CAPITOLO 14

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Virginia, ancora confusa dalle parole di Adrien, entrò in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle. 

Mentre si toglieva i gioielli e le scarpe, notò qualcosa sul suo letto: un fiore, che non riuscì a identificare, e una lettera.

Quest’ultima citava, con una calligrafia elegante:

“Petite sorcière, questo gesto è per scusarmi dei miei modi bruschi. E’ difficile per me ammettere di essermi affezionato così velocemente a te, perchè questo implica dover abbassare le difese create per anni. Eppure, dal primo momento che ti ho vista, ho notato in te una scintilla che ancora non so spiegarmi, ma che mi ha folgorato. So di essere talvolta possessivo, ma con gli anni mi è sempre stato più difficile affezionarmi a qualcuno e, quando capita, è arduo fingere che non m’importi. 

Insieme a questa lettera puoi trovare un giglio giallo. Esso rappresenta la spensieratezza. Con la speranza che tu possa sentirti in tale modo in mia presenza.

                                            -Tuo, Marco”

La ragazza rilesse la lettera ancora una volta, analizzando ogni singola parola e pensando a quanto gli sia stato difficile aprirsi così tanto con lei. Apprezzava il suo gesto e il suo modo di essere sincero, la premura di assicurarsi che lei potesse sentirsi a suo agio in sua presenza. 

Virginia sorrise a tal punto che le dolevano le guance. Non si era mai sentita così felice prima d’ora. Lì era accettata, amata e apprezzata perché era semplicemente sé stessa. Si prendevano cura di lei e si preoccupavano se stava male. Forse non le dispiaceva rimanere in quel posto, con loro…

No. Non poteva davvero pensarla così. Non poteva semplicemente dimenticarsi della sua vera vita, dei suoi genitori. Anche se nella sua epoca soffriva, non poteva cancellare tutto.

Scuotè la testa scacciando ogni pensiero.

Mise la lettera e il fiore nel libro sul comodino e si affrettò a cambiarsi per la notte.

Il mattino seguente si svegliò con un lieve mal di testa che costrinse Virginia a passare i seguenti venti minuti nel letto ad osservare il sole entrare dalla finestra. Aveva bisogno di una pausa, starsene tranquilla a leggere o dipingere. Tutto il caos quotidiano di quei giorni la stava sfinendo. 

Alla porta bussarono in modo leggero. Non era sicuramente  Margherita, la cui caratteristica era entrare in modo brusco e buttarla giù dal letto.

La ragazza non si sforzò nemmeno di mettersi seduta composta prima di dire: “Avanti.”

La porta si aprì lentamente, mostrando la figura robusta di Marco.

“Ti disturbo?” chiese in modo timido rimanendo sulla soglia.

“Assolutamente no, entra pure.” Questa volta Virginia si appoggiò alle testiera del letto, osservando il ragazzo avvicinarsi a lei e sedersi sul letto ai suoi piedi.

Indossava abiti comodi: pantaloni marroni e camicia sbottonata a livello del colletto.

“E’ successo qualcosa?” domandò la ragazza.

“No, tutto bene. Ho solo pensato di venirti a svegliare io aujourd'hui.”

“Come mai? Solitamente è Margherita che si preoccupa di svegliarmi con delicatezza.”

Marco rise. “Mia zia sta per andare a prendere un tè con alcune amiche per chiacchierare del ballo di stasera.”

Virginia fece versi di lamentela. “Mi ero dimenticata del ballo. E Adrien dov’è?”

IL PORTONE DEL DIAVOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora