15.

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Ero seduto a gambe incrociate sul letto, stavo rigirando tra le mani il telefono, era passata una settimana da quando Jin mi aveva dato la notizia.

Mi chiedevo come stavano entrambi, se mi odiavano per essere stato la causa del loro dolore.
Era la domanda che mi ponevo più spesso, perché io non riuscivo a non farmene una colpa, perché nonostante le parole di Jin io mi sentivo in difetto.
Dalle sue parole mi ero creato un'immagine nella testa, vedevo la storia di Taehyung e Jimin come un bellissimo castello di sabbia, tanto bello quanto fragile.
In quella visione io ero il piede che si scagliava contro di esso, che lo calpestava spazzandolo via, senza lasciare nessuna traccia di ciò che era.
Il bambino invece che piangeva disperato poteva raffigurare i nostri amici, coloro che si sentivano impotenti, potevano solo essere gli spettatori di quella distruzione.
Sbuffai e dopo diversi tentennamenti mi decisi, aprii il registro delle chiamate, volevo sentire Jin, volevo chiedergli come stavano.
Ancora una volta ero un codardo, avevo paura di affrontarli, temevo una risposta mancata o il loro odio riversato verso di me, non sapevo quale delle due mi avrebbe fatto stare peggio.
Mentre stavo per avviare la chiamata il telefono iniziò a squillare, era Nam, risposi.

"Ehi, ciao Nam".
Dissi felice di sentirlo, infondo mi mancavano tutti, avevo passato quasi l'intera mia vita con loro.

"Ehi Kook".
Disse con un tono pacato, forse un po' troppo per lui.
"Qualcuno potrebbe bussare da te a breve".
Aggiunse.

"Immaginavo che Jin non si sarebbe tenuto l'indirizzo per sé".
Dissi ridacchiando, conoscevo fin troppo bene il nostro amico.

"Non prendertela con lui, diciamo che è stata un'emergenza".
Disse seriamente nonostante io avessi usato un tono scherzoso precedentemente.
Bene pensai, forse sarebbero giunti altri problemi, o forse ero io che mi preoccupavo troppo.

"Ok Nam, non lo farò".
Quando finii la frase sentii suonare il campanello.
Stavo per salutare Nam ma mi aveva buttato giù la chiamata, strano, non era da lui, scacciai quei pensieri.

Immaginavo che la visita di cui parlava era appena arrivata, pensavo fosse Hobi con qualche sua scemenza o Yoongi con qualche rimprovero che voleva fare di persona, ma non mi aspettavo lui.
Quando aprii la porta mi trovai davanti il mio migliore amico, per qualche istante ci guardammo senza dire niente, io sinceramente mi aspettavo perfino un pugno, ma non arrivò.
Mi scostai per lasciarlo passare, entrò e mi salutò con un cenno del capo che ricambiai titubante, era calmo, maledettamente calmo.
Gli feci strada verso il soggiorno e lo invitai a sedersi sul divano, io mi sedetti sulla poltrona al lato opposto.

"Immagino tu sappia".
Disse interrompendo quel silenzio, non aveva un tono accusatorio, aveva uno sguardo rassegnato, quello di chi sapeva già in precedenza l'epilogo che avrebbe avuto quella storia ma aveva voluto crederci comunque.

"Si, lo so".
Non gli avrei mentito, le bugie avevano già lasciato fin troppi segni.

"Infine già sapevo che sarebbe finita così".
Come avevo sospettato, avevo interpretato correttamente il suo sguardo.

"Mi dispiace, mi dispiace Tae, mi dispiace veramente".
Dissi a testa bassa, come se stessi facendo ammenda e aspettassi che lui assolvesse i miei peccati.

"Sarebbe più facile odiarti, accusarti e forse anche colpirti. Ma non sarebbe giusto, non riuscirei a farlo. Come si dice, al cuore non si comanda".
Disse sospirando con gli occhi lucidi.

"Ma sono io la causa di tutto".
Dissi pensando veramente alla veridicità di quelle parole.

"Kook, lui è stato il mio primo amore, ma dentro di me sapevo già che non sarebbe stato l'ultimo. Se potessi tornare indietro rifarei tutto esattamente alla stessa maniera, non importa quanto stia male ora. So che tutto questo porterà finalmente alla luce qualcosa che due persone continuano a nascondere a se stessi. So che capirai queste mie parole. Non odierò mai le persone che amo di più della mia vita. Siete la mia famiglia".
Disse quelle parole con la voce rotta da il dolore che stava provando, scese dalla sua guancia una lacrima che asciugò subito.

"Non so che dire Tae".
Dissi cercando di trattenere le lacrime, era una delle cose peggiori vedere il tuo migliore amico soffrire e che tu volente o non volente ne eri la causa.

"Non so se avrai un'altra possibilità, non posso parlare per Jimin. Ma stavolta fa che il dolore che è scoppiato sia valso a qualcosa almeno. Io partirò per un po' ".

"Partirai?".
Chiesi confuso.

"Avevo preso un regalo a Jimin, un viaggio per due di due settimane a Tokyo. Vista la situazione partirò da solo per non rimetterci totalmente. Mi servirà per staccare da tutto e da tutti, ne ho bisogno Kook".

"Capisco".
Non riuscivo a dire altro, lo vidi alzarsi e mi alzai pure io.

Lo accompagnai alla porta e lui mi guardò.

"Non fartene una colpa Kook, infine in questa storia ognuno ha le sue colpe, compresi me e Jimin".
Disse salutandomi e lasciandomi senza parole per il comportamento maturo che aveva dimostrato.
Lui nel dolore aveva trovato il coraggio di venire da me e rassicurarmi, non potevo desiderare amici migliori.

Ti aspetterò (Jikook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora