III

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Quali nuove pupille per gli occhi dilaniati?

Mone! Mone! Guarda qua! Se chiudo gli occhi e li strizzo forte forte faccio un viaggio nel tempo mega galattico e passo per un mondo tutto nero con miliardi di puntini bianchi, che mi mette un po' la nausea ma poi se li riapro mi ritrovo in un mondo stratosferico! Mone! Provaci dai!
Jajo io ci sto provando ma a me gira solo la testa, possiamo andare sotto l'ombrellone a giocare con le biglie?
Eddai Simone devi metterci fantasia! Vieni dammi una mano a costruire i nostri castelli di asciugami! Non la senti quest'adrenalina?
No...
Guarda guarda là! C'è la regina Luna! Mone, è in pericolo!
La Luna? La Luna è in pericolo? Jajo aiutami!
Veloce corri! Dobbiamo sconfiggere gli alieni della sabbia e salvare la regina! Eccoli sulla loro navicella onda! Pronto Mone?
Tre, due, uno... in ogni pianeta insieme combattiamo, insieme ci aiutiamo e mai ci abbandoniamo!
Amori di papà però non correte!
Corri Mone!

Luca costruisce castelli di lenzuola.
In bilico, disteso sul fianco del suo letto, abbracciare il suo tremolio al rumore dello sparo è diventata una dolce abitudine in questo museo di agonie che è l'istituto. Voglio aiutare Luca. Servono a questo gli abbracci?
Mi chiedo se sia sbagliato riservare una briciola di quell'abbraccio anche per me.
Luca costruisce castelli di lenzuola come io e Jacopo costruivamo castelli di asciugamani: con l'assurda illusione che potessero proteggerci dalla cattiveria che marcisce l'aria, la sottintesa verità di essere noi i più fragili che verranno soffocati e la timida, timida paura di smettere di credere nelle favole.
«Oggi mi dimettono»
Sono le uniche parole di Luca, così pesanti da far crollare una sorda agonia sopra di me.
«Perché non me l'hai detto prima?»
«Odio l'idea di provocarti altro dolore»
E fingo di non sapere perché il mio corpo si arrende a una cascata di copiose lacrime.
Lo senti?
Il rumore delle gocce d'acqua che cade martellante sul tetto dell'istituto, i sentieri di cemento inondati, le strade che diventano mare, il cielo nero e il vento che corre.
È in temporali come questi che devi tenere l'ombrello chiuso in mano e farti pervadere dalla sensazione atroce di un'umidità infinita, pesante quanto la nostra vita: senza consapevolezza né possibilità di rivolta.
Lo senti?
Piango come il cielo.
Senza consapevolezza né possibilità di rivolta.

«Ok» aveva detto
«Ok» avevo detto.
Davanti il grande portone di legno dell'istituto Luca mi guarda «Non annegare Simone» mi sussurra lasciandomi un ultimo sorriso.
Il groppo in gola che ho provato quando mi ha lasciato solo, portandosi con sé anche le mie parole, portandosi con sé anche un po' di vita.
«Ci sto provando» gli sussurro prima che esca dall'istituto. Mi ritrovo nuotatore sospeso nel mezzo di una fossa oceanica: un ragazzo di nome Simone senza alcun approdo, sotto il suo corpo ammaccato chilometri di acqua nera, gelida, pronti a congelarlo per sempre.
Me ne andai via avvolto nel mio silenzio, eppure il rumore di un cuore che si rompe lo sentii bene.
Scoprirò mai se è davvero un bel cimitero il fondale?

«Che cazzo vuol dire che ora sei il mio compagno di stanza?»
Sono senza dubbio l'ultima persona con cui Manuel vorrebbe parlare ora.
«Che cazzo vuol dire che ora sei il mio compagno di stanza?» gli domando, perché davvero, davvero non so di che cazzo parli.
«Non sai di cosa parlo? Simone vedi di non prendermi per il culo! Ora che il tuo amichetto se n'è andato da sto istituto di merda Anna, pure lei una merda eh, vuole che stia in stanza con te perché effettivamente da solo non sai starci!»
Mi giro a guardare la stanza senza la più pallida idea di cosa io stia cercando. Vorrei dirgli qualcosa, che cosa? «Ho paura dei miei mostri. Dei sogni. E pure delle ombre. Ho paura di me.» Le parole erano diverse quando vivevano dentro di te. Le sento, sono loro, che si aggrappano allo stomaco per salire a graffiarmi la gola.
«Senti, vedi solo di non complicarmi la vita più di quanto non lo sia già, che questo posto di merda basta e avanza»
Riesci solo a sputare parole incendiate e ti spaventi perché non hai mai visto così tanto fuoco.
Lacrime scendono dal mio volto come onde salate del mare, io sto male.
Ma tu scappi via
perché hai paura e non vuoi restare.
Ma stai tranquillo, non ti darò fastidio.
Tanto sono solo il ragazzo che ha paura dei suoi sogni.

Qual è la guerra che combattiamo, certi della disfatta?
Un mattino dopo l'altro, già stremati da tutte le battaglie che sopraggiungono, rinnoviamo lo spavento della vita quotidiana, un corridoio infinito.
Nelle ultime ore sarà valsa la pena aver così a lungo percorso?
Ecco la vita quotidiana: tetra, vuota e sommersa di fatica. Le vie cupe non sono affatto estranee, ci cadiamo un giorno e ci rimaniamo fin quanto pensiamo di meritarcelo.
Oppure rimaniamo tristi una vita intera, per esser rimasti troppo tempo qui.
Da un corridoio alle vie allora avviene la caduta, senza urti né sorprese. Ogni giorno ritroviamo la tristezza del corridoio e, passo dopo passo, proseguiamo il cammino della nostra oscura condanna.
Ma le vedete tutti quelle vie?
Dove comincia il dolore e dove finisce?
Dopo la caduta, come si rinasce?
Si rinasce?
Le fossette del cazzo basteranno per tutti?
Per Simone?

Luca
non so proprio se riuscirò a non annegare.

Un piede nell'incubo e l'altro nella favolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora