18.

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Fu Yoongi ad aprirmi la porta, mi guardò e spuntò un ghigno sul suo viso, rimase davanti alla porta e disse ad alta voce.

"Jin accendi il forno, è appena arrivata la seconda portata da accompagnare con le patata al forno".
Disse ridacchiando seguito dalle risate di tutti compresa la mia.
Per loro ero il coniglietto, la colpa era dovuta ai miei denti grandi e al mio sorriso che ricordavano tanto l'animale.
Infine non mi dispiace il fatto, non era male come soprannome.

Entrai dentro e sentii già il profumo di casa, mi guardai attorno e vidi le ciabatte di Yoongi sparse ovunque, sorrisi nel vederle, nel vedere che nulla era cambiato dal mio trasloco.
Arrivai finalmente in cucina dove trovai tutti i ragazzi sorridenti che mi salutarono, il più staccato era lui, Jimin, il suo era un debole sorriso, nulla a che vedere con i suoi soliti sorrisi.
Mi girai e notai la tavola già imbandita, il cibo che ospitava al di sopra avrebbe sfamato un'intero esercito.
Jin era sempre il solito, aveva paura che morissimo di fame e faceva dosi troppo abbondanti.
Il pranzo trascorse tranquillamente, io e Jimin ogni tanto ci guardavamo ma nulla di più, parlavo e scherzavo con il resto del gruppo.
Avevo la pancia piena di cibo e la testa piena di pensieri, dovevo alzarmi e prendere una boccata d'aria.
Uscii in terrazza per fumarmi una sigaretta, il pranzo si era concluso alle quattro del pomeriggio.
I raggi del sole erano più deboli ma ancora splendenti, ti regalavano ancora quel caldo tepore.
Avevo fatto il primo tiro, volevo rilassare la tensione che avevo accumulato, ero teso come le corde di un violino.
Ripensai a quante volte mi ero già seduto nella stessa poltrona in vimini sulla quale sedevo anche in quel momento.
La mia mente venne travolta da ricordi che si accavallavano tra di loro, infine erano diversi anni che avevo trascorso in quelle mura.
Mi chiedevo se anche la nuova casa un giorno mi avrebbe regalato dei ricordi indimenticabili.
Lo speravo, perché più stavo lì e più cresceva la voglia di raccogliere tutta la mia roba e tornare tra di loro.
Ero a metà sigaretta quando uscì anche Jimin, quando si sedette sulla poltrona accanto alla mia sospirando.

"Non hai smesso di fumare".
Disse lui puntando lo sguardo davanti a sé.

"Non ne fumo così tante".
Dissi sincero, tenni lo sguardo sulla cenere della sigaretta che lentamente si stava consumando.

"Fumi solo quando sei teso o hai la testa affolata da pensieri".
Disse tranquillamente.

"Già".
Dissi spegnendo la sigaretta quasi alla fine.

"Com'è vivere da solo?".
Non mi aspettavo quella domanda da Jimin.

"Come ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro".
Risposi non facendo nessuno accenno al fatto che al momento vedevo solo contro che pro.

"Ti manchiamo?".
Mi chiese, io rimasi un attimo spiazzato.
Erano domande così dirette, per le quali non mi ero minimamente preparato.
Anzi nemmeno Immaginavo che il primo passo verso di me lo avrebbe fatto Jimin.

"Certo".
Fu l'unica cosa che riuscii a dire.

"Ti manco anch'io Jungkook?".
Quella domanda arrivò dritta al cuore, lui voleva sapere se mi era mancato, vedendo che non risposi aggiunse.
"Tu mi sei mancato Kook".
Disse con un tono di voce flebile, come se mi avesse appena confessato un segreto.

Mi voltai e nello stesso istante si voltò pure lui, ci guardammo negli occhi, quanto mi erano mancati, quanto mi era mancato il mio nomignolo pronunciato da lui.

