CAPITOLO 13

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Passarono quasi due ore tra insegnamenti teorici e pratici. Virginia cercò di fare del suo meglio per imparare. La sera successiva ci sarebbe stato un evento e voleva far fare buona figura a Margherita, come ringraziamento per ciò che lei e Marco stavano facendo. Era difficile memorizzare tutto e applicare ogni correzione contemporaneamente, ma si stupì di sé stessa e della sua rapida apprensione.
“Eccoli! Pensavo non voleste più uscire dalla vostra tana.” sentenziò Margherita rivolta ai due ragazzi che le onoravano della loro presenza.
Entrambi presero posto al tavolo come capotavola.
“Avevamo molto di cui parlare.” replicò Marco.
Virginia rivolse la sua attenzione a destra notando che Adrien la fissava. Lui le sorrise e lei ricambiò con gentilezza. Tuttavia c’era qualcosa nel suo sguardo che la metteva a disagio costringendola a guardare altrove. Quella strana sensazione rimase anche mentre aiutava Margherita a preparare il pranzo e mentre discuteva con i ragazzi di letteratura.
“Ritengo che Shakespeare sia eccessivamente sopravvalutato.” disse Adrien.
“Come puoi affermare ciò? Shakespeare è uno dei drammaturghi più illuminanti dell’epoca.” replicò Marco.
“Intendi dire uno dei più comuni. Prendiamo “Romeo e Giulietta”, ad esempio, due minorenni che non possono passare la vita insieme e che alla fine decidono di togliersi la vita. Quale morale dovrebbe mai ispirare?”
“Mademoiselle Gastaldo, lascio la parola a voi per commentare tale scempio.” disse Marco allungando il braccio in modo teatrale.
“Rispondo a tale argomentazione con molto piacere, Signor Ferraris.” Virginia si asciugò le mani e si voltò verso i due ragazzi. “Vede, Signor Morel, Shakespeare è un illustre genio che scrisse l’opera più famosa del mondo con lo scopo di rappresentare l’amore passionale. Quell’amore giovanile che ti porta a commettere azioni sciocche e drammatiche. Due giovani che si innamorano a prima vista e che vanno contro ogni valore e contro la propria famiglia pur di stare insieme. Meglio perdere la vita che perdere quelle uniche sensazioni che ci fanno sentire davvero vivi.”
Il silenzio calò nella stanza. Adrien rimase a bocca aperta, Margherita smise di cucinare e Marco la guardava con assoluta fierezza. Il suo sorriso valeva più di mille stelle cadenti.
“Non avrei saputo dire di meglio.” disse Marco.
“Va bene, mi arrendo. Ma questa coalizione è scorretta.” obiettò Adrien.
“Simplement perchè non ti piace avere torto.”
Adrien sbuffò provocando una risata in tutti e tre.
“Ora sedetevi e chiudete la bocca per cinque minuti. Il pranzo è pronto.” reclamò Margherita portando i piatti al tavolo aiutata da Virginia.
Mangiarono immersi nel silenzio eppure la mente della ragazza vorticava sulla “promessa” fatta a Marco: rimanere a casa. Avrebbe voluto e potuto dissentire, obiettare; tuttavia è stata zitta e aveva accettato. Forse sarebbe stato meglio parlargliene, dirgli che la sua idea era assurda. L’avrebbe fatto quando non ci sarebbero stati Adrien e Margherita a portata d’orecchio.
“Tante, mi accompagneresti più tardi a terminare le ultime commissioni per domani sera?”
Margherita si alzò per sparecchiare. “Volentieri. Dovevo giustappunto fare delle compere.”
Virginia guardò Marco sperando che lui la invitasse con loro. Le avrebbe fatto piacere uscire un po’ e visitare la città sconosciuta. Oltretutto non andava contro ciò che lui le aveva detto: era in compagnia.
Lui ignorò il suo sguardo enunciando: “Adrien ti dispiacerebbe fare compagnia alla mademoiselle finchè non torniamo? Nelle mie stanze ci sono gli scacchi, potete intrattenervi con quelli.”
La ragazza lo guardò corrugando la fronte. “Non so giocare a scacchi”
“Vorrà dire che imparerete”
Il suo tono era fermo eppure i suoi occhi le chiedevano di non ribattere ulteriormente.
“Non c’è nessun problema. Io e la signorina passeremo uno splendido pomeriggio.” intervenne Adrien rivolgendo un sorriso alla ragazza. Lei lo ignorò.
“Mon ami, ti chiederei solo di non farle lasciare questa casa.” Marco osservò l’amico che ricambiò con uno sguardo confuso. “Il freddo potrebbe peggiorare l’influenza della signorina.”
“A me sembra che stia bene.”
“E’ molto brava a nasconderlo. Vero mademoiselle?”
Lei gli lanciò uno sguardo severo ma annuì leggermente.
“Bene, allora andiamo a prepararci.” disse Margherita verso il nipote per poi dirigersi nella propria stanza. Marco la seguì lasciando Virginia e Adrien da soli.
La ragazza butto fuori l’aria che non si era accorta di star trattenendo, rilassando i muscoli.
“So che non gioite all’idea di passare con me il pomeriggio in casa.”
Virginia si voltò verso il ragazzo dagli occhi azzurri che guardava fuori dalla finestra, assaporando ogni raggio di luce che gli baciava la pelle. “Non è come credete, mi fa piacere stare in vostra compagnia.”
Mentiva. Adrien le metteva ansia e non ne comprendeva il motivo. Il suo sguardo oceanico nascondeva qualcosa di più profondo e oscuro.
“Sappiamo entrambi che non è così. Forse, passando del tempo insieme, riuscirò a farmi apprezzare maggiormente da voi.”
Un sorriso tirato le comparì sul viso. Virginia raggiunse il ragazzo alla porta-finestra. Il giardino era irradiato di luce, sembrava un paradiso idilliaco.
“Qual’è il reale motivo per il quale Marco è così timoroso di farvi uscire di casa?” chiese Adrien volgendo tutto il corpo verso di lei e appoggiandosi con disinvoltura al muro.
“Cosa intendete dire?”
“E’ evidente che scoppiate di salute, perciò cosa c’è sotto?”
Il cuore di Virginia iniziò a battere più rapidamente e sperò che ciò non fosse visibile. Non amava mentire, non era mai stata brava ad inventare storie che alterassero la verità. Tuttavia iniziava a comprendere che in quelle circostanze era necessario, anche più di una volta. Oltretutto doveva ammette che stava diventando davvero brava a inventare scenari.
“Non amo particolarmente il freddo e tendo ad ammalarmi facilmente”
Si stupì della sua voce ferma.
Adrien la osservò con attenzione. Il suo sguardo la metteva in soggezione, sentendo le guance avvampare. Il cuore non accennava a rallentare. Ogni cellula del suo corpo voleva sottrarsi da quegli occhi azzurri eppure sostenne lo sguardo.
Qualcuno si schiarì la gola interrompendo il contatto visivo. Entrambi si girarono verso l’ingresso dove Margherita e Marco erano pronti per uscire. Quest'ultimo aveva assunto una postura rigida: la mandibola contratta, le braccia incrociate e lo sguardo indagatore.
“Noi usciamo, torneremo tra qualche ora. Voi fate come se foste a casa vostra.” disse Margherita sistemandosi la chioma riccia sotto un ampio cappello.
Virginia e Adrien annuirono.
Marco rivolse loro un’ultima occhiataccia prima di seguire la zia fuori dalla villa.
“Abbiamo un paio d’ore da dover occupare. Cosa vorreste fare? Vado a prendere gli scacchi?”
La ragazza annuì distratta rimanendo sola nella stanza. Perché Marco si era comportato in maniera così strana? Sembrava quasi infastidito, ma a cosa era dovuto? Si rese conto che si stava affidando ad una persona che in realtà non conosceva. Lui non sembrava intenzionato ad aprirsi con lei anche solo per instaurare un legame di fiducia. Eppure sembrava seccato ogni qualvolta Adrien le si avvicinasse.
“So che non sapete giocare, non vi preoccupate vi insegnerò io. Alla fine abbiamo un intero pomeriggio.”
Adrien entrò nella cucina sorridendo e ammiccando mentre posava la scacchiera sul tavolo di legno.
Iniziò a spiegarle passo dopo passo le regole e la funzione delle singole pedine aggiungendo, dove necessario, dimostrazioni. Ci volle qualche minuto prima che Virginia le memorizzasse e potesse giocare senza troppe difficoltà. Il tempo passava e le vincite di Adrien aumentavano.
“Allenati e un giorno forse riuscirai a battermi” disse lui ridacchiando.
La ragazza sollevò gli occhi al cielo.
“Quando ero piccolo ci giocavo spesso con mio papà. Era l’unica cosa che ci legava.”
Virginia osservò il ragazzo di fronte a lei che contemplava  la scacchiera come se potesse rivivere ogni momento passato. Le stava davvero raccontando qualcosa di personale pur conoscendosi da così poco?
“Dov’è ora?”
“E’ rimasto in Francia per lavoro. Mia mamma l’ha raggiunto qualche anno fa.”
“Non andate mai a trovare la vostra famiglia?”
I suoi occhi incontrarono quelli di lui: tristi, malinconici.
“Ormai non li vedo da tanto. Il rapporto tra me e mio padre è mutato molto negli anni.”
Percepire il dolore in quelle brevi frasi pronunciate portarono la ragazza a non continuare con le domande. Il silenzio pieno di tensione calò tra di loro.
“Che lavoro fate?” chiese Virginia per cambiare argomento.
“Quando capita aiuto Marco con il consiglio.”
“E nel tempo libero?”
Adrien la guardò con un sorriso ammiccante. “Voi fate troppe domande. Dovrete scoprirle voi stessa se desiderate togliervi questi dubbi. Sapete, ci sono davvero tantissime cose che ancora non conoscete di me.”
Il modo in cui pronunciò l’ultima frase provocò un brivido lungo la schiena della ragazza. Virginia si alzò dalla sedia rischiando di farla cadere a terra.
“Ho bisogno di aria.” annunciò.
“Non possiamo uscire dalla casa, ma volendo c’è il giardino.”
Virginia annuì precipitandosi ad aprire la finestra e mettendo il primo piede fuori dalla tenuta. Il vento freddo ma piacevole le accarezzava i capelli mentre il sole le riscaldava la pelle.
Fece un grande respiro chiudendo gli occhi, assaporando la libertà.
Sussultò quando Adrien le poggiò la sua giacca sulle spalle. Lo stesso gesto che fece Marco la prima volta che la vide. Un ricordo che le faceva venire ancora le farfalle nello stomaco.
“Copritevi, altrimenti Marco se la prenderà con me se vi ammalate.”
Virginia gli sorrise come ringraziamento.
Rimasero in piedi in silenzio ad ascoltare i rumori della città che si mischiavano a quelli della natura: il cinguettio degli uccellini, le persone che chiacchieravano passeggiando, il suono del vento tra i rami degli alberi.

IL PORTONE DEL DIAVOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora