VI

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Non puoi vivere in una favola se ti manca il coraggio di entrare nel bosco.

«Simone rimani con me Simone»
Ecco la solita luce fredda dei led che mi impedisce di aprire gli occhi. «Ti ricordi come ti chiami?» Accarezzo le lenzuola di questo lettino. Sono bianche? Certo che sono bianche, è che così che sono in ospedale. «Bravo» Devo controllare. «Bravo Simone. Tieni gli occhi aperti, così» Bravo. Vedi? Che bisogno c'era di controllare? Sono sempre le solite Simone. «No signora lei non può entrare - oh è lei, la signora che ti regala sempre gli adesivi con i dinosauri, te la ricordi? - deve rimanere fuori ad aspettare.» Unoduetrequattrocinqueseisetteottonovedieci
«Lo portiamo in sala operatoria d'urgenza» undicidodicitrediciquattordici - se vai così veloce perdo il conto - quindicisedicidiciasette - squack squack squack. Il rumore delle ciabatte delle infermiere mi fa ridere. Squack «Signora le ho già detto che lei non può entrare» squack squack. Di sicuro questa infermiera ha le ciabatte viola. O verdi acqua? Esatto Simone come quelle della signora dell'altra volta quella bionda certo, te la ricordi? Devo controllare. «Il dottore la informerà appena possibile. Lei stia qui, si sieda. Andrà tutto bene»
Certo, le ciabatte dell'infermiera sono verdi acqua.

«Ciao Simone» apri l'occhio sinistro «sono la dottoressa Pesonti, ma tu puoi chiamarmi Anna» apri l'occhio destro. Bravo Simone tieni gli occhi aperti e saluta la signora, sù non essere maleducato Simone non vorrai che si faccia una brutta impressione su di te, giusto Simone? Non riesci a parlare? Tu provaci dai, fai aaaaaaaaa con la bocca come dal dentista. Odi andare dal dentista? Simone non ti farà niente Anna, ti guarda solo. «Ti ricordi cos'è successo?» Sposta lo sguardo sul suo occhio sinistro poi destro poi sinistro poi destro poi sinistro «D'accordo è normale non ricordarsi» no Simone hai sbagliato, vedi? Hai spostato due volte lo sguardo sul suo occhio sinistro. Da capo, sinistro poi destro poi sinistro poi destro «Ti trovi in un istituto neuropsichiatrico Simone - poi sinistro poi destro - starai con noi per un po' - non distrarti Simone, poi sinistro - vedrai che prima o poi ti sentirai meglio» Ecco vedi Simone? Non le hai risposto Simone chiedile scusa. Simone mi ascolti? Ecco vedi? Adesso starà pensando che sei scortese io ti avevo avvisat-
Mi tappo le orecchie con il cuscino.
Gli adesivi con i dinosauri sono sopra il comodino.
Prima o poi.
Non mi piacciono proprio i prima o poi.

«La signora in ospedale era mia nonna, si chiama Virginia» ho detto «Papà mi aveva portato a mangiare fuori, quel giorno, e io ero tanto emozionato perché, insomma, non l'aveva mai fatto dalla morte di Jacopo. In realtà non avevamo nemmeno parlato o mangiato sai, il terrore di strozzarsi con i mostri in gola, però non mi importava perché eravamo insieme.» Mi ero accorto che il suo sorriso era un po' triste.
«Io le avevo sentite le sirene tornando a casa. Rimbombavano nelle mie orecchie ma io mi sentivo felice perché in grado di sovrastare la voce in testa, per una volta» ho sentito il cuore in gola «Poi papà ha visto i carabinieri, le ambulanze - sposta lo sguardo sul suo occhio sinistro poi destro poi continua - e il cadavere di mia madre sul lettino - continua poi sinistro poi - è andato contro un albero» mi ero fermato e ti ho guardato: cercavo il tuo sorriso che non c'era. Che bisogno c'era di controllare?
«Poi mi sono svegliato nel letto di un istituto neuropsichiatrico e tutti-» da capo «mi ripetevano tutti Non è successo niente e chi lo dice, a mia mamma, che non è successo niente? A Jacopo che non c'è piú, chi glielo dice? Chi glielo dice che anche se sono morti non è successo niente?»
Eri tu quello con gli occhi tristi ora.

«Simone» siamo seduti nel piccolo divano di stanza 27 «cosa avevi intenzione di fare l'altro giorno, al muro, prima che ti fermassero?»
la stanza dove vomiti i mostri che hai dentro, giusto?
Allora, sputa fuori tutto.
«Ho iniziato perché volevo che la voce smettesse e quando lo facevo smetteva ed era meraviglioso ma dopo pochi secondi ricominciava di nuovo più forte di prima e anche se mi sentivo come se la mia testa sarebbe scoppiata da un momento all'altro io continuavo perché avevo solo bisogno che smettesse per sempre e io-»
«Non dire quello che penso tu stia per dire» hai detto.
«Scusa» ma tu avevi già capito cosa stessi per dire.
Io volevo solo morire.
È in quel momento che capí di odiare fottutamente gli occhi tristi.

«Manuel»
«Mh?»
«Non ci stanno proprio bene gli occhi tristi»
Hai accennato un sorriso. Forse era normale essere un po' tristi. Io lo sapevo come ci si sentiva, a essere tristi, ad avere gli occhi tristi.
Quelli come noi lo sapevano.
«Ricominciamo da capo» hai detto «Simone ora stiamo per fare un gioco»
«Che gioco?» ti ho chiesto ma tu hai semplicemente sorriso e sei corso via ridendo.

Io vado correndo mitigato dalla sferza dei venti.
Ti penso, tu occupi il tempo e i pensieri.
E mi distraggo per questo.
E inciampo sui gradini delle scale e fra le crepe dei corridoi.
Non so dove sei e se sei l'occasione di un'unica volta e proprio per questo non posso non trovarti.
Cerco i tuoi occhi tra questi tutt'intorno,
che poi è facile, sai?
I tuoi mi piacciono perché quando incrocio il tuo sguardo si immobilizza il tempo
e il mio battito
ma i tuoi occhi mi regalano l'eterno.
Ti cerco in stanza 25. In stanza 27.
Non sei da nessuna parte, eppure da qualche parte devi essere.
E svoltato ogni angolo, mi domando:
Sarai qui?
Questo assurdo nascondino mi fa sorridere come un matto Manuel.
Manuel.
Mi piaceva proprio, Manuel. Mi piaceva proprio tanto.

«Manuel Ferro, ti ho cercato ovunque»
Finalmente sei di fronte a me.
Non so dove siamo, tutto il resto è sfocato ma non mi importa di niente con i tuoi occhi così vicini, tutto ciò di cui ho bisogno sta nei polpastrelli delle tue dita che sfiorano delicatamente il mio cuore.
«Simone Balestra, il tuo cuore batte fortissimo»
«Dici? Devo ricordarti che mi hai appena fatto correre per tutto l'istituto?»
«Dici? Si certamente è per quello, non per altro»
Per me che da quanto ho corso non ho più fiato vedere te che non fai altro che ridere è una boccata d'aria immensa che mi ha aiutato.
«Ne è valsa la pena»
Con il tuo sorriso mi entri nei polmoni e mi togli il respiro, ora riesco a specchiarmi nelle tue pupille e mi vedo bello anche io, mi vedo bello quasi quanto te.
Ma tu come fai a non sentire nulla?
Io che solo al pensiero di pensarti mi copro di pelle d'oca e le parole si perdono come farfalle e resto in silenzio ad ammirarti.
«Simone Balestra posso baciarti?»

Un piede nell'incubo e l'altro nella favolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora