Capitolo 7

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Il giorno seguente Keita aveva per prima cosa fatto l'iscrizione al college che aveva visto il giorno prima e precisamente alla facoltà di psicologia. Quella lezione era stata davvero troppo coinvolgente e lui non era riuscito a non iscriversi. Solo due ore dopo si mise a cercare l'orario e anche i libri che gli sarebbero serviti per quel primo semestre notando anche che aveva perso molte più lezioni di quante in realtà aveva sperato ma non gli importava realmente tanto, quello che gli importava era trovare un modo per farsi soldi e quindi compare i libri per studiarle quelle materie. E così aveva trascorso l'intera mattina a cercare sul suo computer dei lavoretti in zona che poteva fare tranquillamente senza però trovare qualcosa di adatto lui: la maggior parte volevano qualcuno laureato in qualcosa di specifico mentre la restante parte dei lavori volevano qualcuno con un minimo di esperienza e lui non ne aveva nemmeno zero.

-verrai con il cappello anche alla festa?- gli chiese Lizzie il pomeriggio dopo pranzo osservandolo attentamente e soprattutto guardando male quel maledetto cappello che Keita aveva costantemente in testa.

-no- rispose sinceramente Keita alla ragazza. In realtà Keita non aveva tanta voglia di togliersi il cappello e quindi rivelare i suoi lunghissimi capelli ma sapeva anche di non poter tenere quel maledetto cappello a quella maledetta festa elegante.

-finalmente!- ridacchiò Lizzie -vado a prepararmi-

-sono le tre e mezza- le fece notare Keita alzando lo sguardo dal suo telefono.

-lo so ma mi devo fare una doccia e arricciarmi i capelli quindi ci impiegherò tantissimo tempo- spiegò la ragazza prima di scomparire nel bagno. Keita alzò gli occhi al cielo e si alzò dal divano per raggiungere quella che era diventata la sua camera sul cui letto Hugo gli aveva lasciato la camicia azzurra che avrebbe dovuto indossare quella sera insieme ai suoi jeans. Da quanto aveva detto il castano gli aveva dato quella azzurra perché era quella che si avvicinava di più al colore dell'abito della figlia. A prescindere però dal colore della camicia lui non era ancora sicuro di poterla indossare quella camicia, si sentiva troppo a disagio. Maledetto lui e il momento nel quale si era proposto di accompagnare la bionda a quel maledetto ballo.

Solo una volta arrivate le sette Keita si fiondò in bagno per farsi una doccia ringraziando che Lizzie fosse troppo impegnata a finire di farsi i boccoli e Hugo ancora a lavoro. E anche quando uscì dal bagno con un solo asciugamano in vita ringraziò che la porta della camera della bionda, davanti alla quale doveva passare per forza, fosse chiusa a chiave. si era anche appropriato del phon che c'era in bagno visto che in qualche modo doveva asciugarseli i lunghissimi capelli che aveva. Si mise solo i boxer e i jeans prima di iniziare ad asciugarsi i capelli cercando di calmare i battiti del suo cuore che non volevano smetterla di accelerare visto che la consapevolezza che una volta uscito da quella camera sarebbe stato giudicato dai due sotto una nuova luce.

Quando spense il phon avvertì distrattamente le voci di Hugo e Lizzie, segno che dovevano essere le otto passate e si affrettò a mettersi la camicia infilandosela anche nei pantaloni, notando come gli stesse fin troppo bene quella camicia, e poi cercando di dare senso ai suoi capelli che però essendo stati costretti per toppo tempo nel cappello non avevano più una loro forma. Sbuffò e si diresse verso il borsone che ancora non aveva del tutto svuotato e prese un elastico facendosi uno chignon morbido dietro la testa con i capelli che gli finivano davanti agli occhi lasciando il resto dei capelli liberi sulle spalle.

Si guardò allo specchio per un po' mordendosi il labbro inferiore prima di sospirare e prendere il phon per riportarlo nel bagno. Uscì cautamente dalla sua camera e intravide per un momento Lizzie e Hugo ma i due erano troppo concentrati a sistemare quello che sembrava il vestito della ragazza per accorgersi di lui e quindi il castano poté andare indisturbato in bagno a lasciare il phon e poi li raggiunse in salotto con molta calma e il cuore che gli scoppiava nel petto. Ormai non poteva più tornare indietro.

-come hai fatto a far incastrare la cerniera me lo devi ancora spiegare- stava dicendo Hugo alla ragazza.

-me lo sono infilata velocemente- rispose lei sbuffando segno che si stava innervosendo per quell'imprevisto.

-fatto- disse infine Hugo sistemando la cerniera della ragazza -vedi di non rovinarlo nuovamente-

-dovrei sistemarmi i capelli?- chiese poi la bionda alzando lo sguardo e fu allora che lo incrociò con quello azzurro di Keita.

-no- le rispose proprio il castano -forse solo il ciuffo che stai torturando- aggiunse poi notando come la ragazza continuasse a spostare un riccio.

-tu hai i capelli lunghi?- chiese invece la ragazza ignorando completamente le sue parole continuando a guardarlo sorpresa -portavi il cappello perché non volevi che...ma se stai da dio- borbottò ancora lei mentre Keita distoglieva lo sguardo in imbarazzo per quell'affermazione.

-sono stato più volte insultato per i miei capelli- disse, non era proprio la verità ma era cosa che poteva capitargli effettivamente -e io sono molto insicuro-

-la gente è stupida- gli disse Hugo sorridendogli per poi passare una forcina alla figlia che aveva peso da uno dei mobili del soggiorno per aiutarla a sistemare il riccio ribelle. Keita aveva imparato a sue spese in quei due giorni che quella casa era letteralmente invasa da forcine. Si trovavano ovunque. -comunque state molto bene entrambi- concluse Hugo guardandoli da lontano e ridacchiando nel notare che nonostante sua figlia si fosse messa un minimo di tacchi non arrivava nemmeno alle spalle di Keita.

-faremo un figurone- concordò Lizzie sorridendo in direzione del castano.

-mettetevi vicini che vi faccio una foto-

-papà-

-che vuoi? Lo sai che ti avrei fatto a prescindere una foto- le disse Hugo e Lizzie si trovò a sospirare mentre si avvicinava a Keita che le metteva un braccio intorno alla vita per tenersela abbastanza vicina. Non sapeva perché ma stranamente si sentiva tranquillo nel farlo.


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