I provini della vita

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"Ciao!"
La voce della sua migliore amica fece alzare la testa a Neville di scatto. "Ginny!" esclamò, ma senza muoversi.
La serra numero sette era la sua preferita, quando doveva pensare, ma quel giorno non lo stava aiutando per niente.
"Beh, l'ultima volta hai avuto una reazione diversa... Non ti fa piacere vedermi?" disse sorniona la rossa, guardandolo con finto rimprovero. Neville sorrise e scosse il capo: adorava il fatto che lei non fosse cambiata per niente.
"Ginny, Ginny... Ti manda Hannah?" Si avvicinò a lei e l'abbracciò.

Ginny si lasciò coccolare dall'amico e poi si staccò da lui, dandogli un leggero scappellotto sul coppino. "Cosa mi combini?" lo sgridò.
Neville scosse la testa e tornò a sedersi. "Non ne voglio parlare" ammise lui.
"Immaginavo. Infatti sono qui per questo" gli rispose lei, appoggiando la borsa e il mantello sulla vasca delle piante e sedendosi su uno sgabello.

Neville osservò l'acqua inzuppare il mantello dell'amica e spostò le sue cose sulla scrivania alle sue spalle. "Non..."
"Ti ricordi quando Piton ha..."
"Non iniziare, per Godric!" Neville si infiammò, e guardò l'amica con gli occhi spalancati, poi si rese conto di aver urlato e si risedette sullo sgabello, appoggiando i gomiti al bordo della vasca, e prendendosi la testa fra le mani.

Ginny si rialzò e si avvicinò all'uomo, posandogli un braccio sulle spalle, prima di appoggiare il mento sui suoi capelli. Lentamente portò una mano sulla sua testa e iniziò ad accarezzarlo come se fosse un cucciolo impaurito o un bambino piccolo. Non si sorprese quando sentì i suoi singhiozzi, bassi e lenti, mentre copiose lacrime iniziarono a bagnarle il maglione, ma non se ne curò e iniziò a dondolare dolcemente, come quando James da bambino aveva un incubo e riusciva a calmarsi solo in braccio a lei.

Fu solo dopo quello che a Neville parve tantissimo tempo, che riuscì a riprendersi e a smettere di piangere.
"Scusami..." disse, spostandosi da lei e asciugandosi gli occhi.
"Non c'è niente di cui scusarsi, Neville". Stranamente, il tono gentile della donna, riuscì a calmarlo ancora di più, perché sapeva che lei era sincera.
"Non voglio perdere anche lei..." iniziò.
"Preferiresti che facesse un lavoro più tranquillo, ma più noioso o che non fosse felice?" gli chiese allora: tutti e due sapevano che stavano parlando di Alice.
Così Neville le fece una domanda brutta. "Come facevi a dormire la notte, sapendo che Harry era là fuori in pericolo?"

Ginny sospirò: da quando Harry aveva avuto la promozione la sua vita lavorativa aveva iniziato a essere un po' meno pericolosa e lei era contenta della cosa, ma sapeva che il marito apprezzava di più il lavoro sul campo che dietro alla scrivania.
"Non bisognerebbe smettere di vivere solo perché si ha paura della morte, Neville..." gli disse.
"Sembrano parole di Luna, non tue" le rispose lui, con un piccolo sorriso e Ginny rise.
"Se te le avesse dette Luna, sarebbe stata più convinvente!" E rise anche l'uomo.
"Ti ricordi quando Harry ha messo James sulla sua prima scopa?" Neville sorrise divertito e annuì. Ginny se lo ricordava bene perché lei, che era incinta di Al, non poteva seguire la cosa da vicino ed era preoccupata che Harry non proteggesse bene il figlio e James si facesse male. Lei aveva messo una marea di incantesimi di protezione nel giardino della Tana, nel caso fosse caduto, nel caso la scopa avesse iniziato a prendere il volo e anche per qualunque altra cosa che non era poi successa. "Sai cosa ricordo di quel momento?"
"L'ansia e il cuore che batte impazzito?" propose Neville, ma dal suo sguardo capì che la stava prendendo in giro.
"Anche. Ma è la risata di James che mi torna in mente ogni volta..." Si girò, per sfiorare un fiore rosso di una pianta che non sembrava stare molto bene e sospirò. "Mia madre una volta mi ha detto che il compito dei genitori, fondamentalmente, è solo: indicare la strada, non lasciare trapelare la preoccupazione e sperare che vada tutto bene."

Neville scosse il capo. Erano tutte cose che sapeva già. Ma davvero non poteva, per una volta, essere un po' egoista? Non voleva perdere sua figlia, era un crimine?
"E poi, se continui a dirle che non può fare l'Auror, vorrà farlo per forza, anche se magari si renderà conto che non è quello che vuole. Vuoi davvero fare questo gioco con lei? Gli adolescenti tentano spesso di andare contro i genitori, a volte solo per testare i propri limiti."
Sbuffò. Sapeva che Ginny, come tutti gli altri, aveva ragione. Ma era difficile da accettare.
"Quindi dovrei dirle che deve fare l'Auror, così non vorrà più farlo?"

Ginny fece un sorriso a metà fra un sospiro e uno sbuffo. "Devi dirle che sarai al suo fianco e che l'appoggerai, qualsiasi cosa sceglierà".
"E quando sarà in servizio, come farò a gestire la situazione?"
"Ti farai un bagno caldo, farai l'amore con Hannah oppure ti berrai una pozione di ansiolitico, esattamente come fanno tutti gli altri i genitori."
Quando lui sorrise, Ginny capì che almeno ci stava pensando. Poi lui prese una grossa forbice da giardinaggio e tagliò una foglia morta da una pianta che lei pensava fosse ormai irrecuperabile. "E te, novità?"
Ginny tornò a sedersi e sorrise. "A capodanno verranno a casa nostra Astoria e Draco. Beh, dovevano venire a Natale, ma poi..."

Neville sapeva che l'amicizia fra Albus e Scorpius aveva riavvicinato i due genitori, sapeva che Malfoy ora era un'altra persona. Quello che non disse, però, era che aveva visto Lily e Scorpius in un anfratto a baciarsi. Non voleva seminare zizzania o malumore, perché non sapeva come i suoi amici avrebbero appreso la cosa. Così sorrise e ascoltò Ginny parlare di menù e vino elfico: quando fosse toccato ad Alice lui sarebbe morto di sicuro, altro che Auror!

Stai con me (ex raccolta di Oneshot)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora