10.

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Dopo l'abbraccio con Tae e le parole taglienti di Jimin tutto era tornato come prima.
Il secondo si limitava a salutarmi, forse non avrebbe fatto nemmeno quello se non vivessimo sotto lo stesso tetto.
Avrei dovuto essere contento della cosa, almeno così sarebbe stato più facile aumentare la distanza tra noi.
Con lui mi sentivo quasi una bomba ad orologeria, se venivamo in contatto ravvicinato esplodevo.
Avrei voluto almeno un rapporto civile, umano, di amicizia, ma tra di noi o era tutto o era niente, non sapevamo trovare la via di mezzo, o non l'accettavamo, almeno io non l'accettavo.
Tra Taehyung e Jimin le cose sembravano aver trovato di nuovo la serenità, una cosa positiva, dolorosa per me ma buona per loro.
Dopo quel giorno scrivevo ancora più spesso nel mio diario, mi soffermavo anche a leggere ciò che avevo scritto in precedenza.
Avevo trascritto perfino per filo e per segno le parole e gli insulti che ricevevo dal mio bullo personale, più rileggevo e più capivo che forse da parte sua la vera natura della sua cattiveria era la gelosia.
Avrebbe potuto offendermi perché ero mingherlino, per i miei dentoni da coniglio, per la mia timidezza, ma non lo aveva mai fatto.
Le sue parole erano tutte rivolte al ravvicinamento che aveva Jimin nei miei confronti.
Il biondino sapeva come conquistare chiunque, si insinuava dentro appena posava il suo sguardo su di te, ti sentivi grato per avere la sua attenzione.
Non era solo per la bellezza, era anche per il suo sorriso, quello così bello quanto contagioso.
Era l'unico che riusciva a sorridere con tutto il corpo lì dentro, questo dono portava invidia, soprattutto perché se stavi a contatto con lui potevi beneficiare di un po' di serenità, come se potesse condividerla se eri a poca distanza da lui.
Mentre sfogliavo quelle pagine mi sentivo uno spettatore della mia stessa vita, coglievo cose a cui non avevo mai prestato attenzione prima di allora.
Mi resi sempre più conto che Kai mi assomigliava su un certo punto di vista.
Anche lui si era invaghito di Jimin ma non voleva ammetterlo, lui riversava su di me la sua frustrazione per non accettarsi e per avere le attenzioni che voleva per sé senza ammetterlo.
Se avessi dovuto rappresentare quel passato in un dipinto avrei fatto la tela completamente nera ed un unico punto luminoso, quello sarebbe stato Jimin.

Avevo notato che troppo spesso siamo noi stessi che ci chiamiamo le sfighe, come se le stessimo invocando.
Succede sempre quando pensi a persone del tuo passato che sfortunatamente chiamate dalla Dea della sfiga compaiono per magia nel tuo presente.
Quel giorno quella fantomatica divinità aveva avuto la geniale idea di mettere il suo zampino.
Stavo facendo la mia corsa mattutina, mi schiariva le idee e mi faceva sentire meglio, mi sfiancavo così tanto da non avere nemmeno la forza per pensare.
In quel periodo la cosa andava solo a mio beneficio.
Il percorso era più o meno sempre lo stesso, un giro del parco in centro e poi mi fermavo per recuperare sulla panchina ai piedi del laghetto.
Proprio lì si fermò un'altro corridore, sbiancai quando girandomi vidi proprio lui, Kai.
Ci guardammo per qualche secondo, non avevo più paura di lui, soprattutto perché ora fisicamente ero molto più muscoloso di lui.
Mi sorrise, non pensavo che fosse capace di farlo.

"Ciao Jungkook. Non ti avevo riconosciuto subito".
Disse senza il tono strafottente che conoscevo.

"Ciao".
Mi limitai a dire.

"Posso capire che sia l'ultima persona che ti aspettavi e volevi vedere".
Disse senza problemi.

"Per la prima volta sono d'accordo con te".
Dissi senza peli sulla lingua, non aveva più potere su di me.

Pensavo che se ne andasse, che mi lasciasse da solo, mi sorpresi quando non fu così, anzi mi chiese come stavo e che facevo.
Gli risposi con frasi striminzite e secche, chiesi la stessa cosa a lui più che per formalità che interesse.
Rimasi ancora di più senza parole quando mi raccontò tutto sorridente la sua vita.
Che era felice, aveva trovato un lavoro che lo soddisfaceva e da qualche anno conviveva con il suo ragazzo.
Se ne andò solo perché ricevette una chiamata di lavoro.
Lo guardai andarsene facendogli un cenno con la mano per salutarlo.
Mi alzai dalla panchina amareggiato, perfino il mio bullo era felice, io a pezzi per colpa sua e lui soddisfatto e sorridente.
O il karma era andato in tilt o io dovevo ancora scontare i miei errori al contrario di Kai.
Forse lui nonostante abbia ferito è riuscito a pagare per i suoi errori trovando poi la serenità.
Quell'incontro mi fece capire che nonostante io dovessi tenere le distanze da Jimin gli dovevo le mie scuse, avrebbe aiutato entrambi a mettere una pietra sul passato permettendoci di voltare pagina.

Avevamo entrambi bisogno di mettere un punto a tutto ciò che era successo.

Ti aspetterò (Jikook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora