GoodNight My Love

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Passati due giorni, la vigilia e il giorno di Natale, Misha capì che era ora di tornare a casa ma solo perché non voleva sentire altre urla e lamenti da parte della zia.
Ultimamente era solo la zia ed AnneMargaret a darle problemi, sia lo zio che Julian erano inerti, si alzavano, andavano a lavorare o a scuola, tornavano, cenavano e poi andavano a dormire, ma in tutto l'arco di tempo che si trovavano in casa non spiccavano parola se non per chiedere dove avesse messo i vestiti la zia Susan o se a tavola, qualcuno passasse l'insalata.

< Io devo andare > disse ad un tratto Misha rivolgendosi a tutta la.famiglia.
< Di già? > chiese Columbia rattristita.
< Si, sono due giorni che non vado a casa, non vorrei si fossero preoccupati > mentì.
< Va bene, ti accompagno > concluse andandosi a prendere il cappotto.
< Arrivederci > salutò e gli altri ricambiarono, chi con un semplice 'ciao' e chi con 'ciao tesoro'.
Si incamminarono, la strada non era ancora stata prevalsa dal buio della notte, ma si stava avvicinando.
C'era ancora un piccolo spiraglio di luce che proveniva da dietro alcune montagne alle loro spalle.

Arrivate davanti casa di Misha, Columbia l'avvicinó a sé baciandola.
Questa volta non fu un bacio casto come quello che aveva riempito le loro giornate fino ad ora, ma uno di quei baci appassionati che convolgevano la lingua.
Quella miscela di saliva che andava da una bocca ad un altra mentre le lingue si muovevano ritmicamente.

< Ci sentiamo più tardi? > domandò Columbia allontanandosi da quelle labbra ma rimanendo ancora abbracciate.
< E come? > chiese l'altra ragazza ricordandosi che non aveva né un cellulare né un computer perché gli zii non volevano che comunicasse col mondo esterno.
< Ah, già, tu non sei tecnologica > rispose ridendo.
< Non è colpa mia lo sai > disse Misha allontanandosi e facendo finta di offendersi.
Columbia a quel punto le si avvicinò e le diede dolci baci sulla guancia facendola sorridere.
< È per questo che ti ho comprato una cosa > disse cacciando dalla tasca del cappotto uno smartphone.
< È quello che avevo prima, l'avevo conservato per qualunque evenienza > continuò mentre glielo porse.
< Proprio che non riesci a stare senza di me > disse quasi ridendo mentre lo prendeva.
< Esatto. Voglio poterti contattare in qualunque momento della giornata, non vederti solo a scuola > affermò la più grande.
< Ha già tutto, whatsapp, facebook, internet e chiamate illimitate, ti manca solo usarlo. > continuò sorridendo.
< Non posso accettarlo > disse ad un tratto Misha ridando il telefono alla più grande che rifiutò scuotendo la testa.
< No, no e no, io non lo riprendo, è il mio regalo pert te >
< Ma non so neanche se ho i soldi per fare la ricarica > replicò.
< Tu non devo preoccuparti di questo. Devi solo rispondermi quando ti mando un messaggio >
< OK > disse infine Misha baciandola
< Questo è il caricabatterie > rispose cacciando un altro filo dal cappotto.
< Quindi ci sentiamo dopo > disse baciandola un ultima volta e allontanandosi.
Rimase alcuni minuti con quell'oggetto in mano, era da tanto che non lo usava sembrava quasi avesse dimenticato tutto.

Entrò cautamente in casa, erano le sette di sera e la famiglia Harrison era intenta a divertirsi e giocare a tombola.
< Oh, guarda un pó chi è tornata > fu AnneMargaret a notarla per primo.
< B...buonasera. > disse timidamente.
< Spero tu abbia passato un buon natale > rispose amaramente la zia.
< S...si > impaurita rispose a zia Susan.
< Bene, ora fila in camera tua e stacci almeno finché non capisci che sei malata > sbottò infine infastidita mettendo un nuovo numero sulla tabella.
Misha corse di sopra, non le importava di quello che le avevano detto, ora voleva solo provare il nuovo cellulare regalatole dalla più grande e sperare di poterle messaggiare.

Il telefono era già acceso, whatsapp attivato e l'unico numero salvato era quello di Columbia con un cuore vicino.
Sorrise a quella vista.
Si girò un paio di volte il telefono in mano. Usciva e rientrava dalla chat della fidanzata aspettando un suo messaggio.
Non voleva essere la prima sperava in una mossa dell'altra che tardava a venire.

Columbia❤: Ti mancavo?
Ecco finalmente il messaggio della più grande che finalmente era arrivato.
Misha: Si
Columbia❤: Anche tu
Cos'è che si potevano dire adesso? Perfino quando stavano insieme, una accanto all'altra, c'erano momenti di silenzio assoluto non sapendo di cosa parlare.
Ed ora? Ora che si trovavano a forse un paio di chilometri di distanza? Quel silenzio era molto più che imbarazzante.
Columbia❤: Già l'ho detto che mi manchi?
Chiese di nuovo; anche Misha sentiva la sua mancanza, come un vuoto dentro di lei incolmabile se non vicino all'altra.
Misha: Si, ma è bello sentirlo ancora, mi fa quasi sentire importante.
Ammise sorridendo tra sé e sé.
Columbia❤: Tu lo sei. Sei la cosa più importante che mi sia mai capitata.
Così iniziarono due ore completamente dedicate a loro, alle loro sdolcinatezze, ai loro sorrisi e risi in camera da sole.
Passò un ora forse prima che qualcuno bussò alla porta della sua stanza.
Sperava che non fosse la zia Susan, non le andava di sentire ancora i suoi lamenti sul comportamento della ragazza.
"Lesbica di qui; Lesbica di qua; Lesbica Lesbica Lesbica." quella parola la zia la usava come fosse acqua, ovunque.
Mentre a Misha le dava fastidio, odiava i pregiudizi e soprattutto quella distinzione tra persone che l'unica colpa che avevano era amare.

< Avanti > disse quasi tremando alla persona che aspettava dietro la porta.
Era Julian, con il suo ciuffo biondo e la felpa rossa.
< Non voglio disturbarti, ma posso parlarti? > chiese gentilmente.
Misha non era abituata a tutta quella gentilezza usata con lei, così, colta alla sprovvista fece cenno di si con la testa.
Si accomodò sulla poltrona vicino al letto respirando rumorosamente.
< È successo qualcosa > chiese ad un tratto la ragazza non capendo il motivo di quella visita.
< Mi dispiace > sbottò all'improvviso, ma Misha non capì, infatti si vedeva dalla confusione dipinta sul viso.
< Mi dispiace di tutto quello che devi affrontare. Non voglio essere cattivo né con te né con altri, solo che non voglio neanche mettermi contro la mia famiglia > cercò di spiegare.
< Non so se crederti > disse Misha.
Ed era la verità, anche se la sua voce sembrava sincera ed i suoi occhi non mentivano, dopo tutto il male che le aveva fatto, lei era ancora un pó restia dal fidarsi.
< Immaginavo, dovevo stupirmi se mi avessi perdonato subito. Comunque sappi che per qualunque cosa, puoi contare su di me. Buon Natale Misha > disse infine uscendo dalla stanza.
Rimase alcuno secondi a guardare la porta chiusa senza capire il senso di quella visita; poi sentì il telefonino vribrare, era un messaggio da Columbia.
Columbia❤: GoodNight my love.
Un grande sorriso si aprì sul suo viso, mentre rispondeva.
Misha: Buonanotte anche a te
Poi chiuse tutto. Spense la luce e nel buio della stanza ancora un pensiero le affiorava alla testa, le scuse del cugino.

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