PROLOGO

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Uscì dalla chiesa di corsa. Pioveva a dirotto ma non gli importava. Non gli era mai piaciuta la pioggia, ma in quel momento quasi lo confortava. Rispecchiava a pieno il suo stato d'animo.

Correva come non aveva mai corso prima. Con quel disperato bisogno che solo chi sta scappando da qualcuno o qualcosa può avere.

Lui stava scappando da troppe cose.

Scappava da tutta quella gente che piangeva e lo incolpava, dai suoi amici che cercavano di confortarlo, da tutte le persone che aveva distrutto.

Scappava da quella voce, quegli occhi e quella risata che lo cullavano nei suoi sogni migliori e lo perseguitavano nei suoi peggior incubi.

Scappava perchè era troppo vigliacco per affrontare la realtà e per niente pronto ad accettarla.

Scappava perchè voleva dimenticare tutto, ma i ricordi erano troppi, indelebili nella sua mente e incisi troppo in profondità nel suo cuore.

Scappava dai demoni che da tempo lo inseguivano e dall'oscurità che lo stava inghiottendo.

Scappava da tutto e tutti e, soprattutto, scappava da sé stesso.

Correva stringendo in mano una lettera che non avrebbe mai avuto il coraggio di leggere. Sapeva che se l'avesse letta, tutto sarebbe diventato ancora più impossibile da sopportare e sarebbe caduto in un profondo abisso buio senza più forze per rialzarsi.

Era così preso dai suoi pensieri da non accorgersi di essere arrivato. Il vecchio edificio si ergeva davanti ad esso e sembrava più triste e abbandonato del solito quel giorno. Si avvicinò al vecchio portone cigolante e lo spinse velocemente. Entrò dentro e si affrettò a salire i vecchi e polverosi scalini. Quando arrivò al quinto e ultimo piano, aveva il fiatone e gli doleva il fianco destro. Andò verso l'unica porta del piano e l'aprì uscendo nella grande e ormai familiare terrazza che da tempo era il suo nascondiglio. Si avvicinò al cornicione e guardò in basso. Le macchine sfrecciavano nell'asfalto bagnato e qua e là c'era qualche pedone che correva con in mano l'ombrello.

Si sedette a terra con le ginocchia al petto e inspirò profondamente. Era bagnato fradicio e iniziò a tremargli il labbro e a sentire freddo.

Guardò la lettera che stringeva ancora i mano e, per fortuna, notò che non era molto bagnata.La mise nella tasca della felpa sotto il giubbotto e poi si prese la testa tra le mani.

Gli occhi gli bruciavano e la vista gli si offuscò, segno che le lacrime stavano per uscire. Non piangeva da tanto, troppo tempo. Cercava sempre di essere e soprattutto apparire forte. Ma non questa volta.

Non provò nemmeno a fermare le lacrime che gli uscirono dagli occhi rigandogli le guance.

Restò così per molto, forse anche troppo, tempo. Le ginocchia al petto, la schiena appoggiata al cornicione della terrazza, le lacrime che facevano a gara tra di loro sul suo volto, i singhiozzi spezzati che uscivano dalla sua bocca e la pioggia che lo bagnava.

Si era arreso. Aveva smesso di scappare.

Fu proprio allora che l'oscurità lo raggiunse e i demoni lo accerchiarono ridendo malignamente.

Maybe it was love||Luke Hemmings||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora