Capitolo 1

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POV: Macarena

La vita non è facile, è una lezione che ho imparato fin troppo bene.

La vita è preziosa e ti regala emozioni che non avresti mai pensato di provare, la vita ti regala la possibilità di amare qualcuno così tanto che tutti i dolori passati sembrano dissolversi in una piccola nube insignificante.

Il problema è che, se sei sfortunato, la vita può anche portarti via quella persona.

I giorni passano, le settimane passano e non faccio altro che chiedermi il perché.

Perché mi sono innamorata di una donna che è morta? Che senso ha avuto il mio amore per lei se adesso non potrò mai più rivederla?

Basta, devo smetterla di concentrarmi solo sul mio dolore.

Era più facile subito, appena era successo, perché ero totalmente immersa nella fase della negazione. Probabilmente negare a me stessa ciò che era successo era l'unico modo che avevo per sopravvivere.

Poi però è diventato tutto terribilmente reale e io non riesco nemmeno a respirare quando penso a lei. Ho iniziato a soffrire di attacchi di panico e sono così forti che mi sento morire quando li ho.

Non riesco a pensare ad altro, però ora voglio guardare avanti e ricordarmi in ogni momento della mia giornata che tra qualche mese avrò un meraviglioso bambino.

Arrivo in ritardo all'appuntamento con la ginecologa, come sempre ho trovato traffico. Non pensavo ci fossero tante macchine in Marocco, ma non ero mai stata qui prima.

"Mi scusi per il ritardo, sono un disastro."

"Non si preoccupi." mi risponde, sorridendo.

Mi preparo per l'ecografia, oggi dovrei sentire per la prima volta il battito del cuore del mio bambino e sono emozionata.

Quel rumore però non è esattamente come mi aspettavo e questa cosa mi spaventa.

"Cosa succede?" chiedo, allarmata.

"Stia tranquilla, è tutto nella norma." mi risponde la ginecologa.

"Questo rumore non mi sembra normale."

"È perché ci sono due battiti."

Ah ecco, non era niente di strano. È ovvio che ci siano due battiti, uno è il mio e uno è quello del bambino. Pensavo si sentisse solo il suo, ma forse qui in Marocco fanno le ecografie in modo diverso.

"Ah ecco, allora va tutto bene?"

"Sì, va tutto bene. Lei aspetta due gemelli."

Cosa? Forse non ho sentito bene.

Non è possibile, non può essere.

Avevo già paura di crescere un figlio da sola, figuriamoci due.

"Ne è sicura? Sono due?"

"Sì, proprio due."

E quando mi concentro sui battiti dei loro cuoricini e li guardo nell'ecografia dimentico ogni paura, ogni sofferenza. Sono felice.

Un'ora dopo, davanti a una cioccolata calda con tantissima panna, mi concedo di essere realista e affrontare la cosa.

Due gemelli. Avrò due gemelli. Due piccole creature che conteranno solo su di me.

Come posso fare tutto da sola? Come posso essere all'altezza? Come posso affrontare una sfida del genere mentre cerco di elaborare il lutto e accettare la morte di Zulema?

"Ciao Maca!"

È la voce di Iris, l'unica persona che conosco qui e di cui mi fido.

È stata Zulema a parlarmi di lei, a quanto pare è una sua cugina di secondo o terzo grado. L'unica persona della sua famiglia con cui era ancora in contatto, probabilmente perché non è del tutto di famiglia essendo una cugina alla lontana, così ha detto Zule. Ormai ho capito che lei aveva un pessimo rapporto con tutto ciò che riguarda la sua famiglia.

Iris è figlia di un cugino di suo padre e sembra una ragazza con un carattere molto forte, mi trovo davvero bene con lei.

"Allora? Che si dice?" mi chiede, sorridendo.

"Che sono incinta..."

"Questo lo so già."

"Aspetto due gemelli..."

"Sul serio?"

"A quanto pare..."

"Ma questa è una cosa bellissima, che forza!"

"Pensi che ce la farò a crescere due figli da sola? Io sono terrorizzata."

"Sì, ce la farai e comunque non sei sola." mi risponde, posando la sua mano sulla mia.

Le sono grata per ciò che sta facendo per me, ma ciò che dice non è del tutto vero.

Sono sola. Siamo tutti soli in questo mondo di merda, esattamente come diceva Zulema. Anche chi ha persone accanto, perché se ti trovi a dover affrontare i mostri che hai dentro nessuno ti può aiutare.

E adesso avrò anche dei bambini da crescere, avrò delle grandi responsabilità.

Non posso più auto distruggermi perché significherebbe fare del male anche a loro.

Devo essere forte, però non so come.

"Sai già come li chiamerai?" mi chiede Iris.

"Non so ancora se sono maschi o femmine."

"Ma hai delle idee?"

"Ne ho troppe, è questo il problema."

E iniziamo a parlare di nomi di bambini, così mi distraggo un po' dal mio dolore.

Mi tocco il grembo, accarezzandolo, per far capire ai miei bambini che la loro mamma in qualche modo ce la farà. Per loro e per Zule che si è sacrificata per farli nascere, per lei che si è sacrificata per me.

"Ora devo andare, ho un appuntamento." mi dice Iris, dopo un po'.

"Va bene, divertiti."

"Prenditi cura di te e dei piccolini."

"Lo farò."

Starò bene, staremo bene. Andrà di nuovo tutto bene, prima o poi.

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