Oltre ogni previsione

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"Devi metterti con mio fratello Albus!"
Alice spalancò occhi e bocca: cosa aveva detto Lily? "Ma sei fuori? Avevi detto che non avresti più provato a farmi mettere..."

Lily la interruppe, sorridendo. "No no, non è per te, è per me" precisò.
Lo sguardo di Alice era molto stranito e confuso. Giusto: doveva spiegarle.
"Ho bisogno che tieni impegnato Albus."
"E perché?"
Lily sorrise. "Perché ho intenzione di mettermi con Scorpius e lui mi sarebbe d'intralcio!"

Alice sospirò e scosse il capo. "Lily..."
"Alice, ti prego, posso contare solo su di te! Ultimamente siete sempre insieme e andate così d'accordo..."
"Ultimamente siamo sempre insieme perché mio padre ci ha obbligato. E di sicuro tuo fratello non avrà voglia di stare con me dopo aver passato tutto questo tempo per studiare" spiegò, ma allo stesso tempo sentì le guance prendere colore al pensiero del premio che aveva richiesto Al. Forse lui avrebbe accettato di stare più tempo con lei. Forse lei avrebbe anche gradito. Forse... E forse le avrebbe fatto piacere. Senza il forse.
"Cosa hai in mente?" chiese, rassegnata, sospirando. Se c'era una cosa che aveva capito era che per far smettere un Potter di esasperarti era accontentarlo.
Fu così che ascoltò l'amica raccontarle di baci, sospiri, idee, progetti e di come volesse far cambiare idea a un ignaro Serpeverde.
Alice provò quasi pietà per il giovane Malfoy.

***


Il silenzio della biblioteca era pieno di sospiri e di mormorii sopiti di giovani studenti che, come la maggior parte degli adolescenti, considerava lo studio un passatempo troppo poco fruttuoso per svolgerlo senza scadenze.
"Merlino!"
Alice osservò Albus chiudere di scatto il libro e lanciarlo sull'altro lato del tavolo. "Al!" sussurrò, allungandosi per riprenderlo e allo stesso tempo lanciò un'occhiata alla cattedra della Pince per vedere se li avesse sentiti.
"Non ce la farò mai!" esclamò ancora il ragazzo.
"Ma cosa dici? Hai fatto un sacco di progressi" lo rassicurò lei.
"Non è vero..." Il tono di Al era veramente depresso. Aveva bisogno di incoraggiamento.

"Hai risposto a tutte le mie domande. Sai tutto. Conosci tutte le piante, sai riconoscere le malattie più comuni e sai come curarle. Ti assicuro che non ti manca niente."
Albus scosse la testa e si massaggiò la fronte: gli sembrava di essere in difetto. Era sicuro che alla verifica di giovedì avrebbe fatto solo del casino. Davanti alla McGranitt. Guardò fuori dalla finestra la pioggia che cadeva incessantemente da tre giorni, rendendo Hogwarts un luogo grigio, cupo e triste.
"Ok, metti via" rispose Alice. Al tornò a posare gli occhi su di lei. Come? La osservò mentre si alzava e infilava le cose nella borsa dei libri.
"Perché?" chiese, senza muoversi.
"Vieni con me" disse lei, senza cerimonie. E poi si girò e iniziò a incamminarsi verso l'uscita della biblioteca.
Ehi! Ma... Quando capì che lei non si sarebbe fermata ad aspettarlo, si rimise gli occhiali, si alzò in piedi, aprì la borsa appesa allo schienale della sedia e con il braccio ci fece cadere dentro tutte le cose che erano sul tavolo: libri, piume, boccette di inchiostro, pergamene. Richiuse la borsa e la infilò a tracolla prima di correre per raggiungere la ragazza. Rallentò solo quando l'occhiata della Pince tentò di incenerirlo fra gli scaffali.
Imboccò l'uscita e si guardò a destra e a sinistra per capire da che parte fosse andata lei. Quando la vide si sbrigò per non rimanere indietro e la chiamò.

"Alice!" gridò il ragazzo e Alice sorrise senza voltarsi.
"Muoviti!" esclamò.
Quando la raggiunse, sentì Al sospirare. "Sei la ragazza più impegnativa che conosca" disse, mettendosi al suo fianco.

"Chi, io?" L'espressione sorpresa della ragazza fece capire ad Al che non stava fingendo.
"Sì, tu. Non sono mai corso dietro a nessuna in questo modo!" Lei aprì la bocca, ma poi la richiuse subito. "Dove stiamo andando?" chiese, quando notò che lei non aveva rallentato il passo.

"Alla serra" spiegò Alice, tornando sicura di sé. Quando lui aveva detto quella frase sul correre dietro alle ragazze, si era sentita in imbarazzo, lei non stava cercando di fare la preziosa!
"Perché? No" esclamò, fermandosi nel mezzo del corridoio.
"Perché voglio dimostrarti quello che ti ho detto. Ho sbagliato, dovevo portati prima a contatto con le piante, così ora saresti più tranquillo" disse lei, tornando indietro e prendendolo per un braccio.
"Non servirà a niente. Non ci riuscirò..." si lamentò ancora il ragazzo.
Alice sbuffò e gonfiò le guance. "Smettila di fare la ragazzina capricciosa" lo sgridò e Al sorrise.
"Vedrai che è come dico io" continuò, ma non si fermò più.

*

La pioggia cadeva incessante, rumorosa, bagnata e fastidiosa come un Pixie arrabbiato. I ragazzi vennero colti di sorpresa appena misero fuori il naso dal portone e l'umidità si incollò loro addosso, attaccando le divise alla pelle.
"Porco Salazar!" esclamò Al, nel rendersi conto di aver sottovalutato il clima. Si portò la borsa dei libri sulla testa, cercando di frenare la pioggia.
Alice tirò fuori la bacchetta e con un incantesimo non verbale lasciò che una protezione magica li avvolgesse per non farli bagnare.

"Oh! Figo!" esclamò Albus, riportando la borsa sul fianco e osservando come l'incantesimo fosse utile.
"È una variante che ho inventato io. Quando ti scordi sempre l'ombrello..." Alice scosse le spalle e sorrise.
Al non disse niente, ma continuò a osservarla mentre camminava spedita verso le serre. Il ragazzo la seguì docile e lasciò che lei decidesse la strada. Oltrepassarono gli orti e anche la prima serra.
Soltanto quando si lasciarono alle spalle anche la terza serra, Al iniziò a corrugare la fronte. "Ma dove..."
"Fidati di me, Potter, e sta' zitto" rispose lei alla domanda che neanche aveva finito di pronunciare.
Oh. Va bene.

Alice passò anche la quarta serra e spinse la porta di quella che sembrava una cantina, tanto era buia e umida. Ma una volta dentro, non c'era frescura e la luce era soffusa al punto giusto.
"Non sono sicuro di essere mai stato qui..."
"Probabilmente non sei mai stato punito, allora!" Alice ridacchiò, interrompendo l'incantesimo e infilandosi la bacchetta nella tasca posteriore dei jeans.
"Perché tu sì?"
"Diciamo che spesso mi sono trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato senza volerlo..." spiegò, non volendo dire ad Al che di solito era quando seguiva Lily che si ritrovava nei guai.
"Ah!" Il sorriso divertito del ragazzo le fece arrossare le guance, così fece un passo avanti e posò la borsa su uno dei lunghi tavoli, al tempo stesso gridando: "Papà!"

Al si stranì al suono della voce della Grifondoro e si bloccò come incantato: Neville? Appena la figlia lo chiamò, il professore apparve dalla stanza sul retro. "Alice?" chiese, con in mano uno straccio su cui si stava pulendo le dita.
"Ciao, siamo venuti a chiedere il permesso per visionare le piante della serra sette. Visto tutto quello che è successo..." Il tono della ragazza sembrava un po' accondiscendente e Albus immaginò che lo stesse facendo apposta: non lo stava di nuovo tirando in mezzo per via di un litigio con suo padre, vero?

