CAPITOLO 5

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Il sole illuminava la sontuosa stanza dove Virginia iniziava pian piano a risvegliarsi. Aprì lentamente gli occhi e si stiracchiò, guardando il soffitto decorato con fiori e foglie di ogni tipo.

Il fuoco nel camino si era spento durante il giorno, lasciando che il freddo penetrasse nelle ossa della ragazza.

Decise di alzarsi, incamminandosi verso il bagno. Le parenti, a differenza del resto della casa, erano semplicemente e tristemente bianche. In fondo alla stanza ergeva una vasca da bagno in quello che sembrava rame, con un asciugamano appoggiato al lato. Il water era proprio lì di fianco e alla destra della ragazza c'era un semplice lavandino in marmo bianco. Sopra esso, uno specchio rimandava il riflesso di una giovane con le occhiaie, la carnagione chiara, le ciglia nere lunghe e i capelli castani leggermente disordinati. Rimase qualche minuto ad osservarsi, mentre i suoi pensieri vagavano ai genitori: saranno preoccupati? La staranno cercando ovunque?

Qualche lacrima le rigò il dolce viso, facendosi strada tra le lentiggini sbiadite. Inspirò profondamente e le cacciò via, aprendo l'acqua calda per farsi un bagno.

Era strano lavarsi con un sapone solido, e sarebbe stato ancora più difficile riuscire a far asciugare i capelli senza phon. Ma in quel momento non voleva pensarci, l'unica cosa che desiderava fare era rilassarsi e lasciar affogare ogni tensione nell'acqua bollente e profumata.

Dopo circa mezz'oretta, finalmente uscì dalla vasca, avvolgendosi con il morbido asciugamano messo a disposizione per lei. Passò nuovamente davanti allo specchio e annuì a se stessa per farsi coraggio, dopodichè raggiunse nuovamente la camera da letto.

Si vestì con ciò che c'era nell'armadio: optò per un semplice abito verde smeraldo con maniche lunghe. La misura era sorprendentemente giusta: il vestito le scendeva in modo morbido fino ai piedi e si restringeva proprio sotto il seno. Indossò le uniche scarpe che vide vicino al letto e uscì dalla stanza. Le magnifiche pareti erano, ora, illuminate dalla luce del giorno che ne risaltava i colori. A pochi metri da lei, si trovava la misteriosa porta chiusa, quella che le era proibito visitare. Allungò la mano, sperando di trovarla aperta, ma ne rimase delusa quando non successe nulla.

La villa era tanto immensa quanto vuota. Sembrava quasi abbandonata, seppur tenuta in ottimo stato. Cercò di ricordarsi la strada che aveva percorso la sera prima con Marco, trovandosi, dopo pochi tentativi, davanti all'imponente porta d'ingresso.

Dei rumori, che attirarono immediatamente la sua attenzione, provenivano dalla sua destra, in una stanza che, la sera prima, non aveva visitato. Seguì il trambusto in punta di piedi, mentre i capelli bagnati le gocciolavano sulla schiena, giungendo fino a quella che sembrava proprio una cucina. La prima cosa che Virginia notò fu una grande vetrata in vetro che ricopriva l'intera parete e che dava al sontuoso giardino. Il camino era acceso, donando atmosfera all'ambiente. Nell'aria si poteva sentire odore di cibo, cosa che le provocò un brontolio allo stomaco.

Marco era concentrato a tagliare verdure e mescolare zuppe, senza badare a lei. La ragazza entrò tranquillamente nella stanza, perlustrando ogni centimetro fino a giungere davanti alla vetrata. Il giardino era immenso, con l'erba ben tagliata e un gazebo leggermente usurato. Il cielo, annuvolato, minacciava di piovere da un momento all'altro.

Si girò ad osservare il ragazzo che ancora non l'aveva notata: la pelle ambrata, i riccioli gli ricadevano sugli occhi, e la sua schiena, larga e robusta, era leggermente tesa. Rimase incantata da quella figura così autoritaria ma nel contempo fragile, almeno finchè essa non si girò.

"Merd!" imprecò il ragazzo portandosi brevemente una mano sul petto e sorridendo. "Mi avete spaventato."

"Mi dispiace. Non volevo disturbarti." replicò lei ricambiando con una risata.

IL PORTONE DEL DIAVOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora