Come una figlia

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La luce penetrava dalla finestra disturbando il sonno delle due ragazze che, ancora nude ed abbracciate, dormivano beatamente.

Misha si stiracchiò, passandosi una mano sul viso per cercare di allontanare la stanchezza.
< Buon giorno > disse, mentre sbadigliava, alla ragazza accanto a lei.
< Giorno > rispose semplicemente stampandole un bacio sulle labbra.
L'altra sorrise a quel gesto, ripensando anche alla sera precedente.
< Mmh > mugugnó ricordandosi che aveva abbandonato la famiglia Harrison.
< Oh, vieni qui > disse Columbia ad un tratto tirandosi l'altra ragazza a sé e cominciandola a baciare.
< Che ore sono? > chiese Misha tra un bacio ed un altro.
< Le 10 > rispose l'altra guardando il cellulare < Vuoi dirmi cosa è successo ieri sera? > continuò rivolta alla sua ragazza.
Il viso di Misha si incupí, non sapeva se parlarne o no, ma voleva liberarsi da quel peso che le opprimeva la vita ogni giorno.
< È complicato > rispose riflettendo.
< Molto più complicato della scomparsa dei tuoi genitori? > disse cercando di essere il più delicata possibile ricordando quell'episodio.
< Si. Abbastanza > rispose.
A quel punto, Columbia si mise a sedere mentre indossava la felpa.
< Meglio che inizi a parlare > disse quasi minacciosa.
Voleva sapere tutto dell'altra ragazza, ed ogni qualvolta che scopriva qualcosa, c'era altro, molto più importante, che Misha nascondeva.
Anche Misha si sedette su letto incrociando le gambe ad indiano.
Lei rimase nuda, con solo la coperta che la copriva tenendola al caldo.
Iniziò a parlarle di tutta la sua vita.
Le raccontò nuovamente della morte dei genitori e come, da quel giorno, la sua vita era peggiorata.
Il doversi trasferire in un'altra città dove non conoscenva niente e nessuno; l'abbandono dei suoi amici, delle sue cose più care, di tutte quelle fotografie che la ritraevano felice con i suoi genitori.
Il doversi sentire un'estranea anche nella casa in cui abitava, in quella famiglia, nella SUA famiglia, sentirsi costantemente odiata, disprezzata.
L'odio che riempiva la casa quando lei era presente e il dover stare rinchiusa nella sua stanza senza la possibilità di uscire.

Le raccontò tutto; tutto quello che la fece sentire più leggera, più libera.
E sotto lo stupore di Columbia, Misha concluse la sua storia, la sua vita, quegli episodi che si susseguirono facendola diventare quello che era ora, la ragazza timida e impaurita che nessuno calcolava.
< Amore perché non me lo hai detto prima? > chiese Columbia ancora sbalordita da quello appena ascoltato.
< Non mi sembrava il caso di dirti queste cose non molto piacevoli della mia vita > provò a dire Misha, ma Columbia sembrava quasi arrabbiata.
< Quante volte devo dirti che voglio sapere tutto di te, e quando dico tutto, è fottutamente tutto, dalla tua nascita. Voglio poterti capire e amare al meglio > disse cercando di non urlare e non spaventarla.
< Lo so, scusami. Cercherò di dirti tutto da adesso in poi, è che è un pó difficile > rispose avvicinandosi a lei e accoccolandosi tra le sue braccia.
< Se affronteremo le cose insieme, saranno meno difficili > concluse Columbia stringendola a sé.

< Scendiamo, è mezzogiorno ed ho una fame assurda > affermò la più grande liberando Misha dal suo abbraccio.
L'altra annuì solamente, mentre si vestì.

< Buongiorno > disse a gran voce Columbia entrando in cucina.
Mary era già alle prese con i fornelli, mentre gli altri abitanti della casa passavano del tempo, chi a guardare la TV, e chi col cellulare a messaggiare.
< B..buongiorno > disse timidamente Misha.
Solo Mary salutò entrambe immediatamente, gli altri erano sorpresi di vedere quella ragazza lì, dato che erano sicuri di non averla vista entrare la sera precedente.
< Oh, sei tornata a farci visita > disse Clara sorridendo.
< No, è venuta per restare > affermò questa volta Columbia, continuando col dire, rivolta solamente alla madre che la guardava incuriosita, < Dopo ti spiego tutto >.

< Forza, qualcuno vuole aiutarmi per favore > chiese Mary rivolgendosi a tutti i presenti.
Ma solo una persona si offrì, e fu Misha.
A lei piaceva stare del tempo con quella donna, le appagava, in un certo senso, la mancanza della vera madre.

Dopo pranzo, verso le tre del pomeriggio, quando oramai, anche i piatti erano stati lavati e la cucina messa a lucido, Columbia chiamò da parte la madre per parlarle della situazione di Misha, mentre lei, giocava con Jenny alla Wii.

La ragazza raccontò alla madre tutto quello che la mattina la fidanzata aveva raccontato a lei.
Del suo sentirsi estranea, degli zii che non la volevano bene, che la chiudevano a chiave in camera, che la prendevano in giro.
Le disse tutto perché in realtà il rapporto che aveva con la madre era molto di più che una semplice relazione tra madre e figlia, ma era una vera e propria amicizia.
Lei le raccontava tutto, fu la prima a sapere della sua omosessualità, la prima a sapere del suo primo bacio, della sua prima cotta, della sua prima volta.
La madre era una vera e propria amica e sapeva che di lei poteva fidarsi ciecamente.

Alle parole della figlia, Mary rimase sconvolta, sapeva della forza di Misha che doveva affrontare la morte dei genitori mentre era cosi piccola, ma sapere anche questa cosa; che gli zii dove era andata a stare la trattavano così male, bhe, era troppo anche per lei.

Adesso Mary guardava la piccola Misha con occhi diversi, non era più solo la fidanzata della figlia, adesso avrebbe vissuto sotto il suo stesso tetto; sarebbe stata con loro ventiquattro ore al giorno, da ora in poi, l'avrebbe vista come una figlia.

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