Quattro

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«Furia, fai il bravo» accarezza il pelo morbido del furetto Avery. La vedo rilasciare uno sbadiglio e chiudere gli occhi.

«Stai bene?» la raggiungo sul divano e mi accomodo al suo fianco.

Lei mi rivolge uno sguardo e allunga la mano nella mia direzione. «Solo stanca. Immagino sia il jet-lag.»

La guardo accigliato. «Il jet-lag.»

«Sì. Perché?» domanda confusa.

«Sono passate quasi tre settimane da quando siamo tornati dalla Svezia» preciso.

«Allora sarà il lavoro» fa spallucce.

«Non lo so, secondo me aspetti il ciclo» mi alzo dal divano e, dopo averle lasciato un bacio, esco di casa pronto a fare spesa. Le avrei chiesto di venire con me ma credo stia davvero entrando in quel periodo del mese o forse sta covando una qualche influenza.

Entro in auto poco dopo e mi reco al solito Star Market, uno dei supermercati preferiti di Avery. Resto due minuti nel parcheggio a cercare la lista che ero certo di aver preso; infatti, la trovo l'istante successivo nella tasca posteriore dei jeans. Avrei dovuto pensarci prima, lo ammetto.

Recupero un carrello e inizio a fare la spesa. Tra il lavoro e le diverse faccende da sbrigare ci siamo ridotti all'estremo, dunque, c'è bisogno di rifornire frigo, freezer e dispensa. Elimino dalla lista le prime cose, tra cui anche il cibo di Furia, e passo al reparto surgelati. Getto nel carrello due confezioni di gelato all'amarena e due alla nocciola, poi passo alle altre schifezze con cui Avery ama avvelenarsi. Io evito tutto quello che può essere unto e confezionato ma mia moglie ama le patatine in busta e se decide che le vuole, non c'è verso di farle cambiare idea. Così mi sono semplicemente arreso. Ci ho provato per anni, a partire da quando siamo andati a vivere insieme, ma niente. Lei ha le sue schifezze, io le mie. Ho un debole per le banane fritte, questo è il mio peccato più grande dopo il cioccolato alle nocciole e il gelato all'amarena. Fine. Roba che mi concedo una volta a settimana insieme a una buona pizza.

Avery mi prende sempre per il culo, soprattutto quando siamo a metà settimana e vorrei mangiare persino i tavoli di casa. Inizia a sventolarmi sotto al naso patatine fritte e tacos e io... mi faccio venire un tic all'occhio, ma non cedo. Mi piace seguire la mia dieta e avere un'alimentazione sana. Non che lei non ce l'abbia. Può permettersi di tutto. A me piacerebbe anche se pesasse trenta chili in più. Dico solo che io sono molto più fissato e mi piace rispettare le regole che mi sono imposto. Le feste sono escluse, ovvio. E lì che mi lascio andare e Avery non perde occasione di farmelo notare.

Acciuffo le ultime cose e mi dirigo alla cassa. Il cellulare squilla proprio quando l'ho quasi raggiunta. «Pronto?»

«Amore mio» mi accoglie la voce di Avery.

La tensione che non sapevo di aver accumulato dalla giornata di oggi sulle spalle sembra abbandonarmi quando la sento chiamarmi così. «Dimmi tutto. Ho quasi finito.»

«C'è modo che tu possa... ecco, diciamo, passare in farmacia prima di tornare a casa?» chiede.

Mi allarmo all'istante. «Avery, stai male? È successo qualcosa? Sto arrivando.»

«No, no, sto bene. Più o meno. Cioè, voglio capirlo» biascica.

«Mi stai preoccupando, dico sul serio.»

«Dev» sospira. «Non so come altro dirtelo, quindi lo faccio e basta: devi comprare dei test di gravidanza.»

La presa attorno al telefono si fa ferrea mentre fisso un punto indefinito del pavimento.

«Tesoro, ci sei?» domanda dopo non so quanto, la voce insicura.

Schiarisco la voce. «Sì. Io... sì. Ci sono. Va bene.»

𝐃𝐄𝐕𝐎𝐍, 𝐇𝐀𝐑𝐑𝐘, 𝐌𝐈𝐂𝐇𝐀𝐄𝐋, 𝐑𝐎𝐍𝐀𝐍Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora