17.

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Taehyung era partito da qualche giorno, mi aveva chiamato raccontandomi che gli era capitato un vicino di posto alquanto terrorizzato, ma non male, almeno era quello che avevo capito io da quel mezzo sorrisetto che era spuntato sul suo viso nella nostra ultima videochiamata.
Quando l'aereo era decollato per la paura gli aveva preso la mano e gliela aveva letteralmente stritolata, non se ne era nemmeno reso conto.
Il ragazzo aveva preso coscienza di ciò che aveva fatto successivamente, aveva riempito di scuse Taehyung completamente paonazzo in viso.
Il mio migliore amico lo aveva tranquillizzato ma si era beccato altre scuse, voleva invitarlo a pranzo solo per porre rimedio a quell'incidente.
Mentre me lo raccontava sentii la sua risata, non era la solita, aveva una nota amara ma era pur sempre qualcosa.
Gli auguravo che il viaggio li sanasse qualche ferita, che gli desse il tempo di mettere se stesso al primo posto.
Perché a dirla tutta lui aveva sempre messo al primo posto Jimin, anche prima di se stesso.
Nessuno poteva dire che non si amavano, il loro amore però non bastava ad entrambi, loro potevano essere quasi un dolce perfetto, ma era il pizzico di sale a renderlo indimenticabile, a loro mancava quello.
Potevo esserlo io, dovevo solo trovare il coraggio di affrontare ciò che mi spaventava, perché mi chiedevo se dopo tutto quel dolore ne sarebbe venuto fuori qualcosa di buono.
Mi stavo preparando davanti allo specchio, ormai guardavo il mio riflesso da quasi mezz'ora, nemmeno capivo perché non riuscissi a scollarmi da esso, l'immagine era sempre la stessa.
Un ragazzo agitato, un ragazzo che probabilmente a breve avrebbe esultato di gioia o sarebbe finito in un abisso di autocommiserazione.
Avevo optato per un jeans e una felpa nera, non volevo agghindarmi, volevo essere quello di sempre, quello che tutti i miei amici conoscevano.
Nam aveva insistito perché andassi a quel pranzo domenicale, mancavo a tutti ed erano stanchi di vedermi a rate, volevano passare una giornata tutti riuniti.
Jin mi aveva detto che volevano cogliere l'occasione dell'assenza di Taehyung, in modo che non ci fosse tensione, preparare il terreno per il suo ritorno.
Anche loro lo aveva sentito e sembrava che lentamente stesse metabolizzando ciò che era successo, inoltre aveva avvisato che avrebbe prolungato il suo viaggio.
A mio avviso visto che già sapeva l'epilogo il colpo in minima parte era stato ammortizzato, la parte dura è che dentro di sé si celavano i sensi di colpa, quelli per aver intrapreso un cammino che non lo avrebbe portato lontano.
Siamo umani, la maggior parte della nostra vita è cosparsa di errori, doveva fare pace con se stesso, eravamo tutti colpevoli e tutti innocenti.

Era mezzogiorno, finalmente avevo abbandonato lo specchio e la mia casa, ero davanti alla porta, la mano sollevata con il dito puntato sul campanello.
La mia nuova casa nemmeno ora mi scaldava, l'avevo arredata a mio gusto, ogni cosa mi apparteneva, ma era maledettamente silenziosa, troppo in ordine, nessun oggetto fuori posto, nessuna urla mattutina e nessuno che mi rimproverava per non aver avvisato del mio ritardo.
La mia vera casa non aveva pareti, erano i cuori pulsanti di quelle sei pazze persone.
Era strano essere lì, solo in quel momento realizzai quanto mi mancassero quelle mura e le persone che ci abitavano, perfino le loro cattive abitudini.
Il dentifricio lasciato aperto e schiacciato a metà di Hobi, le ciabatte di Yoongi sparse ovunque, i rimproveri di Jin, i disastri di Nam, le lotte con Taehyung e la luce di Jimin, mi mancava la mia famiglia.
Fece un grande respiro e suonai alla porta, attesi di rientrare dove si trovava realmente il mio cuore.

Ti aspetterò (Jikook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora