Quel sabato mattina Simone si svegliò con due pensieri fissi nella testa: le labbra di Manuel e la situazione con Dario, il fatto che poi le due cose si intersecassero inevitabilmente rendeva il tutto ancora più confusionario nella sulla testa.
Si girò su un fianco fissando le serrande chiuse della finestra e tornò con la mente al giorno prima. Non riusciva a levarsi dalla testa gli occhi di Manuel che lo vedevano, non lo guardava semplicemente, riusciva proprio a vederlo e fu impossibile per lui non metterlo a paragone con Dario in quel momento, perché almeno nella sua testa aveva bisogno di schiettezza e se questo significava paragonare le due persone a cui voleva più bene, lo avrebbe fatto.
Anche Dario lo vedeva, lo aveva sempre visto e lui gliene era stato sempre infinitamente grato, ma il suo cuore non reagiva allo stesso modo quando guardava negli occhi i due ragazzi e su questo era quasi convinto di non poterci fare niente nonostante gli facesse male lo stomaco al pensiero di poter fare del male al suo migliore amico senza poterlo decidere.
Una cosa che avrebbe potuto decidere, però, era evitare di baciare Manuel.
Avrebbe potuto evitarlo quantomeno prima di risolvere con Dario, ma si rese conto proprio in quel momento che al solo pensiero di quel bacio (o quei baci se calcoliamo quei pochi scambiati in treno o prima di separarsi sotto casa) un sorriso infantile si era stampato sul suo viso, quindi non era tanto convinto nemmeno del fatto che fosse stata una mossa sbagliata.
Sentì dei rumori in cucina e, forse per la prima volta nella sua vita, si rese conto che l'unica persona in grado di aiutarlo era chi conosceva bene entrambi. Si mise seduto strofinandosi il volto con le mani e lasciò che uno sbuffo scivolasse via dalle sue labbra perché l'ultima cosa che voleva era chiedere consigli a suo padre.
«che devo fa Ja'?» mormorò a bassa voce.
E per la seconda volta nel giro di due giorni suo fratello sembrò più presente che mai. La porta alle sue spalle cigolò leggermente lasciando uno spiraglio per la testa di suo padre, salito solo per controllare se fosse sveglio. Simone premette le labbra tra loro per evitare di rivolgere epiteti poco carini al vento e si girò verso Dante che alzò una mano in segno di saluto.
«buongiorno, ho fatto il caffè»
Simone annuì piano nella penombra della sua camera e camminò a piedi scalzi con lui fino alla cucina. Il silenzio tra loro non era così insolito, ma Dante lo percepì dai suoi movimenti e dall'espressione sul suo viso il fatto che ci fosse qualcosa di diverso. "Lasciagli i suoi spazi e i suoi tempi" gli aveva detto Floriana al telefono, quindi si limitò a versargli il caffè nella tazza e sedersi davanti a lui, cominciando a fare colazione.
«carina Napoli» disse Simone girando il cucchiaino nella tazzina, Dante sorrise per quel tentativo impacciato di inizoare una conversazione ed annuì.
«te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuta» rispose. «Mimmo come sta?»
«bene, ti saluta» passarono qualche secondo in silenzio prima che il tintinnio del cucchiaino si fermasse. «ha detto a Manuel che dovrebbe tornare a scuola» si decise a dire.
«lo penso anch'io»
«e uhm-» mormorò giocherellando con qualche briciola sul tavolo davanti un Dante che continuava la sua colazione tranquillamente. «come possiamo convincerlo?»A quel punto anche i movimenti del padre si fermarono, gli occhi finirono sul suo volto rivolto verso la tazzina e le sue guance leggermente arrossate. E forse era vero che lui Simone lo conosceva poco, o non quanto un padre dovrebbe almeno, ma quell'espressione lasciava fuori qualsiasi dubbio perfino per lui.
«io non lo so, puoi provarci tu però» Simone ridacchiò scuotendo la testa.
«a me non m'ascolta mai»
«non ne sono così sicuro» rispose il padre.

STAI LEGGENDO
Hygge. | Simuel.
Fanfiction«non devi fa niente, Simone. Cerca solo de sta lontano da certa gente» disse. «compreso me» Copertina della bravissima talentuosissima stupenda fantastica @modchlmt 💖