Capitolo 35

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Jeremy si era appisolato con la testa sulle braccia adagiate sulla scrivania del suo studio. Aveva trascorso gran parte della notte a provare e riprovare di chiamare Grace ma il cellulare risultava sempre non raggiungibile. Per fortuna in ospedale non vi era stato alcun caso urgente ma la stanchezza lo aveva vinto: al suo rientro da Brisbane non era passato nemmeno al suo piccolo appartamento, si era diretto subito al lavoro per un attacco turno immediato.

Il telefono squillò, erano da poco passate le cinque del mattino, e lui sobbalzò. Si rese conto di essersi addormentato col dispositivo in mano e come un guizzo nella mente sperò che a chiamarlo fosse Grace. Sul display, però, lesse amaramente il nome di un collega che lo avvertì di non riuscire a stare in ospedale per le sei.

Jeremy riprovò inutilmente a chiamare Grace. Cercò di non pensare a nulla di tragico: probabilmente il suo telefono aveva avuto qualche problema e lei non ricordava il suo numero per avvisarlo. Decise di attendere le ore successive e la mattinata, sicuramente lei avrebbe trovato il modo di mettersi in contatto con lui. Avrebbe dunque aspettato pazientemente senza farsi prendere dal panico.
Dopo essersi stiracchiato e raddrizzato la schiena, che era dolorante a causa della posizione scomoda assunta per diverse ore, si alzò e andò al distributore per prendersi un caffè. Ne aveva urgente bisogno.

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Christopher si alzò e andò in cucina. Grace non aveva ancora preparato il solito caffè come ogni mattina. Pensò che probabilmente stava ancora dormendo, essendo uscita con la sua amica che non vedeva da tanto, e sicuramente era rincasata molto tardi quando lui ormai già dormiva beatamente.
Preparò la colazione e nel momento in cui si accinse a sedersi a tavola il campanello suonò. Andò ad aprire col suo immancabile borbottio di quando qualcuno lo disturbava. Si ritrovò davanti Steve con un viso cadaverico tremante come una foglia. Rimase perplesso ma poi lo fece accomodare.

«Che ti succede?» gli chiese porgendogli un bicchier d’acqua.

Guardò l’ora, erano le sette.

Il ragazzo bevve un piccolo sorso, si vedeva chiaramente che non riusciva a deglutire. Christopher non lo costrinse a parlare, attese che fosse lui a farlo e gli si sedette di fronte.

«Grace è stata rapita» disse Steve senza giri di parole, rischiando di far strozzare Christopher che stava addentando un frollino.

«Cosa?» L’uomo strabuzzò gli occhi.

«Grace… è stata…»
Steve non riuscì a terminare la stessa frase di prima. Le lacrime gli velarono gli occhi.

Senza dire nulla, quasi come stesse assistendo ad uno scherzo di pessimo gusto, Christopher si precipitò nella camera di sua figlia trovandola vuota e con il letto intatto. Si sentì vacillare e dovette sostenersi allo stipite della porta. Tornò in cucina, dove Steve si dondolava sulla sedia avanti e indietro tenendosi le braccia intorno allo stomaco.

«Dov’è Grace?» chiese Christopher con tono duro, pur immaginando che la domanda fosse inutile. Ed infatti Steve fece cenno di non saperlo.
«Come sarebbe che non lo sai? Chi l’ha rapita? Cosa è successo?» urlò l’uomo davanti all’impotenza di quel momento, scuotendo le spalle di Steve.

Il ragazzo, come se si fosse riscosso da uno stato di trance, raccontò piano piano quanto accaduto la sera prima omettendo solo che Grace fosse stata ferita, e non perché era stato lui a spararle – nonostante non fosse lei il bersaglio – ma per non far preoccupare ancora di più Christopher.

«E solamente ora vieni a dirmelo?!» urlò l'uomo.

«Ero sotto shock» piagnucolò Steve.

«Beh, saprai dove abita Thompson, no?»

Steve negò, ma davvero non conosceva l’indirizzo.

Christopher si passò nervosamente le mani tra i capelli, cercando di ragionare e darsi da fare. Si vestì in tutta fretta per correre alla polizia ma Steve lo trattenne. Se avessero denunciato Thompson, gli agenti avrebbero scoperto delle bische clandestine e di conseguenza avrebbero fatto un arresto di massa, compreso lui, Steve. Con calma, il ragazzo raccontò a Christopher anche quella parte della storia, scatenando nell’uomo una rabbia esplosiva che lo spinse a mollare un pesante e sonoro schiaffo sul volto di Steve. Dopodiché, si diresse alla centrale dove non dovette attendere molto per essere ricevuto. Non ottenne nulla, però, non per il momento almeno, poiché le pattuglie non avrebbero iniziato subito le ricerche.
Afflitto, Christopher passò al negozio unicamente per recuperare il recapito del fornitore, il telefono ovviamente risultò non raggiungibile e purtroppo nei contatti non c’era alcun indirizzo di dove poterlo rintracciare. Se ne tornò a casa. Di lavorare, quel giorno, non se ne parlava. Si sarebbe dato da fare da solo in qualche modo per ritrovare la sua piccola Grace.

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«Come ti senti, cara?»

La luce del mattino, che entrava soffusa dalle due finestre in alto, rischiarò la piccola stanza e il volto di Isabel china sulla ragazza.
Grace aveva finalmente aperto gli occhi. Si era agitata tutta la notte mentre la febbre saliva e scendeva facendola tremare. Isabel non aveva chiuso occhio, si era presa cura di lei cambiandole quasi ogni minuto le fasce bagnate che le applicava sulla fronte. Un paio di volte le aveva anche controllato la ferita che per fortuna non sembrava essersi infettata, benché le avesse cambiato la stoffa che la ricopriva.

«Dove sono?» chiese Grace con voce tremula.

«Sei al sicuro, stai tranquilla. Come ti senti?» le chiese dolcemente Isabel cercando di non agitarla.

«Mi fa male…» Grace non riuscì a concludere la frase e sembrò appisolarsi di nuovo.

«Ti prego, resta sveglia!» la implorò Isabel. Ma Grace non parve ascoltare.

La donna non sapeva cosa fare, sapeva che avrebbe dovuto chiamare un’ambulanza per farla portare in ospedale ma doveva prima parlarne con suo marito. Aveva paura della sua reazione, quando non ragionava era capace di arrivare alle mani, per cui doveva cercare di capire cosa fosse successo.

Entrò in casa, sentì subito lo scroscio dell’acqua provenire dal bagno. Attese in salotto e quando Jack si palesò davanti a lei, con calma, cercò di farsi spiegare l’accaduto. Lui fu vago e le disse di aver salvato la ragazza dalle grinfie di un individuo che la stava importunando; nella colluttazione, poi, lei si era ferita e prima di svenire gli aveva chiesto di nasconderla.
Isabel ascoltò in silenzio suo marito che le raccontava quella storia e lo osservò, non sapeva se credergli ma di certo non poteva mettere a rischio la vita di quella giovane donna qualora le avesse detto la verità. Sospirando, andò in cucina per prepararle qualcosa di caldo e liquido, sperando che si riprendesse e che la febbre non salisse di nuovo.
Tornò da Grace trovandola addormentata.

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