"Mi sei mancato Chim".
Dissi con la stessa tonalità di voce che aveva usato lui senza staccare gli occhi dai suoi.
Mi fece un piccolo sorriso, lo stesso che temevo non mi rivolgesse mai più, e invece ecco lì, così bello.

"Posso chiederti una sigaretta?".
In quei pochi istanti mi aveva fatto solo domande inaspettate.
Forse in quegli anni l'ho visto fumare solo una volta, il resto del tempo lo aveva usava per convincermi a smettere.
Ora mi chiedevo perché ne volesse una.

"Hai l'esclusiva per lo sfogo della tensione?".
Disse ridacchiando continuando a guardare davanti a sé.

Solo allora gli porsi titubante il pacchetto di sigarette dove ne prese subito una.
Stavo per passargli anche l'accendino quando lo vidi spezzare la sigaretta a metà sghignazzando.

"Almeno ne fumi una in meno".
Disse mentre riportava lo sguardo su di me.

Lo guardai un po' scioccato ma non poi così tanto, se fosse stata un'altra persona l'avrei già insultata, ma era lui, e lui era e sarebbe sempre stata la mia debolezza.

"Ho sentito Tae".
Disse facendo un sospiro profondo prima di continuare.
"Abbiamo pianto per circa un'ora al telefono.
Ci siamo scusati, ci siamo detti che ci saremo amati fino alla fine dei nostri giorni".
Disse liberando una lacrima solitaria.

Avevo voglia di alzarmi, di andarmene per non soffrire ancora di più, lo stavo per fare, mi fermai perché aggiunse altro.

"Ma il nostro amore non sarebbe stato quello che avevamo provato a fare sbocciare.
Il nostro sarebbe stato l'amore familiare, quello eterno che nessuno avrebbe potuto cancellare. L'altro tipo di amore appartiene ad un'altra persona".
Disse asciugandosi le lacrime che avevano iniziato a scendere lungo le sue guance.

Rimasi ad ascoltare sperando che il mio cuore regesse senza spezzarsi per l'ennesima volta.
Si voltò verso di me, prese il mio viso tra le mani, mi guardò così intensamente da paralizzarmi.

"Ti dovrei odiare per ciò che mi hai fatto, ma non posso darti tutte le colpe".
Disse con quel sorriso contagioso, quello che poi fece spuntare lo stesso sul mio volto.

"Scusa Jimin".
Dissi con un filo di voce. Per lui mi sarei scusato in eterno.

"Lo so, me lo hai già detto Kook".
Disse allargando e addolcendo ancora di più il suo sorriso.
"Vorrei che mi dicessi altro ora".
Aggiunse.

La vicinanza, le sue piccole e morbide mani sul mio viso, la sua voce dolce, il suo sorriso, tutto ciò mi annebbiava la mente impedendomi di pensare.

"Hai perso la lingua Kook? Che peccato".
Disse ghignando con un tono malizioso, lui in pochi secondi riusciva a cambiare aspetto, da dolce a provocatore.

"Ti amo Jimin, il mio cuore è sempre stato tuo, anche quando non ne ero ancora consapevole".
Dissi riprendendomi, portai le mani sul suo viso facendolo poi avvicinare al mio.

Fu lui a rompere le distanze, fu lui ad appoggiare le sue labbra sulle mie.
Il mio cuore a quel contatto si gonfiò, esplose nel petto, rilasciò tutto l'amore che provavo per quel ragazzo, si impossessò di ogni mia fibra.
Glielo trasmisi baciando le sue labbra come se ne andasse della mia stessa vita, come se avessi iniziato a vivere veramente solo dopo quel contatto.
Ci staccammo solo per riprendere fiato, ma anche perché i nostri amici si erano radunati davanti alla vetrata applaudendo felici.
Ritornammo seduti composti, completamente in imbarazzo ma con il più bel sorriso stampato in volto.

Ti aspetterò (Jikook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora