Subconscio

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Quella sera, dopo che la cugina AnneMargaret ascoltò il nome che Misha disse, quello di Columbia Harbot, la lesbica della scuola, decise di dirlo alla madre, sapendo che quest'ultima sarebbe andata su tutte le furie appresa la notizia.

< Non è possibile > iniziò a gridare < Non solo dobbiamo accudire quella viziatella del cazzo adesso si scopre che è anche malata > continuò urlando ancora con il marito.

Erano le 10 di sera, e i signori Herrison discutevano animatamente nella loro camera da letto.

Era la stanza più grande della casa, aveva le pareti bianchissime dato che la signora Herrison ogni mese costringeva il marito a ridipingerla.

Sulla destra, appena si entrava nella stanza, c'era un grosso armadio a muro color legno, il letto, invece, si trovava al centro della stanza, il suo stile era moderno e anch'esso era di legno, mentre un enorme quadro si innalzava alle sue spalle, poco più sopra del letto, rappresentava i due nel giorno del loro matrimonio.

< Mi stai ascoltando Shawn? Hai capito che TUA nipote è malata? > la signora Harrison Continuava ad urlare disperata, soffermandosi sulla parola 'TUA nipote' dato che il signor Shawn Harrison era il fratello di Jane Harrison, madre di Misha.

< Susan adesso basta > sbottò d'un tratto il signor Shawn esausto dal continuo parlare della moglie, < Ho sonno, e vorrei dormire quindi adesso basta > continuò spegnendo la lampada sul comodino e mettendosi a letto.

< Buonanotte > disse mentre lasciava la signora Harrison ancora in piedi quasi sbalordita dalla reazione inaspettata del marito che, in genere, non si lamentava mai.

Nell'altra stanza Misha sedeva, al buio, sul suo letto.

Aveva ascoltato tutta la conversazione, come tutti in quella casa e forse, anche nel quartiere.

La zia aveva urlato così tanto da mettere paura. Non riusciva ancora a capire cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto quell'odio da parte della sua famiglia o di quella che presumeva fosse la sua famiglia.

Cercò di addormentarsi tra il silenzio e la tristezza che alloggiavano in quella stanza.

< Principessa svegliati, è tardi >

Era mattino ormai, la luce penetrava dalla finestra abbagliando Misha che stava ancora nel letto.

Assonnata si alzò a fatica e quando si voltò dall'altro lato per vedere l'orario si trovo la tanto sconosciuta con cui aveva ballato al castello seduta su una sedia mentre la osservava.

< Non è possibile > disse ad alta voce Misha quasi spaventata da quella presenza.

< Buongiorno anche a te principessina > disse sorridendo la ragazza.

< Non è possibile > ripeté Misha con più convinzione.

< Già immagino quello che vuoi dire. Come fa questa ragazza creata dal mio subconscio a stare in camera mia? O, come è possibile che sa tutto questo? Ma la cosa davvero importante è che sono le otto e tu stai facendo tardi a scuola >

disse alzandosi dalla sedia e avvicinandosi alla porta della camera da letto di Misha, < Ti aspetto giù, sbrigati > continuò attraversando la porta e scomparendo.

-Stavo sognando giusto?-

si chiese Misha prima di alzarsi di corsa dal letto e prepararsi.

Erano già tutti usciti, chi per la scuola, chi per lavoro, ma nessuno aveva pensato a svegliarla o avvertirla.

Forse non consideravano neanche l'idea che la ragazzina poteva stare male per questo.

Scese al piano di sotto, dove quella bella sconosciuta l'aspettava.

< Principessa vorrei dirle che fuori c'è la sua carrozza ad aspettarla per portarla a scuola, ma non è cosi in questo mondo quindo dovrà correre, e anche molto veloce se non vorrà far tardi > disse ancora la sconosciuta osservando l'orologio appeso al muro.

Le otto e venti, Misha aveva solo dieci minuti per arrivare a scuola; quella ragazza aveva ragione se voleva arrivare in orario doveva iniziare a correre.

Uscì velocemente di casa, ricordando di chiudere bene la porta, e iniziò a correre.

Correva più che mai, sorpassava vecchietti che si sorreggevano al bastone per non cadere, mamme con i figli nei passeggini mentre andavano al parco e altre persone amanti dello sport che si dedicavano ad un pó di fitness prima di andare a lavorare.

Le otto e trentacinque, Misha era in ritardo, non di molto, ma per essere il suo secondo giorno non poteva permetterselo.

Il corridoio era vuoto, oramai tutti gli studenti erano entrati nelle aule, lei era l'ultima.

Aveva chimica alle prime due ore e la classe si trovava al secondo piano, si impegnò a salire le scale il più velocemente possibile, correndo poi nel corridoio del piano e aprendo la porta della classe frettolosamente.

< Lei deve essere la signorina Coleman > disse una signora sulla cinquantina, aveva i capelli legati in uno chignon stretto e un paio di occhiali da vista posizionati sulla punta del naso.

Era seduta dietro la cattedra con il registro di classe davanti a se, evidentemente stava facendo l'appello.

< Mi..mi scusi professoressa > disse Misha, ancora affannata.

< Siediti immediatamente che sto per incominciare la lezione > disse la professoressa mentre si alzava e si dirigeva alla lavagna.

< S-si > disse Misha prima di andarsi a sedere.

La classe era piena, l'unico posto libero era infondo, lontana dal mondo, di nuovo.

Un'altra ragazza era seduta in quel banco, evidentemente escludevano anche lei dalla classe.

< Coleman, il destino ci fa incontrare > disse la ragazza bionda seduta affianco a lei, perché ovviamente chi poteva capitale se non Columbia?!

< Uh, guarda, sono uguale a lei > questa volta a parlare era la sconosciuta del ballo, che, divertita osservava Columbia.

< Quindi è lei la ragazza a cui il tuo subconscio mi ha fatto assomigliare, figo > continuò iniziando quasi a ridere.

A Misha iniziava a darle fastidio, era una voce che lei non poteva eliminare, quella sconosciuta o almeno quella che fino alla sera precedente, era considerata una sconosciuta, era comparsa la mattina e anche se Misha cercava in tutti i modi di non pensarla lei era sempre lì.

Era passata quasi un ora dall'inizio della lezione di chimica e Misha, a causa dei suoi pensieri e di quella ragazza che solo lei poteva vedere, non aveva capito niente di quello che la professoressa aveva spiegato.

Era in evidente difficoltà e il suo viso non lasciava sfuggire nulla. Era confusa e preoccupata.

< Hey Coleman, tutto bene ? > chiese ad un tratto Columbia che, rispetto a Misha, sembrava a suo agio in quella materia.

< Si, cioè..non ho capito molto in realtà > rispose Misha; per la prima volta sincera con se stessa e senza trattar male la compagna.

Columbia sorrise divertita, poi le passò un foglio con una scritta sopra dato che la professoressa si era girata ad osservare.

"Sono un genio in chimica, se vuoi posso darti una mano.

Alle 4 oggi pomeriggio?" la compagna di banco era l'unica che cercava di aiutare Misha. Da quando era arrivata anche se erano passati pochi giorni, nessuno le parlava o rispondeva a qualche suo dubbio, probabilmente la cugina AnneMargaret aveva sparso in giro la voce che lei avesse la lebbra.

"Si, grazie" rispose Misha passando il foglio a Columbia che, leggendo, sorrise più che mai continuando ad ascoltare quella lezione che a lei piaceva tanto.

Castle of GlassDove le storie prendono vita. Scoprilo ora