedi che cosa succede.»
Intravidi un luccichio selvaggio nei suoi occhi; un cacciatore istigato alla prossima caccia. Evitai di rispondere, avrei solo alimentato quel suo inebriante istinto di sfida.
Quanti anni aveva, settanta?
No ancora no, eppure niente in lei sembrava domato dall'età, anzi.
«Papà?»
Tremore in punta di cuore, stilettata nell'ombelico, grida di terrore come sangue.
Scosse la testa.
Sollievo e devastazione...
STAI LEGGENDO
Black Moon ~ Come un'Aquila
RomansaTerzo volume e conclusivo di Black Moon. ROMANCE ~sfumature DARK ~sfumature Thriller 🌘 🌑 🌒 Nicholas è sprofondato nelle acque della morte. Sam si è distrutta. Un mese è passato, il mondo ha perso senso, le minacce non sono cessate. Ma ongi pass...