Capitolo Quarantuno

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Viktor

«Quando vuoi farlo?»

Phoenix mi restituì uno sguardo dubbioso. Allungò le gambe davanti a sé e incrociò le braccia sul petto mettendosi comodo sul divano del mio studio. Era passato a trovarmi spesso da quando ero in convalescenza e anche se quel giorno si era letteralmente piantonato in casa mia, il motivo non era una semplice visita al suo migliore amico.

«Non puoi muoverti Viktor, hai una commozione cerebrale e due costole incrinate, non puoi andartene in giro come ti pare.»

Roteai gli occhi sbuffando dal naso. Continuavano a ripeterlo tutti e io mi ritrovavo chiuso in quella casa che iniziava a starmi stretta.

«Voglio concludere questa storia una volta per tutte, tu no?»
«Ovvio che voglio finirla ma non quando tu sei più dalla parte dei morti che in quella dei vivi.»

Lo guardai storto piegando la testa di lato. Sembrava insolitamente tranquillo e mansueto. Addirittura aveva preso un po' di colore sulle guance e non sembrava sul punto di sgozzare chiunque osasse solo fissarlo un secondo di troppo. A quanto pareva qualsiasi fosse stato il problema tra lui e Vega lo avevano risolto, punto in più per portare a termine una volta e per sempre quella storia.

«Dopo la serata di beneficenza ho intenzione di portare Cassiopea e Malìa ad Aspen per qualche giorno. Voglio tenerle al sicuro e tranquille. Quando torneremo andremo da quel figlio di puttana e chiuderemo i conti.»

Phin si versò del caffè dalla caraffa che aveva preparato Tania e lo sorseggiò con calma guardandomi circospetto.

«Aspen? Le porti in qualche baita?»
«No. A casa mia.»

Il suo sopracciglio rossastro si inarcò perfettamente mentre continuava a guardarmi da sopra il bordo della tazza di ceramica.

«Da quando hai una casa ad Aspen? Tu odi il freddo, la neve e tutto ciò che sia al di sotto dei venticinque gradi.»

Lo guardai malissimo e in cuor mio pregai che non si lasciasse mai sfuggire quel particolare davanti a Cassiopea. Era vero, odiavo l'inverno e il freddo e più di tutto odiavo la sensazione del freddo sotto la pelle. Per anni lo avevo sopportato arrivando quasi a morire in una notte di inverno perché Nadia Manić aveva deciso che quel giorno mi ero comportato male e per punirmi mi aveva lasciato tutta la notte fuori, sotto la neve.

«A Cassiopea piace l'inverno, le piace l'idea del Natale circondata da neve mentre indossa maglioni pesanti e beve cioccolata calda davanti al camino.»

Feci spallucce per cercare di minimizzare il tutto ma sapevo di non poter sfuggire a quello che stava per succedere. Prima sentii la ceramica entrare in contatto con il tavolino da caffè, poi la stanza si riempì della risata sbalordita del mio migliore amico. Chiusi gli occhi massaggiandomi le tempie alla ricerca di un modo per uscire da quella situazione.

«Dio mio, Vik. Le hai comprato una cazzo di casa in montagna perché le piace l'inverno.»

Lo fulminai incrociando le braccia al petto in una posizione di difesa.
Certo, le avrei portato il fottuto inverno in California con tanto di neve se fosse stato possibile.

«Disse quello che ha fatto costruire una serra in tre giorni perché la sua, all'epoca neanche fidanzata, gli aveva confidato che si sentiva sicura in quel posto per guardare le stelle.»

A proposito di stelle...
Un'improvvisa idea mi balenò nella testa ma non ebbi modo di esprimerla poiché un bussare delicato alla porta seguito dalla figura di Oliver che fece capolino mi impedì di esporla.

«Signore, c'è Mrs. Carter in visita.»

Aggrottai la fronte scambiando un'occhiata curiosa con Phoenix che sembrava più confuso di me sulla presenza improvvisa di sua moglie. Appena Oliver si spostò Vega entrò nel mio campo visivo, allegra e sorridente in un vestitino bianco e rosa che le svolazzava intorno alle ginocchia. I tacchi risuonarono sul pavimento quando si spostò verso di me.

The Song Of The StarsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora