Capitolo Sei

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Viktor

- Belgrado, Serbia.
- Nella cantina di una vecchia casa.

«Tieni. Nascondilo, presto.»

Afferrai al volo il tozzo di pane duro e di un colore non molto invitante che mi stava allungando Andrej e lo nascosi alla svelta sotto la mia coperta.
Due secondi prima che la porta si spalancasse.

Trattenni il fiato quando lui entrò. Nella stanza non volava più una mosca. Ignorai lo sguardo accusatorio di Luka tenendo il mio fisso su di lui.
Gli altri erano già tutti in fila, io non avevo fatto in tempo.
Andrej mi guardò spaventato.

«Allora, ragazzini, è l'ora del conteggio.»

Entrò di più nella stanza fermandosi quando notò me, lontano dagli altri.
I suoi occhi neri mi colpirono e la mia pelle reagì d'istinto già sentendo il dolore che sarebbe arrivato.

«Ancora tu, prljavi pacov! Non sai proprio rispettare le regole eh?»

Era grande e grosso Otac, avevo sempre pensato che fosse un gigante.
Mantenni gli occhi ben spalancati anche quando mi si avvicinò.
Sapevo cosa stava per succedere.
Succedeva tutte le volte che uno di noi non rispettava le regole.

«È colpa mia!»

La voce stridula di Andrej bloccò la camminata furiosa di Otac verso di me. Lui si girò piano, gli occhi neri pieni di cattiveria e rabbia.

«Gli ho detto io di allontanarsi. Non lo volevo vicino.»

Continuò ed io lo guardavo con gli occhi spalancati, impaurito e tremante.
No. No.
Andrej.
Il mio unico amico.

Non ricevette una risposta, non a parole. Il calcio grosso e potente di Otac colpì la sua pancia.
Sussultai quando Andrej toccò il pavimento sporco lamentandosi e respirando a fatica.
Nessuno degli altri si mosse.
Tremavano però.
Avevano paura.
Tutti avevamo paura di Otac.

Quello però era Andrej.
Era lui che stava prendendo le mie botte, i miei calci e i miei pugni.
Era lui a piangere e sanguinare.
Era mio amico.

Sii bravo.
Sii bravo.
Sii bravo.

Io sono bravo!
Sono un bravo bambino!

Andrej mi proteggeva sempre. Da quando ero arrivato, non sapevo neanche quanto fosse passato ormai, però lui mi aveva protetto.
Mi lasciava dormire con lui quando la notte avevo paura del buio.
Mi asciugava le lacrime dopo che Otac mi costringeva a restare chiuso per un giorno intero nella piccola cassa di legno, senza bere o mangiare, o parlare solo perché non avevo portato abbastanza.
Andrej era mio fratello...

Saltai con un urlo sulla schiena di Otac e con tutta la forza che avevo gli morsi il collo grasso. Lui urlò, mi acciuffò per la collottola della maglia sporca che avevo e mi buttò a terra.
Tra il dolore e le lacrime vidi Andrej allungare verso di me la sua mano, steso lì sul pavimento.

Provai ad afferrarla ma Otac tornò verso di me...
Sono bravo.
Sono bravo.
Ti prego, sono bravo.
Andrej...
Andrej aiutami.

                                  
                                   •

- San Diego, California.
- The Guilt Hotel, stanza 850.

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