Neville sospirò all'espressione sul viso della figlia: lei non poteva immaginare quanto somigliasse alla nonna in quel momento. Lui stesso aveva visto degli sprazzi di quella determinazione negli occhi di sua madre, nonostante svanissero subito e fossero per lo più falsi momenti lucidi.
Annuì: le serre erano a disposizione degli alunni, soprattutto di chi volesse incrementare lo studio. "Andate pure, ma non fate disordine" raccomandò.
Alice si voltò verso il figlio di Ginny e gli sorrise, sempre con quello sguardo vittorioso in viso. Era determinata. Era in gamba. Era sua figlia. Ma lui aveva comunque una paura folle di perderla.
"Ok."
E senza dire nient'altro, tirò per un braccio il ragazzo, raccolse la borsa dal tavolo e trascinò tutti e due fino alla porta comunicante con le altre serre, in fondo al locale.

"Ok, eccoci qui" esordì lei, spingendo una grossa porta di legno che immetteva nell'ultima serra.
"Cosa c'è qui?" chiese Al, seguendola e guardandosi intorno.
"Qui ci sono le piante malate. Non tutte si possono salvare e non tutte possono essere guarite immediatamente. E qui si possono fare esperimenti."
Davvero? Al si guardò intorno: era come le altre serre, ma le vasche con le piante erano più fitte, c'era meno spazio fra una vasca e l'altra e le panche molto, molto meno di quando faceva lezione nella serra due o tre.
"Vieni qui" ordinò la ragazza, dopo essersi infilata di lato lungo una vasca e aver raggiunto la fine del locale.
"Ehi, aspettami!" esclamò, prima di correrle dietro. Merlino, era la seconda volta in pochissimo tempo!

Alice riuscì a raggiungere le piante che voleva mostrare ad Al e si fermò solo quando si trovò nell'angolo più lontano. Aspettò che il ragazzo la raggiungesse e poi posò la borsa dei libri su l'unico tavolo pulito, contro la parete. Con il capo gli fece cenno di imitarla e poi si avvicinò a un Bubotubero.
"Sai che pianta è questa?" gli chiese, quando sentì la presenza del ragazzo alle sue spalle.

Al sbuffò e il ciuffo di capelli sulla sua fronte si spostò. "È facile... È un Bubotubero..."
"Non ci sono cose facili e cose difficili, Al. Ci sono cose che si sanno e altre che non si sanno. Non noti niente di strano?" gli chiese ancora, indicando il fusto contorto.
Il ragazzo si fece attento quando notò effettivamente che la pianta non era come al solito: le grosse protuberanze che la ricoprivano non erano grosse, gonfie e lucenti come lo erano l'ultima volta che l'aveva vista.
"I suoi bozzi sono diversi" disse, avvicinandosi e studiandola un po'. Tirò fuori la bacchetta e la batté sul fusto. "Sembrano vuoti..." spiegò.
"Vuoti come quando vengono spremuti?" domandò ancora la ragazza. No. Al scosse la testa, sicuro. Non erano come al solito.

"No, quando vengono spremuti, con il suo pus si fa un ottimo unguento per l'acne," sciorinò il suo sapere il ragazzo, "i suoi bozzi restano circolari. Sono solo meno gonfi. Questa sembra che abbia qualcosa che non va".
Alice sorrise e gli fece qualche altra domanda, ma quando capì che lui sarebbe arrivato da solo al ragionamento che gli avrebbe fatto capire la malattia della pianta, rimase zitta e lasciò che lui proclamasse da solo la diagnosi per la pianta.
"Tutto giusto, bravo. Ora vieni, guardiamo questa..." disse, facendogli un cenno con il capo e facendo un passo verso un altro arbusto.

