Capitolo 24

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POV: Macarena

Sto soffocando.

È una sensazione che conosco molto bene, non è la prima volta che la provo. Ma, non so perché, questa volta è ancora peggio.

Pensavo che niente potesse essere peggiore di un giro in lavatrice. Mi sbagliavo.

Sono immersa sott'acqua, non so nemmeno come sono finita qui. In realtà, non so proprio dove mi trovo.

Sono in un buco nero in mezzo al nulla, in un posto pieno d'acqua che mi entra nella gola e nei polmoni.

Provo a nuotare per raggiungere la superficie, ma la superficie non c'è. Non esiste.

Ho sempre pensato al soffocamento come a un grido silenzioso. Una terribile sensazione che ti divora dall'interno, senza permetterti di reagire. Una sensazione che mi ricorda il buio.
Qualcosa mi avvolge, o forse qualcuno.

Non lo so, non capisco e mi sento confusa.

Ho paura, perché è come se tutto il mondo fosse sparito e io mi trovassi in una strana realtà parallela simile al "Sotto-Sopra" di Stranger Things. Serie tv che, ovviamente, ho proibito di vedere ai miei figli.

I miei figli! Dove si trovano? Dove sono?

E Zulema? E Iris?

E io dove cazzo sono finita? Perché mi trovo qui? Cosa sta succedendo?

Provo a nuotare, però qualcosa mi trascina a fondo. Sempre di più, ogni istante che passa.

Vorrei solo uscire da qui, vorrei solo tornare a casa. Vorrei solo cucinare, giocare con i miei figli, baciare Zulema. E respirare.

"Dove credi di andare, detenuta?"

Sento la voce di Sandoval e improvvisamente mi ritrovo dentro a una gabbia. Adesso respiro e il mio corpo si sta rilassando, però non so se questo sia un buon segno.

Forse quello stronzo mi ha drogata per fare di me ciò che vuole, come ha fatto quando ero in coma dopo essere stata nella lavatrice. Ho solo dei flash, perché ovviamente non potevo essere del tutto cosciente, ma credo che mi abbia violentata. O comunque mi ha fatto qualcosa, qualcosa che io non mi ricordo, ma che rimarrà sempre inciso in qualche angolo remoto del mio inconscio.

Chiudo gli occhi e inizio ad urlare. Ho bisogno di sfogarmi, ho bisogno di buttare fuori tutto.

E quando riapro gli occhi è tutto sparito.

Un suono, tipo un allarme, rimbomba intorno a me. Sento dei rumori e delle persone che mi parlano, però non riesco a capire dove sono.

"Si è svegliata."

"Signorina, ci sente?"

"I suoi occhi non seguono la luce."

"È cosciente però, guarda."

"Signorina, riesce a sentirci?"

"Sì, vi sento." sussurro, con un filo di voce.

Mi spiegano che ho avuto un incidente d'auto e che ora sono all'ospedale, che sono stata in coma per due settimane.

Piano piano inizio a ricordare tutto. La pioggia forte, la signora che guidava malissimo e la mia macchina che precipita in una specie di burrone, con me dentro.

Per fortuna sono viva. Anche se non ci vedo.

Cazzo, perché non ci vedo?

Lo chiedo ai medici, che mi dicono che ho una lesione al nervo ottico. Mi faranno degli esami e mi daranno informazioni più precise, almeno così dicono.

Arriva Iris, che mi accoglie con un entusiasmo indescrivibile. È bellissimo avere un'amica che si preoccupa così tanto per te, un'amica che è più simile a una sorella.

"E Zulema?" le chiedo.

"Sta arrivando."

"Non porterà i bambini, vero? Non voglio che mi vedano così."

"È mattina, loro sono a scuola. E saranno felici di vederti, hanno sentito la tua mancanza."

Poi mi racconta di Zulema, mi dice che si è presa cura dei miei figli e che è stata davvero molto brava, che loro la adorano.

E il mio cuore inizia a battere più forte per la gioia che provo. La donna che amo si prende cura dei miei bambini come se fossero i suoi e so che questo non è scontato. Per nessuno, ma soprattutto per Zulema.

Forse mi ama, mi ama veramente.

E non vedo l'ora di vederla. Cioè, non vedo l'ora che lei sia qui. Non posso vedere niente.

Mi devo ancora abituare a questa mia nuova condizione che, spero, sia temporanea.

Ma per la prima volta non mi lascio prendere dalla tristezza e dalla paura, anzi ringrazio di essere viva. Ringrazio di poter riabbracciare i miei figli, Zulema e Iris.

"Maca, posso dirti una cosa prima che torni mia cugina?" mi chiede la mia amica.

"Devo preoccuparmi?"

"No, al contrario. Volevo solo dirti che Zulema ti ama moltissimo, perché so che lei è troppo orgogliosa e non te lo dirà mai. O forse lo farà, magari non ne ha nemmeno bisogno perché è palese. Insomma, volevo dirti che sono tanto felice per voi e che non avevo mai visto così mia cugina prima d'ora."

"Così come?"

"Così innamorata."

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