Capitolo 8

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Ci vollero tre giorni per rimettere a posto l’intero negozio, alcuni orologi avevano subìto danni profondi dopo essere stati violentemente scaraventati a terra da non poter essere più recuperati, quelli in legno antico avevano avuto una sorte più fortunata cavandosela con qualche graffio che li aveva resi ancor più particolari, ma che comunque erano stati esposti ad un prezzo inferiore. Che nessuno osasse dire che il signor Path se ne fosse approfittato!

Ma per tre giorni non volò una mosca, Christopher non aprì bocca e Grace non riuscì a capire cosa fosse davvero successo. Fu la telefonata improvvisa di sua zia a far venir fuori la verità.
Zia Sarah era la sorella di suo padre, viveva a Cairns da ormai tantissimi anni dopo aver sposato un ricchissimo imprenditore che, in seguito alla sua morte, le aveva lasciato una cospicua eredità ed una villa nella quale viveva da sola insieme al personale di servizio. Sarah non aveva notizie del fratello dal funerale della povera Rose, la madre di Grace, i loro rapporti si erano incrinati da anni ormai e l’unico contatto che la donna aveva di tanto in tanto, con un componente della propria famiglia, era solamente con sua nipote. Non aveva avuto figli, per cui Grace era per lei più importante di quanto la ragazza stessa immaginasse.

«Zia Sarah, come stai?» rispose Grace al telefono che squillava insistentemente da qualche minuto.

«Passami immediatamente quel disgraziato di tuo padre e tu prepara una valigia per venire qui.»

La voce ferma ed inflessibile della donna non diede tempo a Grace di protestare né di chiederle spiegazioni, conosceva molto bene sua zia e sapeva che davanti a quel tono autoritario nemmeno un Santo avrebbe potuto ammansirla.

Della telefonata tra sua zia e suo padre, Grace riuscì a sentire soltanto i toni alti con i quali entrambi discutevano. Poi, al termine, guardò suo padre con fare accigliato che non gli lasciò scampo. L’uomo, seppur contrariato, dovette svelare a sua figlia che aveva subìto un ricatto da parte del signor Thompson, uno dei fornitori, il quale gli aveva mostrato che vi erano alcuni debiti da saldare che probabilmente dipendevano dalla gestione poco esperta assunta dalla ragazza in quei due anni durante la sua assenza. Dispiaciuta, seppur perplessa, Grace si sentì mortificata. Forse, nonostante il suo grande impegno, aveva davvero commesso inconsapevolmente qualche errore. Eppure, Christopher non sembrava avercela con lei, piuttosto era adirato con se stesso per essersi lasciato andare, abbandonando tutto sulle spalle di sua figlia, e preso dal senso di colpa aveva distrutto l'intero negozio.

«Zia Sarah mi manderà dei soldi per estinguere il debito, ho cercato di rifiutare ma ha affermato che se lo fa è solo per te, ti vuole bene come se fossi una figlia per lei e… inoltre vuole che tu vada qualche tempo da lei.»

«Come ha saputo di tutto questo?» gli chiese Grace ancora basita.

«Non ne ho idea e poco m’importa. In questo momento l’unica cosa sensata è che tu vada via da qui… cioè, che vada per un po’ da lei.»

Le parole di suo padre la lasciarono pensierosa. Stava succedendo altro, se lo sentiva.

Giorni prima le aveva detto di sposare Steve senza battere ciglio, anzi, quasi era parsa un’imposizione, ed ora la stava invitando ad allontanarsi da casa. Perché? Cosa stava succedendo? Ma Grace restò zitta, consapevole che suo padre non le avrebbe detto altro. Forse zia Sarah poteva aiutarla a capire. Lo avrebbe scoperto solamente andando da lei.

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Dopo aver soccorso il signor Path, nonostante per fortuna non avesse avuto alcun malore, Jeremy era tornato a casa e aveva fatto ciò che da tempo aveva smesso, si era scolato quasi mezza bottiglia di scotch. Davanti ai suoi occhi teneva ancora vivo lo sguardo contrito di Grace, mentre nella sua testa rimbombava una sola parola: “Sposatelo”. Si era poi abbandonato sul divano, addormentandosi e svegliandosi l’indomani con un tremendo mal di testa.
Dopo tre giorni, ancora si chiedeva il motivo che lo aveva indotto a soccombere sotto l’effetto dell’alcool e faceva di tutto per non confermare la risposta che dentro di sé stava iniziando ad essere chiara ed evidente.

Trascorse la maggior parte del suo tempo in ospedale coprendo anche i turni dei colleghi, staccando solo qualche ora per riposare ma unicamente per evitare errori che nel suo lavoro potevano compromettere la salute e la vita dei suoi pazienti. Poi, era stato obbligato dal capo-chirurgo a lasciare la struttura e prendersi due giorni di intenso riposo.

Invece di rientrare a casa, si era diretto, però, nell’unico posto in cui poteva lasciar andare i propri pensieri, nonostante la consapevolezza di poter incontrare Grace. Dentro di sé non riusciva a trovare un equilibrio, si sentiva sballottato come in mezzo ad una tempesta. Si era chiesto come fosse stato possibile lasciarsi travolgere da un'emozione improvvisa per una donna che a malapena conosceva, nonostante a pelle avesse percepito una strana attrazione nei suoi confronti, un'attrazione però che non era tanto fisica quanto mentale e ciò lo preoccupava molto di più.

Si ritrovò ad osservare quella distesa immensa d’acqua azzurra dinanzi a sé sulla quale si disperdevano i colori caldi del tramonto e ringraziò di essere solo.
Ritornò con la mente alla festa al ranch, sin dalla mattina aveva rimuginato se andarci oppure no, l’unico motivo che lo aveva spinto a prendervi parte era la speranza di trovare Grace. E quando l’aveva vista suonare quell’Hallelujah ne era rimasto folgorato. Poi tutto era precipitato quando era dovuta correre da suo padre e credendo che l’uomo avesse potuto avere un malore non ci aveva pensato due volte a seguirla. Il suo cuore aveva poi perso un battito nell’apprendere che fosse fidanzata e probabilmente stava anche per sposarsi.

«Perdonami, Melanie, per averti abbandonata in questi giorni. Non ero in me, ma ora sono di nuovo qui e non lascerò che un’altra donna prenda il tuo posto!» sussurrò al vento alzando gli occhi al cielo e non accorgendosi che alle sue spalle Grace lo aveva sentito.

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