Al si riprese quasi subito: subito dopo aver capito che al Bubotubero mancava un terriccio argilloso e una tazza di pozione ricostituente per piante non verdi, aveva preso un po' di sicurezza e aveva iniziato a guardare le piante con un occhio diverso: quando l'arbusto riceveva poca 'acqua o aveva ricevuto un incantesimo sbagliato, cambiava colore, e la parte bassa del fusto iniziava a sfumarsi, diventava trasparente e giallognola. Scoprendo quale fosse il loro problema, era molto più semplice capire come curarle.
"Ok, facciamola difficile..." iniziò Alice, girando per la serra e scrutando le piante esposte. Al rise: fino a quel momento era stato facile? La ragazza si girò verso di lui con uno sguardo sornione e i suoi occhi brillarono di divertimento. Ricambiò l'occhiata e si avvicinò a lei: voleva giocare? Era bravissimo nei giochi, lui. E anche nelle sfide.
I quaranta minuti successivi furono pieni di strane insinuazioni, malattie magiche o esotiche, improbabili soluzioni, altre probabili ma di difficile esecuzione e, alla fine, anche idee un po' assurde e stupide, ma assolutamente, furono pieni di risate, battutine e tanto divertimento.
"Te lo avevo detto: sai tutto, non devi preoccuparti" disse alla fine la ragazza, chinandosi ad annusare una pianta. "Mannaggia, questa non è guarita..." constatò, accarezzando una foglia blu piena di buchi.
"E se me la vedo male?" chiese Al, avvicinandosi a lei. Non era più impaurito, ma lei era stata molto carina e sperava di ricevere altre 'coccole'.

Alice era impegnata a osservare un esemplare di Frullobulbo con i tentacoli adagiati sulla terra, invece che ondeggianti lungo l'arbusto, e non notò il tono del ragazzo, accarezzando la pianta con le lacrime agli occhi.
"Chiudi gli occhi e usa gli altri sensi" spiegò semplicemente in risposta al gioco di parole, ma non si voltò verso di lui.
"Gli altri sensi?"
"Sì, annusa e tocca" confermò.
"E non assaggio niente?" Nel momento in cui lo disse Alice si sentì prendere la mano e girare: in un solo gesto, Al la strinse a sé posandole una mano sulla schiena e le sorrise. Uno di quei sorrisi irresistibili ma finti, che Alice aveva visto un sacco di volte, uno di quelli che i ragazzi facevano quando volevano qualcosa. E lei aveva capito cosa volesse Albus, probabilmente pensava che quel sorriso funzionasse con tutte. Con tutte quante. E Alice riusciva a crederci perfettamente, visto che era bastato quello per smuoverle il petto e farle battere più forte il cuore. Ma l'idea di essere come tutte le altre non le piaceva per niente. Si voltò a guardare di nuovo il Frullobulbo e si sentì riempire di tristezza. E sarebbe stato così facile rimuovere quella tristezza con l'aiuto di Albus. Ma lui non avrebbe mai compreso appieno il perché lo avrebbe fatto. E questo rendeva il tutto ancora più triste.
"Al..." iniziò, quando la sua mano si allargò sulle sue reni e tentò di spingerla verso di lui. "Non è una buona idea..." disse ancora, abbassando lo sguardo: aveva il terrore che lui potesse leggerle la bugia negli occhi.

Ad Al si spense il sorriso e la lasciò andare. Forse davvero stava perdendo i colpi. Forse a lei, lui non interessava davvero. Forse il 'fascino Potter' come lo chiamava Scorpius, si era esaurito e ne era rimasto solo a James.
In quel momento si sentì la porta comunicante con le serre aprirsi e Alice fece un altro passo indietro prima di alzare uno sguardo triste su di lui e girarsi verso il fondo del locale.
"Alice?" chiamò la voce di Neville.
"Sì, papà, siamo qui..." rispose lei, lanciandogli un'altra occhiata per poi raggiungere il professor Paciock.
"Avete... finito?" chiese ancora l'uomo, lanciando uno sguardo a lui e poi alla figlia, per poi continuare ancora con occhiate confuse.
"Sì, abbiamo finito" concordò Al, tornando a prendere la borsa dei libri dalla scrivania lungo la parete.

Neville guardò i due ragazzi uscire, ma capì anche lui che era successo qualcosa. "Tutto bene?" chiese sottovoce alla figlia, mentre Albus teneva la porta aperta verso l'esterno: il professore capì che la stava aspettando.
"Sì..." rispose Alice, ma poi si morse il labbro inferiore e il suo sguardo si fece triste. Senza farlo apposta, Neville guardò Albus, ma lui stava guardando il cielo scuro. Forse si stava sbagliando.
"Sicura?" insistette.
La ragazza annuì, ma non guardò mai verso la porta, si voltò invece verso le vasche delle piante. "Quello..." Indicò vagamente con la mano il fondo della stanza. "Il Frullobulbo..." Si morse ancora il labbro e Neville si tranquillizzò un pochino.
Guardò nella direzione indicata dalla ragazza e annuì. "Sì, era quello della nonna. Non si è più ripreso dopo che..." Neville non riuscì a finire la frase. La morte di Nonna Augusta lo aveva lasciato solo e di nuovo orfano, come se avesse ancora undici anni e fosse di nuovo il ragazzo sovrappeso e timido che affrontava Hogwarts per la prima vola.

'Papà... Durante le vacanze andiamo al San Mungo?' Alice avrebbe voluto tanto riuscire a fare quella domanda, ma poi non ne ebbe il coraggio e non disse niente: si avviò verso la porta e solo una volta sull'uscio si girò verso il padre, ma i loro sguardi non si incrociarono e lei uscì dalla serra.
Si stupì di trovare Al ad aspettarla: dopo il due di picche che gli aveva dato, pensava che se ne sarebbe andato via arrabbiato, e invece lui era lì fuori.
"Non piove più" constatò e lei annuì con il capo senza dire niente.

Al aggrottò la fronte: Alice aveva un atteggiamento strano. Non capiva se fosse per l'interruzione di suo padre o per altro, ma il suo sguardo era abbattuto e le si avvicinò. "Grazie, comunque" disse, schiarendosi la voce.
"Oh... Sì. Beh, alla fine avevi solo bisogno di un po' di incoraggiamento."
Sicuramente anche lei ne avrebbe avuto bisogno, di incoraggiamento. Soprattuto con lui. Decise di non mollare. Si avvicinò a lei e le prese la mano: era freddissima.
"Stai bene?" le chiese, per un attimo seriamente preoccupato.
Alice staccò la mano dalla sua.  "Devo andare..." Allungò il passo e Al dovette correrle dietro. Ma cosa stava succedendo?
"Ehi, fermati..."

Quando sentì il maglione della divisa tirare indietro, Alice sospirò: non ce l'avrebbe fatta. Non con lui. Si voltò. "Senti... Va bene studiare, va bene il tuo premio... ma basta, finita lì. Noi... Io..." Gesticolò e fece un respiro profondo.
"Pensi di non essere il mio tipo" dichiarò lui, concludendo la sua frase. Alice rise nervosamente.
"Io non sono il tuo tipo!" esclamò, quasi arrabbiata.
"Non puoi saperlo" insistette Al, con un sorrisetto sghembo. Oh, che nervoso le faceva venire quel sorrisetto: era proprio un Serpeverde! Convinto di poter avere tutto, che tutti siano ai suoi piedi. Si girò e prese a camminare verso il castello.
"Certo che lo so! Ho visto quelle che frequenti e IO non sono come loro!"

Al sorrise ancora mentre allungava il passo per starle dietro. "Ah, sei gelosa?"
Lei si fermò, si voltò velocemente e il ragazzo le finì quasi addosso. "Io non sono gelosa di te, Albus Severus Potter!" Era così infastidita dal fatto che lui avesse insinuato la cosa che non riusciva più a tenere ferme le mani.
"Dici?" la stuzzicò ancora. Oh, Merlino lei si era fermata in un punto buio e quando stette zitta non seppe dire bene se fosse arrossita o meno. Era così carina quando succedeva.
Gli voltò le spalle e riprese a camminare. Lui la raggiunse e l'affiancò. "Ti ricordi quella frase di qualche giorno fa? 'Non siamo in confidenza e non ci conosciamo bene'... Oh, lo hai detto tu!" precisò, alzando le mani quando Alice si era girata verso di lui per fulminarlo con un'occhiataccia. Non ribatté niente, così lui continuò. "Non mi conosci e non sai qual è 'il mio tipo', in fin dei conti. Mentre io so benissimo chi..."
"Guarda che a te basti che respiri..."
"Adesso mi offendi..." Si portò una mano al petto e fece una smorfia innocente. Lei sbuffò e non ci cascò. "E un po' offendi anche te, a dire il vero..."

Alice sentiva il nervoso salirle e scendere lungo tutto il corpo: lui stava girando il significato di tutto. Quel troll di un Serpeverde! Si avvicinò ad Al e bisbigliò: "Sai perché pensi di volere proprio me?"

Al corrugò la fronte: ma che domanda era? Ma lei non voleva una risposta, pensò, perché subito dopo continuò a parlare. "È perché non ho ceduto. Non sono caduta ai tuoi piedi dicendoti quanto sei bello e intelligente e non smanio dalla voglia di cacciarti la lingua in bocca!" Subito dopo lei sospirò e il suo corpo, rigido fino a poco prima, si rilassò. Al, invece di arrabbiarsi, trovò la cosa molto divertente.
"Dici che ci starebbero proprio tutte?"

Quando il ragazzo disse quella frase stupida e allargò gli occhi in una smorfia divertita, Alice sbuffò ancora, rigirandosi e tornando verso il castello a passo veloce. "Stupido Serpeverde!"
"Dai, Alice, stavo scherzando!"
Lei si fermò ancora. "Io non sono una sfida" disse.
"Sei il mio premio."
"E allora aspetta giovedì. Avrai ciò che vuoi, no?" Tipico di un Serpeverde: voleva, a ogni costo, tutto prima del tempo. Senza pensare a nessun altro che a se stesso, visto che rimetterci sarebbe stata solo lei. Perché Alice ne era convinta: le sarebbe piaciuto. Tantissimo. E lui sarebbe andato avanti, contento di aver vinto, mentre lei sarebbe rimasta lì, con il suo sapore sulle labbra a rimpiangere qualcosa che sapeva già che non avrebbe mai avuto. E non voleva illudersi.

Al pensò che il suo tono fosse intriso da molto più di nervosismo e rabbia. Sembrava... triste e lui non riusciva a interpretare la cosa.
"Domani ci vediamo?" chiese invece, non sapendo più cosa dire.
Alice alzò le spalle. "Non ha senso ripassare. Per me sei preparato". No. No. Lei non aveva capito.
"E se ci vedessimo senza studiare?"

Alice si morse il labbro inferiore. Da un lato aveva promesso a Lily di tenere impegnato suo fratello, e farlo, le piaceva. Ma dall'altro, se lui avesse provato di nuovo a baciarla, non era sicura di riuscire a dire ancora di no. E doveva dirgli di no. Primo perché altrimenti il premio non avrebbe avuto valore, e secondo... per tutto quello a cui aveva pensato prima. Per un attimo si chiese quali erano le cose che l'avevano convinta che fosse sbagliato: Merlino, si sentiva confusa.

Al vide la ragazza tentennare. Non voleva più vederlo? Ma davvero? Non era solo uno scherzo fra di loro? "Da amici?" capitolò lei alla fine. Al annuì. "Prometti?" No.
"Certo."

Alice annuì, perché così avrebbe accontentato tutti: Al, Lily e anche se stessa.

***

"Domani riesci a tenere Al in biblioteca fino a cena?" Lily aveva fermato Alice prima ancora che mettesse piede nella stanza del quinto anno.
"Abbiamo finito di studiare. Domani non andremo in biblioteca" le rispose l'amica, posando la borsa sul suo letto.
"Per i denti di Merlino!" Lily si buttò sulla trapunta con la scena più melodrammatica che Alice avesse mai visto. Rise, perché l'adorava e avrebbe voluto avere metà della sua audacia.
"Mi inventerò qualcosa, dai..." le rispose, sapendo perfettamente che era stato lui a chiederle di passare il pomeriggio insieme e non il contrario, e per questo si sentì colpevole come se stesse tradendo la sua amica, ma non voleva raccontarle niente, ancora. Conoscendo Lily non l'avrebbe più lasciata stare e ad Alice faceva comodo che lei avesse in mente altre cose per il momento.
"Ti ho detto che sei la mia amica preferita?" A quelle parole la rossa le saltò al collo, tirandola sul letto e serrandola in un abbraccio killer.
"Lily, sono la tua unica amica, le altre le hai esasperate tutte!" la prese in giro, ridendo.
"Vero! E per questo sei anche la migliore. Ti voglio bene!" Lily le stampò un bacio sulla guancia e le ragazze rimasero sdraiate sul letto a guardare il baldacchino fino a quando non si fece ora di cena.

Stai con me (ex raccolta di Oneshot)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora