CAPITOLO 1

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La città può nascondere leggende e misteri affascinanti, se solo si facesse più attenzione e si ascoltasse con maggiore intensità.

Quella sera Virginia decise di accettare la proposta delle sue amiche: uscire per bere qualcosa.

Solitamente rifiutava perché, più di una volta, si era sentita esclusa e non a suo agio. Odiava sprecare i giorni della sua adolescenza, ma nello stesso tempo non trovava ubriacarsi un passatempo degno di tanta importanza. In quel momento, però, sentiva l'esigenza di fare qualcosa di diverso dalla sua solita routine. Ogni cellula del suo corpo era elettrizzata al solo pensiero di vivere la città notturna.

Dopo essersi preparate, lei e due sue amiche, uscirono scontrandosi con il freddo pungente dell'autunno che tramutava in inverno. Virginia si rannicchiò nel suo cappotto nero, mentre si pentiva di aver indossato un vestito così leggero quanto corto. Salirono sul primo pullman dove, fortunatamente, trovarono posto con molta facilità.

"Avete presente il ragazzo con cui mi sentivo?" domandò la seconda ragazza. Quando le altre due annuirono, continuò: "Ieri mi ha scritto di vederci, ma sinceramente non mi convince molto".

"Perchè dici così? Ha detto qualcosa di strano?" chiese la prima.

Le voci delle due ragazze iniziarono a mischiarsi ai brusii della gente che saliva, sempre più numerosa, sul mezzo. Virginia annuiva in segno di approvazione in modo assente mentre si concentrava a vedere la città dal finestrino. Non ha mai amato Torino. Forse perché ci viveva da ormai diciannove anni, ovvero da tutta la sua vita, ma non poteva negare che fosse magica. Se si osservava bene, con occhi attenti, si poteva notare quanto fosse bella: piena di arte e storia. L'alone di mistero che emanava, soprattutto di sera, l'aveva sempre affascinata.

Dopo aver preso il secondo pullman, arrivarono finalmente in Piazza Vittorio: la piazza più acclamata e popolata dai giovani nei weekend. Era affiancata, ai due lati, da locali con tavolini esterni, dove moltissimi ragazzi bevevano e chiacchieravano, non curanti del clima gelido. Subito dopo il ponte Vittorio Emanuele I, dove passa il fiume Po', erge la Gran Madre, simile al Pantheon, in tutta la sua bellezza. Davanti ad essa, ai lati, si possono osservare due statue: una con una croce e l'altra con una coppa simile al Sacro Graal. Infatti, si narra che esso sia proprio nascosto lì, ma che non vi siano prove per dichiararlo con certezza.

"Virginia, sei con noi? Tutto bene?" chiese un ragazzo del gruppo.

"Si, scusate, ero sovrappensiero"

Decisero di sedersi ad un tavolo per bere qualcosa e parlare. l'attenzione di Virginia, però, era rivolta sulla collina vicino alla Gran Madre, dove si innalzava una chiesa: la Chiesa di San Maria del Monte dei Cappuccini, costruita tra il 1583 e il 1656, illuminata da luci artificiali e circondata dalle tenebre. Da lì si può vedere tutta Torino, ed è una meta perfetta per i turisti e non.

Le conversazioni continuavano, Virginia partecipava più che poteva, ma molti discorsi non erano la sua specialità, quindi si limitava ad ascoltare e annuire. Quello non era il suo ambiente, si sforzava di integrarsi per non essere esclusa, ma ciò le costava molta energia.

Verso mezzanotte e mezza il gruppo decise che era ora di incamminarsi verso la discoteca.

"Ragazzi, io non vengo, non mi sento tanto bene." mentì Virginia sfoggiando una faccia stanca e passandosi una mano sullo stomaco.

"Cos'hai?"

"Non saprei, forse mi ha fatto male qualcosa che ho mangiato."

"Veniamo con te, non possiamo lasciarti da sola." replicarono le due ragazze.

"No, davvero, non voglio rovinarvi la serata. Voi andate e divertitevi."
"Ne sei sicura?" chiesero.

Dopo aver annuito in segno di approvazione, si divisero.

Prese un gran respiro mentre si incamminava verso i portici ormai poco illuminati ma ancora gremiti di gente, fino ad arrivare in Piazza Castello. Osservò la città immersa completamente nella notte ma ancora viva, mentre qualche bambino giocava con le fontane al centro della piazza prima di essere trascinato a casa dai genitori. Si sedette su una panchina proprio davanti al Palazzo Reale, il cuore della corte sabauda. Amava quel posto, le ricorda la storia ormai passata, la magia di quella città. Chiuse gli occhi lasciandosi trascinare dalla brezza della stagione, circondandosi del silenzio quasi assordante, interrotto solo dai pochi ultimi pullman. Riaprì gli occhi distogliendo lo sguardo dalla facciata illuminata. Si sentiva osservata. Un uomo vestito di nero sedeva a poca distanza da lei e la scrutava. Si strinse di più nel suo cappotto, sia per il freddo sia per un brivido che le percorse la schiena. Il suo battito cardiaco si faceva lentamente più veloce. Non riusciva a vederlo in volto, avvolto da una giacca nera con cappuccio. Pensò che non fosse l'ideale tornare a casa da sola, soprattutto vestita in quella maniera.

Prese il telefono e, con le dita irrigidite per il freddo, scrisse: "Papà, sono in Piazza Castello. Potresti venirmi a prendere?"

Dopo pochi secondi il telefono vibrò:

"Ci vediamo in Piazza Solferino tra quaranta minuti."

Rivolse un'ultima occhiata al palazzo e si incamminò verso la destinazione stabilita. L'andatura era rapida, osservando quelle strade che, prima d'ora, aveva visto solo di giorno. Conosceva qualche leggenda su Torino. La più conosciuta afferma che questa città fosse uno dei tre vertici sia di magia nera che di quella bianca: molti ci credono, altri pensano siano storielle; Virginia non esclude nulla. L'unica cosa che sapeva è che probabilmente qualcosa di magico c'era davvero.

I piedi le dolevano a causa delle scarpe troppo alte. Era tentata di toglierle, ma non apprezzava l'idea di andare in giro scalza.

Immersa nelle sue riflessioni non si rese conto che ormai era arrivata nel posto indicato. Si avvicinò alla Fontana Angelica e ripensò alla sua lezione dell'università di storia: tale monumento era stato commissionato dal Ministro Bajnotti per commemorare i suoi genitori. Inaugurato nel 1929, l'opera rappresenta quattro figure, due femminili e due maschili: le stagioni. Le prime due, l'estate e la primavera, impersonificano l'aspetto sacro e profano dell'amore: virtù e vizio; nonché l'espressione della conoscenza che, nell'aspetto esoterico, è comprensibile solo a pochi indiziati. Gli altri due, l'autunno e l'inverno, incarnano Boaz e Joaquim, guardiani delle colonne di Ercole. Tra i due si crea un varco rettangolare, ovvero la strada che porta alla conoscenza, dove trabocca acqua.

Virginia osservava il monumento, ricordando di aver sentito da qualche parte che l'arco divideva il nostro mondo da un'altro. Da piccola avrebbe tanto voluto attraversarlo, disinteressandosi delle conseguenze. Quella sera, però, si sentiva più temeraria del solito. Guardò l'ora: 1:15; suo papà sarebbe arrivato lì da un momento all'altro. Si osservò intorno per accertarsi di essere completamente sola. Prese coraggio e scavalcò il bassissimo recinto di metallo che costeggiava la fontana, fino ad arrampicarsi sul muretto tra le due figure maschili. Il suolo era bagnato dall'acqua che aveva sgorgato fino a quel momento. Respirò a pieni polmoni sentendosi, per una volta, veramente viva. L'aria era fredda, pungente, aveva le mani doloranti e gelide, ma si sentiva bene. Constatò, come aveva ovviamente previsto, che la leggenda era, per l'appunto, solo quello: una leggenda. Trovò saggio scendere da lì prima che qualcuno la vedesse. Nel momento in cui si girò, perse l'equilibrio e cadde all'indietro, nel vuoto. Chiuse gli occhi e trattenne il respiro, preparandosi all'impatto con l'acqua gelata della fontana. La sua schiena, però, cadde su una superficie dura: un prato. Emise un respiro di lieve sofferenza. Quando Virginia aprì gli occhi, alquanto frastornata, notò che la fontana era sparita. 


IL PORTONE DEL DIAVOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora