14.

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Simone quella casa l'aveva vista forse più di casa sua quell'anno, la conosceva alla perfezione e conosceva alla perfezione anche le persone che la abitavano, ma quel giorno lì davanti a quella porta si sentì comunque un estraneo estremamente fuoriluogo.

Stinse nella mano destra i manici della busta di carta e con la sinistra bussò sulla superficie di legno, sperando che ci fosse qualcuno all'interno, o meglio, che Dario a quell'ora di domenica mattina fosse sveglio visto che solitamente prima di mezzogiorno di lui non ce n'era traccia. Ad aprire dopo qualche istante fu Claudio, il padre, che gli regalò un sorriso forzato prima di salutarlo.

«non mi vuole vedere, lo so» l'uomo annuì guardando per qualche istante alle proprie spalle, stando attento ad un ipotetico arrivo del figlio. "è tanto arrabbiato?"
«come chi è innamorato ma non è ricambiato, Simone» il ragazzo annuì deglutendo.
«posso provare a parlarci?»
«cerca di non farlo stare peggio» rispose solamente l'uomo, lasciandogli lo spazio per entrare in casa.

Percorse il corridoio che conosceva a memoria fino ad arrivare alla porta del migliore amico e, dopo aver bussato piano, abbassò la maniglia infilando la testa nello spiraglio creatosi. All'interno trovò Dario sotto le coperte, la stanza era buia ma si potevano distinguere chiaramente i suoi occhi puntati verso di lui grazie al riflesso della poca luce.

«che ce fai qua?» chiese con tono duro e Simone non riuscì a fare a meno di pensare che quella fosse la prima volta in cui Dario usava un tono tanto gelido nei suoi confronti.
«ti ho portato la colazione» rispose a bassa voce, Dario non proferì parola. «i maritozzi, sono andato a testaccio da quello che ti piace e-»
«entra»

Simone sospirò aprendo un po' di più la porta per entrare nella stanza, quando si chiuse la porta alle spalle si rese conto di essere totalmente al buio, quindi dopo un paio di passi si fermò all'interno della stanza.

«posso accende la luce?» chiese.
«no»
«non ci vedo niente Da'»
«non te voglio guarda', cammina e lasciame la busta»
«ma che so un fattorino?»

La leggera risata di Dario interruppe quel piccolo battibecco e fece alleggerire il cuore di Simone che sorrise un po' più tranquillo. Decise comunque di fare quanto indicato camminando verso il letto finché i suoi polpacci non toccarono la base in legno, poggiò la busta sul materasso e a giudicare dal fruscìo rapido Dario la afferrò subito dopo tirandola a se e facendo aumentare il sorriso sul volto dell'amico che, però, si ricordò subito dopo il perché della sua presenza lì.

«come stai?» chiese poggiando un ginocchio sul materasso.
«alla grande, te devo racconta' na cosa assurda! Praticamente ho detto de esse innamorato de lui al mio migliore amico e m'ha riso in faccia!»

Rispose Dario con tono fintamente sorpreso e, se da un lato gli veniva quasi da vomitare al solo pensiero di averlo fatto stare male, dall'altro era abbastanza sollevato perché se ce l'avesse davvero avuta con lui non ci avrebbe scherzato su.

«è stato davvero un coglione, si» decise di rispondere. Sentì un rumore di carta stropicciata a subito dopo la luce illuminò la stanza, accesa da un Dario ormai seduto sul suo letto con una mano stretta alla busta contenente la sua colazione.
«un coglione enorme» confermò.
«e se ti chiedesse scusa lo perdoneresti?»
«non lo so, non c'ha provato»
«t'ho portato i maritozzi!» protestò.
«c'ha provato a metà» si corresse Dario. Simone ridacchiò mettendosi seduto davanti a lui e sfilò dalla busta un maritozzo con il topping al cioccolato sopra, porgendoglielo.
«scusa mi sono comportato di merda» Dario lasciò scorrere lo sguardo dal maritozzo ai suoi occhi in silenzio, dopodiché afferrò il dolce sbuffando dal naso.
«va bene» rispose e a quel punto Simone decise di approfondire la situazione perché era evidente che il discorso non potesse concludersi così.
«perché non me l'hai mai detto?» chiese in un sussurro.

Hygge. | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora