4.

3.7K 241 33
                                    

«Balestra!»

Fu il grido del coach che sentì prima di finire a terra, placcato da Davide che in quell'allenamento stava giocando contro di lui. Un lamento gli sfuggì dalle labbra subito dopo l'impatto del suo fianco sul prato del campo, strizzò per un attimo gli occhi cercando di gestire il dolore ma subito dopo il coach gli oscurò la visuale sul cielo guardandolo dall'alto.

«stavi posizionato male, Bale'» gli disse poggiando le mani sui fianchi, Simone annuì stringendo i denti perché il dolore sembrava non volerne sapere di passare. «e ce faresti un favore a sta qua co la testa»

Simone lo guardò allontanarsi da lui senza avere il coraggio di dirgli che con la testa fosse lì, ma più precisamente sugli spalti su cui era seduto Manuel da metà allenamento. Lo aveva visto arrivare con il casco appeso al braccio e sedersi lì in bella vista nel bel mezzo di quella partita e da lì in poi la sua mente non si era più staccata da quella presenza che lo costringeva a chiedersi quale fosse l'idea che Manuel aveva di quel rapporto strano che stavano creando.

Incrociò per qualche istante lo sguardo apparentemente preoccupato di Manuel per quell'impatto che sicuramente gli avrebbe lasciato l'ennesimo livido, ma quando l'altro alzò il mento per chiedergli se andasse tutto bene decise di ignorarlo, alzandosi in piedi e unendosi di nuovo alla squadra.

Gli sembrava di avere a che fare con due persone differenti a seconda di come Manuel affrontava la giornata e di come era il suo umore, perché il Manuel del giorno prima non si sarebbe mai presentato ai suoi allenamenti di sua spontanea volontà e questo non faceva altro che confonderlo sempre di più, distraendolo da tutto il resto.
Quando l'allenamento terminò Simone camminò a passo spedito verso lo spogliatoio senza nemmeno aspettare Dario che lo seguì poco dopo in silenzio.

«ao, tutto bene?» Simone annuì senza proferire parola, ma quel semplice cenno non sembrò con incere troppo l'amico che si mise seduto vicino al suo borsone. «l'ho visto eh» solo a quel punto i movimenti del riccio si fermarono e lo sguardo si puntò su di lui.
«e che ne sai te che era lui?» Dario alzò semplicemente le spalle.
«non è la prima volta che viene»

E fu a quel punto che tutta la confusione nella testa di Simone si palesò al di fuori del suo cervello sottoforma di rabbia, perché gli sembrava di non avere più il controllo sulla sua vita da quella sera alla fermata dell'autobus e, oltre a quello, era anche tutto maledettamente in disordine come non era mai stato.

«io non ci sto capendo un cazzo» si limitò a dire, prima di allontanarsi dall'amico per andare in doccia.

Era nervoso, Simone, nervoso ed arrabbiato perché la bolla di tranquillità che si era creato era stata rotta e non riusciva a capire se fosse colpa sua perché aveva cercato in tutti i modi di avere un contatto con Manuel o se fosse colpa sua che continuava con questi continui tira e molla a partire dal primo passaggio in moto. E sapeva che l'ultima volta che si erano visti avevano raggiunto un accordo secondo il quale poteva stargli vicino solo se non compiva illegalità, ma di fatto Manuel per tutti i giorni successivi non si era fatto vivo e forse creare un rapporto unilaterale era troppo anche per Simone, che si rendeva conto anche da solo che correre dietro a persone non interessate fosse poco sano.

Ma poi Dario gli diceva di averlo già visto lì e lui si presentava agli allenamenti come se niente fosse e tutti i pensieri che aveva elaborato per tentare di difendersi andavano all'aria, lasciandolo immobile in un vortice troppo grande da gestire.

Uscì a passo svelto dagli spogliatoi e, nonostante Manuel fosse poggiato alla sua moto poco distante da lui, tirò dritto camminando verso il cancello d'uscita.

«Simo'» sentì la voce del maggiore alle sue spalle e fece appello a quella poca pazienza rimasta per continuare a camminare, ma durò tutto molto poco perché una mano gli si posò sulla spalla, costringendolo a fermarsi. «oh»
«hai notizie per la moto?» chiese atono.
«no io-»
«bene» Simone riprese a camminare prima che una mano lo fermasse di nuovo. «che ci fai qui?» chiese, girandosi bruscamente. Manuel ritirò velocemente la mano dalla sua spalla, guardandolo con la fronte aggrottata. «che ci fai qui, Manuel? Ho provato a cercarti da quando tu hai detto che potevo farlo» disse. «non ti ho mai trovato, sto a piedi da settimane e non ti sei degnato nemmeno di darmi notizie in merito alla moto. Ora ti ritrovo qui come se niente fosse e ti giuro che non ci sto capendo un cazzo Manuel, cosa vuoi da me?»

Manuel inizialmente rimase paralizzato davanti a quel ragazzo che aveva sempre visto calmo e indifeso, persino mentre giocava a rugby, dopo qualche istante, però, rispose anche lui con l'unico meccanismo di difesa che conosceva.

«a Simo' ma famme capì, che cazzo so er ragazzo tuo che te devo da spiegazioni se non me vedi pe qualche giorno?» gli occhi di Simone si fecero enormi davanti a quelle parole. «te l'hai chiesto a me, ma a te stesso hai provato a chiede che vuoi te da me?»

Il silenzio calò tra loro, mentre qualche compagno di squadra di Simone gli passava affianco incuriosito da quella discussione, tutti tiravano dritto per andare via, tutti tranne Dario che rimase poggiato al proprio motorino osservando i due a qualche metro di distanza. Manuel prese un respiro profondo perché, onestamente parlando, tutte quelle sensazioni nuove che provava davanti a quegli occhi lo facevano sentire impotente e per quanto cercasse di limitarne le interazioni si ritrovava sempre a cercarli per tentare di capirne l'origine o semplicemente perché non riusciva a farne a meno.

E in quel momento sperimetmentò un'altra cosa nuova, quegli occhi sapevano far tanto bene quanto male, proprio per questo scattò un meccanismo di difesa che lo portò a voltargli le spalle ed allontanarsi verso la sua moto, incrociando per qualche istante lo sguardo di Dario che non riuscì a reggere.

«Simo vieni annamo a casa»

Lo sentì dire e, nonostante la rabbia, fu sollevato del fatto che il minore non andasse a quella fermata dell'autobus da solo.

**

«dai» pigolò Simone.
«ao Simo' ho capito che te sto a consola' ma mo te ne stai a approfitta'» disse Dario sdraiandosi vicino a lui sul letto. Il riccio ridacchiò poggiando la testa sul suo stomaco e lo guardò da quella posizione beccandosi un paio di occhi alzati al cielo, seguiti da una mano che si incastrò tra i suoi ricci per massaggiargli la cute, facendolo sorridere soddisfatto.
«tu che ne pensi?»
«già lo sai che ne penso Simo'»
«e non hai cambiato idea nemmeno un po'?»

Dario sembrò pensarci a quelle parole, perché non riusciva a dare una spiegazione logica al comportamento di Manuel, ma nonostante questo l'unica certezza che sembrava avere Manuel era quella di non aver intenzione di mettere Simone nei casini.

«non lo so Simo'» lui sospirò fissando il soffitto sopra di se.
«è come se le sue azioni fossero totalmente sconnesse dal suo cervello e il cuo cervello fosse totalmente sconnesso dalle sue parole»
«e te non sai a chi crede» Simone annuì. «però?»
«però che?»
«se sto qua a accarezzatte i capelli c'è un però» ridacchiò Dario.
«però che ne so Da', non so manco questo» ammise.

Perché ormai era talmente tutto indefinito intorno a quella figura che aveva dei dubbi anche sui suoi dubbi e non sapeva dar voce nemmeno ad essi, quindi si limitò a farli vorticare nella propria testa in attesa che si placassero e si mettessero un po' in ordine da soli, dandogli la possibilità di farsi quantomeno un'idea di quel ragazzo.

Dario decise di non insistere oltre, che Simone sembrava già abbastanza provato da quella situazione e mettergli pressione non sarebbe servito a nulla se non a farlo agitare ancora di più. Entrambi però continuarono a pensare a Manuel ed ai suoi atteggiamenti controversi assunti dall'inizio di quella storia, ma non erano gli unici a pensarci perché anche il maggiore continuava a ripercorrere tutti i loro incontri, seduto sulla moto di Simone all'interno del proprio garage.

Decise di ripercorrere i momenti insieme a partire dal primo incontro, chiedendosi il perché Simone, dopo il dubbio iniziale, avesse deciso comunque di avvicinarsi a lui. Se lo chiese perché in vita sua solitamente era sempre successo il contrario, le persone de tevano ad avvicinarsi subito per poi allontanarsi appena lo conoscevano, con Simone invece era successo l'esatto opposto e nonostante fosse a conoscenza della vita che faceva non aveva comunque rinunciato a continuare a cercarlo.

Manuel era spaventato.

Spaventato da quella voglia di stargli vicino e spaventato da se stesso che continuava a fallire ogni qualvolta cercava di impedirlo, era spaventato da quello che sarebbe potuto succedergli a causa sua, che a lui degli altri non era mai fregato niente, ma con Simone sembrava essere diverso.

Era spaventato dal potere che quegli occhi avevano su di lui ed era spaventato dal fatto che, nonostante avessero discusso poco più di un'ora prima, lui continuava a pensarci come se fosse un problema da risolvere.

Lui che poche volte aveva avuto paura, ora ne aveva per due occhi enormi ed un ragazzo che era tutto il suo opposto.

Perché la diversità fa paura, ma esserne intrigati ne fa ancora di più.

Hygge. | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora