‹ Calum. ›
Calum, Calum e ancora Calum.
Calum di qua, Calum di là.
Calum il muto, Calum lo strano.
Calum, stanco di essere additato da tutti.
Calum, che vorrebbe assaporare la vera libertà.
Calum, che in quel momento è faccia a faccia con Ashton, quest' ultimo a dir poco stupito. Stupito di cosa? Che l'altro sia tornato tra i "civili", che ora assomiglia ad un ragazzo normale, che non l'abbia cercato durante quei giorni passati a casa? Ebbene, mio caro Ashton, non c'è niente da stupirsi.
Perché Calum – in quei giorni - non ha fatto altro che pentirsi per il contenuto di quella lettera. Non ha fatto altro che versare lacrime agghiaccianti e silenziose, che si infrangevano al suolo come le onde si infrangono sulla spiaggia. Maestose, autoritarie, e non diventano altro che spuma, sulla riva di una spiaggia desolata, dimenticata da tutti, e da tutto. Non ha fatto altro che estrapolare ricordi di loro, della vita che si erano creati attorno prima che sua madre potesse porre fine a tutto questo. Come gli alberi di ciliegio in primavera, dal quale fiore nasce il frutto, rosso fuoco. E poi quel frutto matura, viene raccolto, per poi essere mangiato da qualcuno. Una vita condotta a soddisfare il piacere degli altri.
Non ha fatto altro che pagare le conseguenze di quell' atto infantile e vigliacco che ha commesso: allontanare da sé stesso la persona di cui si può più fidare.
È uno stolto, Calum. È un bastardo che non pensa, e i bastardi che non pensano meritano di soffrire. Sono i suoi pensieri, ora, mentre lo sguardo da cane bastonato guarda quello di un leone spaventato, ovvero quello di Ashton.
Calum non merita il perdono, Calum non merita di essere amato da Ashton. Semplicemente non.
È una parola dura da dire, ma è composta da tre semplicissime lettere, due delle quali si ripetono.
Come se si fosse appena svegliato dall' incanto, Ashton passa il cibo sul nastro, adocchiando di tanto in tanto Calum, il quale si impegna a mettere la roba nella busta. Ed è così fottutamente seccante, il fatto che nessuno cerchi l'altro.
‹ Nove dollari e ottantacinque centesimi. › Annuncia la voce monotona del cassiere. Calum apre il portafogli, dando ad Ashton una banconota da dieci. Ed è lì che succede, la scarica elettrica. È lì che il polpastrello del dito di Ashton sfiora la mano di Calum. È lì che quei quattro occhi si cercano, chiedono disperato aiuto, esigono un forte bisogno dell' altro. E poi finisce tutto, Ashton che dà il resto a Calum, e lui che mette le monete nella tasca del portafogli.
‹ A te, quindici centesimi.
Arrivederci. ›
Calum si piomba fuori dal negozio, percependo le vene che gli pulsano e gli occhi che si gonfiano.
"Oh, non ancora. Ti prego, non ancora."
Il tempo di salire in macchina, per poi scoppiare in un pianto simile a quello di un bambino, quando la sua caramella cade a terra, frantumandosi in mille pezzi. Scaraventa la busta degli alimentari sul sedile accanto a lui, poggiando la testa sul manubrio. E piange, piange fin quando il cuore non si calma, fin quando il mal di testa non passa, fin quando il ricordo di quell' istante breve ma fondamentale non si allievi un po'.
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‹ Ehy! › La testa mora di Mali – Koa sbuca dalla cucina, la ragazza sorride, andando ad abbracciare il minore.
‹ Il pranzo è quasi pronto, grazie per aver comprato quello che serviva! Ah, ci ho pensato io a Banana, ci penserò a portarlo fuori anche stasera, quindi non devi preoccuparti, okay? ›
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Social Casualty || Cashton. [ #Wattys2015 ]
Fanfic‹‹ Sei un tipo di poche parole; non sorridi quasi mai, ma... ›› Ashton si stringe nelle spalle, e in quell' atto lascia intravedere tutta la dolcezza che possiede nel cuore. ‹‹ ...ma mi piaci. ››