𝑄𝑢𝑎𝑟𝑡𝑜 𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑜𝑙𝑜 || "𝑽𝒆𝒏𝒆𝒓𝒅𝒊̀"

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Quando Nicolas rientrò, ci volle raccontare come fosse andata la serata, quindi ci riunimmo tutti sul terrazzo ad ascoltarlo:
«E poi De Blanc mi ha presentato Neymar» spiegò.
«Neymar sarebbe il tipo che ti ha macchiato la felpa?» gli feci notare.
«Per tua informazione, Neymar è uno dei calciatori più amati del momento. La gente pagherebbe per farsi versare del caffè addosso da lui» rise.
«Io so solo che te la sei presa con me per una cosa che non ho fatto io» sbuffai.
«Beh, la colpa è stata soprattuto tua visto che non mi ascolti mai» mi zittì «Comunque sia anche lui come me ha appena firmato il contratto. Sembra un tipo a posto, abbiamo chiacchierato un po'»
«Cerca di farteli amici Nicolas, o ti renderanno la vita impossibile in campo. L'invidia non è mai troppa di questi tempi» gli consigliò babbo.
«Non mi importa di farmeli amici, ma di andarci d'accordo in campo si. Mi farò voler bene, vedrai. E visto che anche lui fa fa parte dei "nuovi" sarà più semplice farmelo amico»
«Sei entrato al PSG da nemmeno un giorno e giochi già di strategia?»
«Bianca, che mi piaccia o no il mondo del calcio è sporco. Bisogna lottare per non farsi mettere i piedi in testa. Ciò non significa che non farò amicizia»
«D'accordo, ma sii te stesso. O capiranno che lo fai per interesse» lo avvisai.
«A me non importa ciò che pensano, voglio solo stare tranquillo. In Serie C mi trovavo bene con la squadra. Vorrei solo che fosse lo stesso qui»
«Vedrai che appena li conoscerai meglio ci andrai d'accordo, l'importante è che siano bravi ragazzi» lo rincuorò mamma, leggermente assonata.
«Meglio che andiamo a dormire...» aggiunse papà.
«Sì, inizia a fare freddo» mi unii a loro.
«Domani sarà un altro un giorno» concluse Nico.

La mattina successiva mi svegliai con un gran trambusto. Qualcuno stava rovistando nel mio armadio.
«Nico?» borbottai «Cosa fai sveglio?»
«Bianca non trovo le scarpette! Le hai viste?»
«Quali scarpette?»
«Quelle da calcio! Ho guardato dappertutto»
«Perché mai dovrebbero essere qui?»
«Non so, visto che mi rubi qualsiasi cosa magari ti era venuta la voglia di provarle» disse continuando a frugare tra le mie cose.
«Nico sono le 8 del mattino, fammi dormire!» lo cacciai.
«L'allenamento è alle due, se non le trovo dovrò uscire a comprarne subito un paio»
«Mancano ancora cinque ore! Esci dalla mia stanza!» mi lamentai.
«Nicolas!» lo chiamò mamma a gran voce.
«Le hai trovate?» urlò a sua volta.
«Come faresti senza di me?» chiese compiaciuta, mostrandogli le scarpette.
«Sei una grande!» tirò un sospirò di sollievo.
Intanto era già arrivato Venerdì. Mi sarebbe piaciuto andare a vedere Nicolas che si allenava con la nuova squadra, ma quel giorno ero particolarmente stanca. Nonostante questo, i miei genitori erano decisi ad andare, quindi non mi restava che prepararmi e farli contenti. Dovevo farci l'abitudine ormai.
«Nico tu non mangi?»
«Preferisco andare a stomaco vuoto»
«Peccato! È davvero buona» gli feci i dispetti sventolandogli davanti il mio piatto di pasta.

Dopo pranzo ci mettemmo in marcia verso il campo. Percepivo l'agitazione di Nicolas anche ad un metro di distanza. Non lo vedevo così teso da tempo.

Arrivammo al campo e ci accolse il Sig. De Blanc.
Mi aspettavo un signore con qualche capello bianco ma con mia grande sorpresa era davvero un bell'uomo. Curato e molto elegante.
« E quindi voi siete i genitori di questo prodigio? Molto lieto!» strinse la mano a mamma e papà ed in seguito si rivolse a me, con un sorriso «E tu devi essere la sorella di cui mi parla sempre!»
«Molto piacere Sig. De Blanc» gli porsi la mano «Davvero parla di me?» chiesi, sorpresa.
«La famiglia è importante. E sicuramente gli ha dato la motivazione per essere qui oggi» rispose saggiamente «Ma non voglio trattenervi. Da quella parte c'è l'ingresso per la tribuna. Accomodatevi dove preferite» ci invitò.
«Grazie mille» ringraziammo all'unisono.
Salutammo Nicolas ed andammo a prendere posto.
Accanto a noi c'era una famiglia di 4 persone con un bambino che non riusciva a togliermi gli occhi di dosso. Era come se volesse chiedermi qualcosa ma provasse vergogna. Gli sorrisi più volte finché una donna non lo chiamò.
«Davi, non allontanarti per favore»
«Zia, smettila di controllarmi» si ribellò.
«Guarda papà è già in campo!»
«È lì, è lì! Lo vedo!»
Doveva essere il figlio di uno dei giocatori, aveva proprio la faccia simpatica.
«Ti dispiace se poggio la borsa qui?» mi chiese una ragazza bionda sulla ventina.
«Assolutamente, fa pure!» le sorrisi.
«Ti ringrazio» ricambiò.
Era davvero fine e a modo, la classica ragazza acqua e sapone. Mi dava l'impressione di una brava persona.
«Ciao» sentii poi alle mie spalle.
Mi voltai perplessa:
«Sei la sorella di Nicolas giusto? Scusa ancora per ieri, andavo di fretta e ho combinato un disastro...» continuò, grattandosi il capo.
Caspita, era di nuovo lui. Il ragazzo dell'ufficio.
«No ma tranquillo...» abbozzai un sorriso «Può succedere a tutti! Comunque si, sono sua sorella»
«Spero non sia rimasta la macchia, te la ricompro se vuoi!» si mostrò subito disponibile.
«È solo una felpa, e per di più non era nemmeno la mia...» scoppiai a ridere, indicandogli Nicolas.
«Non dirmelo... Tuo fratello me la farà pagare in campo!» scherzò.
Nel frattempo la ragazza di prima ci osservava, questo mi fece sentire terribilmente in imbarazzo.
«Ti chiedo scusa anticipatamente se mio figlio verrà a stuzzicarti, è un chiacchierone»
A quel punto collegai un po' di cose. Il bambino che mi sorrideva doveva essere suo figlio.
«Invece lei è mia sorella» la presentò.
A quel punto la biondina si fece avanti e mi strinse la mano:
«Rafaella piacere! Vi conoscete?» chiese al fratello.
«Ieri le ho buttato il caffè sulla felpa»
«Beh, io non l'avrei nemmeno più salutato» rise lei.
«Sono d'accordo... ma ho lasciato perdere perché non era mia» ammisi, divertita.
Teatrino a parte non ricordavo più come si chiamasse "occhi verdi". Possibile che non mi entrasse in testa?
«Devo andare» disse poi «Rafa puoi tenerlo tu?» chiese, passando alla sorella l'orologio che aveva al polso «Se sei ancora qui ci vediamo dopo» mi disse.
Gli sorrisi. Poi mi voltai verso i miei genitori che stavano cercando di captare qualcosa della conversazione.
«Rafaela, giusto?»
«Sì!»
«Io sono Bianca» mi presentai «Mi allontano un attimo, perdonami»
«Tranquilla!»
Così tornai al mio posto e spiegai brevemente a mamma e papà chi fossero quelle persone.
«Possono sedersi con noi se ti fa piacere»
«No papà, non li conosciamo!»
«Ti farebbe bene fare nuove amicizie, quella ragazza sembra così carina...»
«Non sono in vena di fare amicizia adesso, e poi i miei amici sono ad Ibiza ad aspettarmi»
«Hai sentito qualcuno di loro?» chiese ancora papà.
«No» mi resi conto.
«Allora mi sembra un buonissimo motivo per conoscere gente nuova. Non sappiamo quanto tempo resteremo qui. Almeno potrai uscire con qualcuno»
«Ci penserò» deviai il discorso.
L'allenamento durò due orette scarse. In quel frangente scambiai diversi sorrisi con la famiglia di quel ragazzo di cui non ricordavo il nome.
«Vi è piaciuto?»
«Nico!» esclamai, vedendolo arrivare dagli spalti.
«Siete stati bravi» aggiunse mamma.
«Mi sono allenato bene, sono carico» esordì.
«Nico posso chiederti una cosa?» sussurrai.
«Che succede?»
«Come si chiama quel ragazzo che nomini sempre? Quello del caffè!»
«Neymar?»
«Sì, lui»
«Che ha fatto?» si stranì.
«No nulla, è passato qui prima ma non ricordavo più il nome»
«Parla piano, c'è tutta la sua famiglia accanto a noi»
«Sì lo so, proprio per questo avevo paura di fare brutta figura»
«Capisco... Comunque sia, adesso muoio di fame! Andiamo a casa per favore?»
Salutai tutti velocemente e, nell'uscire dalla tribuna, incrociammo Neymar salire le scale.
«Andate già via?» si rivolse a mio fratello.
«Sì, ho troppa fame. Ci becchiamo Lunedì»
«A Lunedì» disse, salendo gli ultimi gradini.
Il fatto che questa volta non mi diede confidenza non mi andò giù, ero troppo piena di me per accettare che mi avesse ignorata.

𝐶𝑜𝑛 𝑡𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 || 𝑵𝒆𝒚𝒎𝒂𝒓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora