capitolo 12

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blueville


⚠️menzioni di sangue⚠️

Correvamo velocemente per salvarci la pelle, i mobili dentro avevano letteralmente iniziato a volare. Credevamo che la casa fosse un posto sicuro, evidentemente ci sbagliavamo. Quella bambina era forte, si capiva che era posseduta da un demone molto potente, se solo avessi saputo il suo nome...
Io e Mercoledì ci tenevamo per la mano mentre provavamo a raggiungere la strada stranamente vuota. L'avevamo combinata grossa quella volta...non dovevamo essere lì. Però noi non sapevamo che salire di nascosto sull'aereo dei miei per l'Inghilterra sarebbe stato pericoloso. Soprattutto se mi avevano detto che stavano andando a cercare Morgana!

«Mercoledì, dov'è Tate?!» urlai, una volta fuori. Mi guardai introno, ma non lo trovai.
"non è così stupido da tornare dentro per prendere le bambine..." pensai.
Kit era una persona pura e altruista, conoscendolo ovviamente era rientrato lì per salvarle.
Pioveva a dirotto, quasi non riuscivo a vedere ad un palmo della mia mano per le gocce che stavano cadendo.
«ma...era dietro di noi!» anche lei era preoccupata.
Proprio in quel momento, sentimmo un urlo riempì l'aria. Proveniva da dentro la casa. Era Tate, ne ero certa.
«vado a cercarlo» provai a correre di nuovo verso l'interno, ma la mia migliore amica mi fermò.
«Hela...» disse sconsolata, senza lasciare la mia mano. Non voleva che io ci andassi, ovviamente. Era sempre così protettiva nei miei confronti che quasi sentivo il bisogno di disubbidirle ogni singola volta.
«Mercoledì, voi due siete tutto ciò che ho. I miei genitori sono a Londra per ricevere un fottuto consiglio dal vescovo, dobbiamo agire noi contro quel coso. Non voglio che Tate muoia» la supplicai con lo sguardo, non voleva comunque lasciarmi andare.

Io però sentivo il bisogno di salvarlo, perché era colpa mia se in quel momento eravamo in quella situazione, li avevo trascinati io ad Enfield, pensavo che lì avremmo avuto risposte su mia sorella o addirittura di trovarla, invece eravamo finiti con l'essere coinvolti in un caso di esorcismo.
Era mio dovere quindi risolvere le cose: li avevo portati io in quel casino e dovevo rimediare io in qualche modo, non potevo perdere entrambi.

Mi liberai dalla presa di Mercoledì e corsi dopo la staccionata della casa oltrepassando la porta blu. 'Mamma mi ucciderà' pensai, ma in quel momento passò in secondo piano, dovevo trovare Tate.
Cercai in salotto, in cucina, nel bagno, ma non lo trovai. Chiusi gli occhi per un attimo pensando che sarei dovuta andare al piano di sopra, in quella camera...non volevo tornarci.

Salii le scale più velocemente del previsto, girando tra le mani di tanto in tanto il rosario che mi aveva regalato mia madre.
Quando stavamo partendo, pensai che per quella occasione mi sarebbe servito, e fu così.
La camera si trovava in fondo al corridoio sul lato di sinistra, le scale invece erano all'estrema destra.
Tutte le porte erano chiuse, si sentivano continui rumori di finestre che sbattevano, lamenti strazianti e vetri rotti, quindi mi toccava aprirle tutte, una ad una.
Aprii la prima, la camera della madre, vuota.
La seconda, il bagno, non c'era nessuno.
Stavo per sfondare la porta della camera dei bimbi maschi quando sentii un altro urlo provenire da quella stanza. Quella con le croci all'incontrario, dove è iniziato tutto.

Cercai di aprire la porta ma non ci riuscii, era come se qualcosa la bloccasse.
Dopo qualche minuto che continuavo a provare, la porta si spalancò improvvisamente, come se non ci fosse più il blocco. Tutto cessò di muoversi, si sentiva solo il rumore assordante del silenzio.
Vidi Tate a terra, stava tenendo tra le braccia la bambina posseduta, lei aveva un aspetto orribile: occhiaie nere, graffi dappertutto, probabilmente i vetri avevano colpito anche lei.
«Tate...» mi inginocchiai di fronte a lui, prendendo il suo viso tra le mani, aveva le lacrime agli occhi ma non stava piangendo.
«è finita, Lellie» sussurrò, lasciandosi cullare dal mio tocco.
«cosa? Che vuoi dire?»
«aveva bisogno di un'anima per tornare all'inferno» indicò un angolo della stanza, dove la sorella maggiore della bambina era sdraiata, morta.
«l'hai uccisa tu?» domandai con le lacrime agli occhi, avevo sopportato abbastanza in quelle due settimane.
«no...no, Lellie, l'ha fatto lei, ora è svenuta...dove sono i tuoi genitori? Dove sono i suoi?!» sembrava arrabbiato e non gliene facevo una colpa. Ci avevano lasciati in una casa infestata ad aspettare il loro arrivo.
«sono andati a Londra dal vescovo, li abbiamo chiamati mezz'ora fa, stanno arrivando» appena finii la frase, sentii i passi di Mercoledì piombare nella stanza, si sedette poi affianco a me.
«ragazzi» si schiarì la voce «dobbiamo fare una promessa, con il sangue» senza il nostro consenso, prese un pezzo di vetro della finestra rotta, e poi tagliò a tutti e tre il palmo destro, poi ci prendemmo per mano.
«qualunque cosa succeda, noi non parleremo mai di quello che è successo qui, dobbiamo dimenticarcelo. Ma se per caso quella cosa tornerà...allora dovremmo unire le nostre forze e sconfiggerla insieme. Intesi?»
Entrambi annuimmo prima di staccarci definitivamente.
È sempre stata più forte di me, la ragionevole del gruppo. Io non avevo lucidità in quel momento, avevo solo bisogno di andare a casa e chiudermici dentro fino alla fine dei miei giorni.
«vi prego, usciamo da qui»

𝙏𝙝𝙚 𝙗𝙡𝙪𝙚 𝙩𝙝𝙧𝙚𝙖𝙙 𝙤𝙛 𝙁𝙖𝙩𝙚 || 𝙓𝙖𝙫𝙞𝙚𝙧 𝙏𝙝𝙤𝙧𝙥𝙚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora