VI

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Aveva dormito meglio, Christian, in vita sua. Il divano letto, per quanto comodo, non era come un letto vero e proprio, in più non essere a casa sua lo aveva reso agitato per tutta la notte. Tuttavia, il semplice fatto di trovarsi a casa di Mattia non era affatto male. Come non era stata male la visione del ragazzo che quella mattina si era trascinato in cucina ancora mezzo addormentato, i piedi scalzi, dei morbidi pantaloni della tuta, una semplice t-shirt e i capelli decisamente indomabili. Lo aveva raggiunto anche lui e avevano poi fatto colazione insieme, entrambi ancora troppo assonnati per intavolare una conversazione vera e propria, snocciolando giusto qualche parolina qua e là. Era tutto così calmo: sapeva così tanto di quotidianità che a un certo punto Christian si sentì perfino in imbarazzo mentre condividevano lo stesso pacchetto di biscotti. Ma quando Mattia gli sorrise in quel modo così sereno e premuroso, quasi avesse capito le sue sensazioni in quel momento e volesse rassicurarlo, Christian si convinse che non poteva esserci del male in qualcosa di così bello che gli scaldava un po' il petto.

«Sei sicuro? Guarda che posso venire con te, non è un problema». Christian alzò gli occhi al cielo, era la terza volta che Mattia glielo chiedeva. Stavano lasciando il suo appartamento, fortunatamente senza la presenza di Sergio ad accoglierli in strada, per dirigersi in Accademia, ma Christian voleva prima passare a casa sua per almeno un cambio d'abiti. «Mattia, vai tranquillo. Tanto non ci impiegherò molto: vado a casa, mi cambio e poi vengo alla Juilliard. La mia prima lezione, a differenza tua, inizia tra un'ora. Non puoi tardare». Mattia controllò l'ora sul suo orologio: aveva mezz'ora di tempo per arrivare puntuale a lezione. «D'accordo, ci vediamo dopo pranzo?» «Sì, ho prenotato la solita aula di musica» lo informò Christian, prima di sorridergli e scendere alla fermata metro di casa sua.

Per il loro appuntamento di ieri, che poi avevano interamente passato sul prato di Central Park, Christian aveva già preparato una nuova composizione da proporre a Mattia. Gliel'avrebbe quindi mostrata quel pomeriggio, sperando che quella fosse la volta buona. Non potevano permettersi di perdere altro tempo.

Raggiunse il portone di casa sua con quel pensiero in testa, appuntandosi mentalmente di dover parlare a Luca al più presto perché cominciava a sentirsi strano in questo rapporto con Mattia. Strano nel significato più positivo del termine, sia chiaro. Forse anche fin troppo. Stava ancora cercando le chiavi all'interno della sua tracolla, che venivano sempre sommerse da tutto il resto, quando «Stefanelli» si sentì richiamare. Chiuse gli occhi esasperato, quel ragazzo era un tormento. «de palo» rispose a sua volta senza girarsi a guardarlo ma continuando la ricerca della chiavi. «Allora ti ricordi ancora di avere una casa» lo sentì ghignare «Dovresti rimanerci più spesso anziché intrufolarti in quelle altrui». Christian si voltò, constatando che il ragazzo non fosse solo: al suo fianco infatti vi era Simone, il suo braccio destro, nonché persona più stupida al mondo. «Punto primo, non mi sono intrufolato; secondo, anche tu dovresti startene di più a casa tua anziché stalkerare la gente fuori le loro case». Sergio mantenne lo sguardo duro su di lui mentre Simone, dopo il suo cenno col capo, si posizionò alle sue spalle afferrandogli i polsi e costringendoglieli dietro la schiena. «Lasciami stare» sibilò Christian, cercando di divincolarsi dalla sua presa. «Ho smesso di aspettarvi sotto casa di Mattia quando ho capito che avresti passato la notte con lui, così stamattina ho pensato: perché non accogliere Christian a casa? Sicuramente dovrà cambiarsi. E infatti, sono stato fortunato. Ho anche visto che abiti con una ragazza... giovane, capelli color platino...Devo dire molto, molto carina» «Non azzardarti ad avvicinarti a lei» ringhiò Christian, interrompendolo. «Non temere, non è lei che mi interessa. Vedi, Stefanelli...penso che sia arrivato il momento di farti capire quale sia il tuo posto una volta per tutte» Sergio lo fronteggiò, afferrandogli con forza il mento e obbligandolo a guardarlo. I loro volti a pochi centimetri di distanza. «Non ti bastava essere il preferito degli insegnanti, eh? Dovevi anche diventare il preferito di Mattia» urlò quel nome nel momento esatto in cui il palmo della sua mano gli colpì violentemente la guancia tanto da fargli girare di lato il capo. La presa di Simone era ferrea attorno ai suoi polsi, mentre l'altro braccio gli cingeva il collo in modo da immobilizzarlo il meglio possibile. «Non dovevi avvicinarti a lui, Stefanelli. Non devi avvicinarti a ciò che è mio». «Lui non è tuo, non più» mormorò Christian, guardandolo di sottecchi dopo che il ragazzo gli rifilò un secondo schiaffo sull'altra guancia. Afferrò Christian per il colletto della giacca di jeans «Non ho mai odiato così tanto una persona in vita mia». «La cosa è reciproca» lo sfidò nuovamente Christian. Sergio lo spinse rovinosamente a terra, spingendolo nel vicolo stretto in fianco alla palazzina del ragazzo, iniziando a colpirlo con dei calci assestati nell'addome mentre Simone si avventava sul suo volto. Calci, pugni. Una, due, tre, quattro volte...troppe volte. Era impotente piegato in due su quell'asfalto sporco, cercando di raggomitolarsi su se stesso per pararsi dai colpi, mentre già sentiva il sapore ferroso del sangue in bocca. Poi Sergio lo afferrò per i capelli, forzandolo a sollevare il capo «Hai voluto prenderti ciò che è mio, queste sono le conseguenze» sputò, sferrandogli un pugno sullo zigomo e facendolo cadere nuovamente a terra sfinito e inerme. Lo intravide bloccare Simone che si stava avventando ancora su di lui, prima di dargli le spalle e «Buona giornata, Stefanelli. È sempre un piacere» dire, uscendo dal vicolo e abbandonandolo dolorante a terra.

in every moment of my life, i will always be ready for youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora