Capitolo 14

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Gli occhi di Grace penetrarono inesorabilmente in quelli scuri e profondi di Jeremy e viceversa, il dottore non riusciva a distogliere il suo sguardo da quello dolce e sorpreso della ragazza che si era trovato inaspettatamente davanti.

Trascorsero istanti che sembrarono interminabili, durante i quali nessuno dei due trovò parole per spezzare quel silenzio interrotto solo dal frenetico battito dei loro cuori, che un “orecchio assoluto” avrebbe potuto percepire.

«Cosa ci fai qui?» chiese Grace sottilmente per non lasciar trasparire il tremolio della sua voce, che però a Jeremy non sfuggì.

«Sono stato mandato dal dottor Theodors per le cure della signora Path. Dovrebbe vivere qui, immagino...» rispose placidamente Jeremy cercando di celare il turbamento che gli aveva provocato quella presenza.

«Sì, vive qui, è mia zia. Ma credo che dovrai avere molta... moltissima pazienza» esclamò Grace sperando in cuor suo che sua zia non si rivoltasse contro il nuovo dottore da costringerlo ad una fuga imminente.

Jeremy rifletté per un momento, immaginandosi un'anziana signora altolocata con vizi e vezzi snob. Ecco perché il dottor Theodors aveva mandato lui, pensò: con la scusa del convegno lo aveva quasi implorato di correre in soccorso di una sua vecchia conoscenza che non ne voleva sapere di ospedali o altri medici che non fossero lui, quel vecchio amico d'infanzia di cui si fidava ciecamente ed esclusivamente.

«Questa è la mia missione, la pazienza non mi manca» affermò Jeremy minacciando un sorriso che si spense sul nascere ma che gli occhi di Grace colsero confinandolo inevitabilmente sulle proprie labbra.

«Allora, benvenuto! Ti faccio strada.»

Il dottor Winter seguì la ragazza nell'ampio salotto dove trovò una donna pienotta che sventolava qualcosa sul viso di un'altra donna dall'aspetto elegante ma non altezzoso. Finalmente diede un volto alla sua nuova paziente.

Avvertendo la presenza di qualcuno, Sarah intuì che il dottore era lì e sicura che fosse il suo vecchio, buono e caro, amico pronunciò il suo nome lamentandosi, come non mai in quei giorni, di tutti i dolori fisici che avvertiva. Ma non appena i suoi occhi si posarono su Jeremy rimase impietrita. Il giovane si presentò subito e riferì di essere lì in vece del dottor Theodors impossibilitato ad andare.
Gli occhi di Sarah divennero enormi e furibondi. Grace trattenne il respiro. Susan continuò a fare ancora più aria con un ventaglio sul volto stralunato della padrona. Solo Jeremy rimase impassibile in attesa delle imprecazioni che sarebbero arrivate come lo scoppio improvviso di un temporale. Il primario lo aveva avvisato: sarebbe stata dura far accettare la sua presenza a quella donna. Eppure, il dottor Winter non si era scomposto; nella sua carriera lavorativa aveva affrontato urla di dissenso e improperi contro di sé da parte di pazienti che non riuscivano ad accettare il dolore di una malattia ormai irreversibile.

«Dov'è Stephan?» chiese Sarah con un tono che non prometteva nulla di buono.

«Il dottor Theodors non ha potuto assentarsi ad un convegno a Baltimora e ha mandato me qui. Conosco tutto il suo stato di salute, signora Path, ho visionato e studiato la sua cartella clinica. Resterò qui il tempo necessario per assisterla e fare i dovuti controlli.»

Jeremy parlò tutto d'un fiato, senza tentennamenti, piuttosto con una fermezza nella voce che stupì Grace, ancora incapace di respirare normalmente, mentre il suo sguardo oscillava come un pendolo impazzito da lui a sua zia.

«Ha sentito, signora?» cercò di stemperare la tensione Susan. «Il dottor Win...»

Non riuscì a terminare la frase che Sarah scaraventò il ventaglio per aria e si alzò dalla poltrona troneggiando, nonostante il suo metro e sessanta, sulle tre figure presenti. Infossò la testa nelle spalle prendendo un lunghissimo respiro e scandendo bene le parole successive: «VOGLIO - IL - DOTTOR - THEODORS!!!»

«Mi dispiace ma...» Anche la voce di Jeremy fu stroncata.

Questa volta, però, le urla di Sarah riecheggiarono in tutte le stanze del piano terra facendo tremare non solo la servitù ma anche il lampadario di cristallo appeso al soffitto del salotto.
Grace e Susan provarono a calmarla prima che la tosse l'abbattesse, ma domare l'irritazione della donna non fu un'impresa semplice. Jeremy non osò intervenire, evitando di peggiorare la situazione, ma non appena Sarah si accasciò sulla poltrona portandosi una mano al petto, capì di non poter più solamente assistere. Col suo fare deciso si avvicinò, nonostante la donna continuasse a trovare fiato per imprecare contro di lui e il dottor Theodors, e tentò di calmarla, avvertendola che se avesse continuato il suo cuore non avrebbe retto e la sua vita sarebbe finita di lì a brevi istanti.
Probabilmente fu la freddezza cinica di quelle parole a scuoterla, una verità che non poteva negare, improvvisamente calò il silenzio rotto soltanto da qualche colpo di tosse che le sconquassava il petto.

«Chiamate un'ambulanza» ordinò Jeremy mentre con assoluta naturalezza allentava il colletto della camicia della sua paziente permettendole di respirare meglio e continuando ad assisterla anche durante il tragitto verso l'ospedale, nonostante le proteste della donna di non volerci andare.

Grace li raggiunse accompagnata da Maurice, l'autista di sua zia, attendendo trepidante nella sala d'attesa. Trascorse oltre mezz'ora, quando Jeremy uscì dal reparto di cardiologia.

«L'abbiamo presa in tempo. La sua reazione sconsiderata le stava davvero costando la vita.»

Grace restò senza parole, gli occhi le s'inumidirono e le mani presero a tremare. L'affetto che provava per sua zia non era di certo da paragonare all'amore per sua madre, ma era un qualcosa di simile, e pensare di perdere anche lei le dilaniava il cuore.

D'impulso, mossa da un istinto che sentiva ormai voler prendere il sopravvento, si gettò fra le braccia di Jeremy stringendo nei pugni la sua maglia e poggiando prepotentemente la testa sul suo petto, sussurrando un grazie mentre le lacrime le scorrevano implacabili.
Quel gesto inaspettato stordì il giovane ma non lo sconvolse e, seppure la circostanza non era delle migliori, non esitò a stringere le sue braccia intorno alle spalle di Grace, attirandola a sé con una dolce veemenza e poggiando le sue labbra sul suo capo. Chiuse gli occhi lasciandosi andare a quell'abbraccio che, indiscutibilmente, desiderava da tanto, come conseguenza di un sentimento che oramai, ineluttabile, prorompeva dentro di lui.

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