Capitolo Quarantadue

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Cassiopea

Un sospiro tremante mi sfiorò le labbra prima che ci affondassi i denti dentro, il secondo dopo mi pentii di quel gesto a causa del rossetto rosso. Non volevo rovinarlo ma l'ansia che mi attanagliava lo stomaco era troppa per preoccuparmi di qualsiasi altra cosa non fosse il corpo addormentato e solo di Viktor in casa sua. Al mio ritorno dopo la nostra discussione lo avevo trovato crollato sul letto, l'espressione sofferente sul viso, steso sul fianco con un braccio allungato verso quella che ormai era diventata la mia metà, a stringere nel pugno le lenzuola vuote e fredde.

Mi ero preparata in totale silenzio gettandogli lunghe occhiate mentre indossavo il vestito prima e durante le fasi di trucco e acconciatura dopo. Avrei voluto rimanere con lui. Non volevo lasciarlo solo, non in quello stato e soprattutto non dopo la discussione avvenuta tra di noi. E invece ero lì, seduta sul retro del suv nero che Oliver stava guidando verso l'appartamento di Zora e Andrej.

Gli ci erano voluti dodici minuti per convincermi a uscire di casa per dirigermi a quella benedetta serata di beneficenza, ripetendomi più volte che Viktor sarebbe stato al sicuro, la casa era letteralmente circondata da agenti in borghese e sapevo che da qualche parte lì intorno c'erano gli uomini di Ilija. Con l'ennesimo sospiro aprii la clutch minuscola per prendere il telefono e feci partire la chiamata.

«Advokat.»
«Aggiornami.»

Il suono del mio cuore era talmente forte nelle orecchie da rendermi difficile ascoltare la sua voce nel ricevitore.

«Sembra tutto tranquillo. Ho mandato qualcuno fuori dall'hotel, i miei uomini migliori sono alla villa del tuo uomo mentre un altro gruppo tiene d'occhio suo fratello.»

Guardai fuori dal finestrino il riflesso delle luci della città scivolare veloci sotto ai miei occhi mentre l'auto si muoveva silenziosa.

«Cosa non mi stai dicendo Ilija?»

Un lungo attimo di silenzio, qualcosa tintinnò in sottofondo poi mi parve di sentire un tonfo, come se si fosse lasciato cadere sul divano del suo ufficio nascosto dentro Las Cosas.

«La puttana è furba. Non ho più avuto soffiate, sembra essere sparita nel nulla. Ma sento che è vicina.»
«Per questo hai messo tutti i tuoi uomini a sorvegliare la città?»

Alla centrale quella mattina degli agenti si lamentavano del flusso esorbitante di brutti ceffi che sembravano aver popolato il centro della città. Gente pericolosa, aveva detto uno di loro, e io sapevo che non poteva trattarsi di una coincidenza.

«Nessun bambino o bambina verrà toccato nella mia città, advokat. Dovessi piazzare ogni singolo uomo in ogni fottuta casa di questa città.»

Un altro sospiro mi sfuggì dalle labbra. Chiusi gli occhi cercando di placare l'ansia e poggiai la testa contro il sedile. Non mi sentivo sicura, sapevo che c'era dell'altro ma Ilija era bravo a mantenere i suoi segreti.

«Grazie per oggi.»

Disse con un filo di voce e riuscì addirittura a farmi sorridere. 

«Abbiamo un patto e io sono molta brava nel mio lavoro. Spero che Darko si sia divertito.»

Ilija rise nel mio orecchio facendo allargare il mio sorriso nonostante quel peso doloroso che sentivo gravarmi sul petto.

«Mi ha chiesto di portarlo al Mission Bay Park a vedere i delfini la settimana prossima.»

Il pensiero di quel piccolo bambino che passava del tempo con suo padre dopo che gli era stato negato per tanto mi riscaldò.

«Vedrò cosa posso fare. Tienimi aggiornata per favore.»
«Vai e divertiti advokat, nessuno si avvicinerà al tuo uomo o a chiunque altro stasera. Penso di piacergli, anche se non lo ammetterà mai.»

The Song Of The StarsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora