"La mia vita fa schifo"

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Misha era seduta sul letto ad aspettare Columbia che si stava vestendo nel bagno.
A Misha, l'altra ragazza, le aveva dato qualcosa di più decente e più stretto, non come quella tuta informe e che le andava venti volte più larga.
< Hey, a cosa pensi? > chiese Columbia uscendo dal bagno, si era fatta lo shampoo, aveva i capelli evidentemente bagnati con alcune goccioline che cadevano e si andavano ad impregnare nella felpa.
< Che sei bellissima > disse semplicemente quasi arrossendo.
L'altra sorrise e le si avvicinò stampandole un lieve bacio sulle labbra.
Erano come droga e lei, era completamente dipendere.
< Tu di più > disse dandole un ulteriore bacio.
< Dovremmo quasi scendere di sotto > continuò la più grande.
< Perché che ore sono? >
< Quasi l'una, fra poco si mangia > rispose passandosi la mano sullo stomaco quasi per dire "pancia mia fatti capanna'.
Misha la guardava incantata, per quanto l'altra potesse essere stupida a lei piaceva da matti.
Si alzò dal letto prendendole la mano ed avviandosi di sotto.
Misha sorrideva, si sentiva bene ed era felice per la prima volta da tanto.

< Signora vuole una mano? > chiese entrando in cucina; Mary la guardava impaurita perché non sapeva come comportarsi, non riusciva ad essere normale dopo quella notizia.
< Quante volte ti ho detto di chiamarmi Mary? > rispose cercando di abbozzare un sorriso.
< Si, ha ragione, mi scusi. > disse, poi calò il silenzio; fu proprio Misha a romperlo.
< So che non riesce a far finta di niente, capisco l'inopportuna notizia il giorno di Natale, e di questo mi scuso, non l'avevo previsto >
< A me dispiace di non averlo saputo prima e di non averti aiutato, in un certo senso >
< È proprio questo che non volevo, farvi pena, forse è questo il vero motivo del mio silenzio > replicò scuotendo la testa.
< Tu non mi fai pena, penso solo che sia orribile perdere i genitori a diciassette anni. I miei genitori sono morti quando io ero già sposata eppure è stata difficile affrontarla. > Mary si incupí ricordando anche la sua esperienza e si avvicinò un pó a Misha che rispose < Già, è difficile > mentre alcune lacrime le scendevano lungo il viso.
< Oh piccola, vieni qui > fu in quel momento che Misha sentì l'amore materno che tanto aveva desiderato; Mary l'abbracciava forte, mentre anche lei iniziava a piangere.
Si era creata una bella situazione. Quel pianto esprimeva amore; amore per qualcosa di perso, quello della famiglia, amore per qualcosa di ritrovato, quello materno, e infine amore per qualcosa di nuovo, quello che provava per Columbia.
< Perché non mi racconti un pó com'è successo? > chiese Mary staccandosi dall'abbraccio.
Nello sguardo di Misha si leggeva malinconia e paura di ricordare ancora.
< Io...non so se sia il caso > rispose imbarazzata.
< Dovresti parlarne, almeno per liberati da questo peso che porti dentro da tutto questo tempo > disse sorridendo, ma Misha non le rispose, la guardava solamente mentre nella sua mente si contrapponevano due pensieri contrastanti; parlarne o non parlarne?
< Quando vuoi, io sono qui, soprattutto se hai bisogno di un supporto quasi materno > continuò Mary mentre disegnava delle virgolette con le dite alla parola: materno.
< La ringrazio, ci penserò > rispose mentre, uscendo dalla cucina, cercava la sua ragazza.
A quel pensiero; al pensiero che ora era la SUA ragazza arrossí immediatamente bloccandosi nel salotto.
< Hey che succede? > chiese Columbia notandola.
Misha la guardò sorridendo e rispose < Stavo pensando che... che ora sei la mia ragazza > il suo sorriso si allargò sempre più, quasi con l'intensione di assomigliare a Joker di Batman.
Anche l'altra sorrise mentre avvolgeva le sue braccia attorno al bacino della fidanzata baciandola.
< Voglio raccontarti la mia storia > disse ad un tratto Misha rimanendo ancora abbracciata all'altra.
La più grande spalancò gli occhi dalla sorpresa e accennò un piccolo sorriso mentre le annuiva.
< Allora dopo pranzo > disse stringendola di più.

La signora Harbot, quel giorno, il giorno di Natale preparò una tavolata forse addirittura più piena della sera precedente, e questo aspetto le piaceva da matti.
Prese di tutto, un pó di pasta al forno, un pó di focaccia, della carne, del purea; a lei piaceva mangiare e alla famiglia Harbot piaceva la spensieratezza di quella ragazzina che sembrava fragile, ma in realtà era la più forte di tutti, riusciva a tenersi tutto dentro, tutto il male subito e tutta la sofferenza, solo per non vedere le altre persone tristi per mezzo suo, e se questo non è coraggio non so cosa lo sia.

< Ed infine ecco il dolce > disse allegra Mary mentre poggiava al centro della tavola i calzoncelli.
Erano forse il dolce preferito di Misha, adorava prepararli con la nonna che le insegnava ogni trucco.
Erano un tipico dolce Natalizio che si tramandava da tempo nella sua famiglia, era simile ai ravioli, ma dolci, con crema di castagne, cioccolato fondente e nutella, una vera bomba.
< Ancora? > dissero in coro tutti, tranne la piccola Misha che si buttò a capofitto in quel vassoio mangiandone due o forse tre immediatamente.
Tutti la guardavano impressionati, < Veramente hai tutto questo spazio? > chiese incredula Jenny, la sorellina di Columbia.
< Ma sono buoni > disse imbarazzata la ragazza stando attenta a non sputare briciole mentre parlava.
Era vero, era l'unica che li aveva toccati, gli altri li guardavano desiderosi ma non avevano neanche un pó di spazio nello stomaco.
< Non è vero quello che dicono su internet > disse Columbia ad un tratto.
< E cioè? > chiese incuriosito il fratello.
< Che c'è sempre spazio per il dolce perché abbiamo lo stomaco del dessert > disse ridendo fra se e se.
Ma fu l'unica a ridere a quella battuta, se può essere considerata tale.
< No, non è vero > rispose Clara, < sono medico fidati, non lo abbiamo > a quella risposta di Clara tutta la tavolata iniziò a ridere; quella ragazza a volte sembrava scesa dalle nuvole, diceva cose praticamente ovvie pensando davvero che qualcuno non le sapesse.

Finito di mangiare, tra altre risate scaturite dall'innocenza di Clara; Misha e Columbia si appartarono per stare insieme e parlare del passato della più piccola.
< Allora.. > iniziò Columbia.
< Vuoi sapere vero? > disse Misha sorridendo.
< Ovvio >
< Bene, da dove iniziamo? > chiese più a se stessa che all'altra.
< Parlami dei tuoi genitori e dell'incidente > disse incerta sull'ultima parola.
< Bhe, non c'è molto da dire sui miei genitori, solo che erano fantastici, mi accettavano per qualunque cavolata facessi, pensa che una volta sono tornata a casa con uno scoiattolo che avevo trovato nel parco e loro me l'hanno fatto tenere, poi è scappato ma questo è un piccolo dettaglio > disse sorridendo a quel buffo ricordo.
Alla fine le disse tutto, parlò dei suoi genitori e infine dell'incidente avuto.
Della notte in cui la sua vita finì mentre nasceva il suo incubo peggiore.
Le disse di quando arrivò all'ospedale e conobbe Clara; e, riusci a dirle anche degli zii, non tutto, non tutte quelle cose che le facevano, non tutte le cattiverie.
Le disse solo che in quella famiglia non si sentiva amata e accettata per essere lesbica.
Columbia l'ascoltò; ascoltò ogni sua parola, osservò ogni suo gesto, infine la baciò perché lei l'amava come non mai.

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