2.

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Dovresti smetterla.

Questo continuava a ripetergli il suo cervello mentre continuava a ripensare alla sera prima, che sarebbe stato anche normale pensare ad un'aggressione subita a poche ore di distanza, ma il vero problema era che quello fosse solo un pensiero marginale in confronto a quei ricci e quel viso tanto bello quanto dannato.

Un pensiero talmente intrusivo e dirompente che aveva rinunciato a pranzare con gli altri per arrivare prima nei pressi del centro sportivo per fare il giro del quartiere alla ricerca di Manuel. Che in verità non sapeva nemmeno da dove cominciare visto che il ragazzo poteva benissimo non essere lì o comunque non essere in un punto visibile ai suoi occhi, ma spacciava no? Da qualche parte in strada sarebbe stato.

Iniziò a girare per le viette stando ben attento a non dare confidenza alle persone che gli passavano vicino, pensando che se solo sua nonna e suo padre avessero saputo che stava vagando a piedi in quel quartiere alla ricerca di uno spacciatore probabilmente non la avrebbero presa affatto bene. Guardò dentro qualsiasi bar gli capitasse davanti, qualsiasi piazza disponibile o qualsiasi angolo un po' più nascosto, ma di quegli occhi marroni non c'era traccia da nessuna parte e si arrese quando l'ora lo costrinse ad avvicinarsi al centro sportivo già con le gambe doloranti.

«Simo' ma se può sape' da 'ndo arrivi? Pare che te sei fatto mezza Roma a piedi»
«eh più o meno» borbottò in risposta a Dario che lo squadrò da capo a piedi mentre iniziava a svestirsi. «con sta moto rotta sto facendo tutto a piedi» continuò. «al ritorno mi puoi dare un passaggio? Ieri in fermata hanno cercato di rubarmi il borsone»
«ma che cazzo dici? Sei scappato?» Simone fissò per qualche istante il muro davanti a se cercando una scusa da accampare, che se avesse detto a Dario di essersi fatto dare un passaggio da uno spacciatore come minimo gli avrebbe causato un livido anche sull'altro fianco.
«Uhm- si è passato l'autobus per fortuna»

Seh, una moto guidata da un tipo con un'aria cupa e un viso scolpito da mani divine.

«certo che t'accompagno» un sorriso di gratitudine si fece largo sul viso di Simone che terminò di cambiarsi con un umore più sereno.

Due ore più tardi il cielo era scuro sopra al centro sportivo e Simone camminava al fianco di Dario trascinando un po' i piedi sul brecciolino. Poggiò il borsone sul pianale della moto insieme a quello dell'amico e salì in sella aspettando che anche lui lo raggiungesse dopo essersi infilato il casco.

«vuoi rimane' a cena? Nonna sicuramente sarebbe felice» Dario annuì sorridendo, prima di nascondere i capelli scuri sotto al casco e salire sulla moto.
«tiette Simo'» gli disse qualche istante prima di partire, costringendolo ad aggrapparsi al suo giacchetto.

Uscirono dal cancello del centro sportivo poco dopo e Simone si rilassò poggiando il mento alla spalla dell'amico, chiudendo gli occhi. Grave errore, avrebbe detto chiunque lo avesse visto quel pomeriggio, perché tenendoli aperti avrebbe visto Manuel fermo dall'altro lato della strada in sella alla sua di moto, tenendoli aperti avrebbe visto che forse cercarlo in un quartiere poco raccomandabile non era del tutto una follia.

Ma l'unico che vide qualcosa fu Manuel, che si convinse del fatto che Simone avesse preso alla lettera le sue parole. D'altronde gliel'aveva detto lui di fare attenzione in quella zona, non poteva pretendere di vederlo andare in fermata per poterlo accompagnare di nuovo.

**

Manuel quel giorno era particolarmente nervoso, nervoso perché aveva visto diverse volanti girare in quella zona ed aveva il terrore che una di esse gli si palesasse davanti mentre quella folla di studenti usciva dalla struttura scolastica. Era stato mandato lì per vendere qualche dose, con l'indicazione di posizionarsi vicino ai motorini degli studenti fingendo di aspettare qualcuno, i ragazzi interessati lo avrebbero trovato così.

Hygge. | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora