Capitolo dieci /Salvami

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“Ma vaffanculo, vaffanculo te tutto!”

Sono le sei del mattino e non capisco più niente, i miei timpani strillano, rumore bianco e battito cardiaco accelerato.
Non immaginavo potesse andar peggio di così. Stanotte ho lasciato Lili nelle mani di Max e tutta la compagnia, sono scappato dalla discoteca. Ho fatto uno degli errori più grandi della mia vita ad insultare la mia ragazza, spero non mi abbia lasciato, ma se così fosse, la capisco. Chi mi tiene a me? Rovino tutto ogni fottuta volta.
Il mio iPhone è pieno di notifiche, messaggi e chiamate perse da Max. Non ho mai risposto, siccome non ero lucido.
Ieri sera nei bagni del locale ho conosciuto un mio fan, un ragazzo bizzarro, ma che ha attirato la mia attenzione. Sono stato trascinato a sniffare cocaina, solo per rendermi più partecipe al contesto, più allegro, a staccare la spina dai pensieri. Invece ha solo peggiorato le cose. Ogni mezz'ora ero al bagno a vomitare, restavo chiuso a chiave seduto sul wc, aspettavo che quel ragazzo di cui ho già dimenticato il nome mi passasse la droga da sotto la porta ed inalavo la sostanza ogni qualvolta svaniva l'effetto.
Ho distrutto pure la porta del bagno a suon di pugni e calci, disperato per come mi sono trasformato.
Lili ha subito a una scena dove ho preso per il colletto un ragazzo che ci stava provando palesemente con lei, ricordo che appena lui ha posato lo sguardo sul suo décolleté ed ha tentato di sfiorarle il fondoschiena, sono andato fuori di me. Il problema è che lei si è più preoccupata per il ragazzo con il naso sanguinante, l'ho fatta molto arrabbiare. I miei amici hanno tentato di tranquillizzarmi, ma non ho dato ascolto a nessuno. Ero troppo fatto per rendermi conto del casino.
Non ho ancora sonno, deve svanire l'effetto dell'ultima sniffata. Ma ne ho bisogno ancora, non voglio dormire, so che farei continuamente incubi. Alla fine resto sempre solo io sommerso nei miei problemi, devo rassegnarmi, non ci riuscirò mai a risplendere. Il bipolarismo mi fa diventare matto, non riesco più a gestire questi cambiamenti d'umore. Mi guardo allo specchio e vorrei tanto prendere a pugni la mia immagine, mi detesto, mi vorrei togliere la vita.
Lascio che questo pianto isterico sfoghi la mia rabbia e tristezza repressa, resto rannicchiato a terra con la testa che mi scoppia, mi gira tutto, ho pure bevuto troppo.
L'ennesimo trillo, è un altro messaggio da Max. Leggo l'anteprima, senza sbloccare il cellulare.
Ho accompagnato la tua ragazza a casa.
Mi dispiace che sia andata così Gio, sai
che hai sempre un buon fratello su cui contare. Riprenditi, bro. Buonanotte.
Lancio il cellulare a teera imprecando contro me stesso, chissà quanto è arrabbiata con me Lili.
Le mie mani e gambe tremano, mi resta soltanto una cosa da fare. Apro il cassetto  del mio comodino, dove ho tutti i miei psicofarmaci. Ne mescolo un po' tutti assieme, ingerisco tutte le pasticche assieme. Cado a terra, non ho più forza nelle mie gambe. Serro gli occhi lentamente, il respiro si fa sempre più debole e... mi lascio andare.

«Giorgio! Giorgio!»
Sento il mio nome risuonare nelle mie orecchie, apro gli occhi e sono disteso a terra, poggio una mano sulla testiera del letto per aiutare ad alzarmi e stringendo i denti riesco a rimettermi in piedi.
«Giorgio!»
È Lili, sta bussando ripetutamente alla porta di casa. Barcollo da una parte all'altra, mi sorreggo sulle pareti per camminare in modo lineare. «A-arrivo...» mormoro stordito.
Apro la porta e vedo lei con uno sguardo inviperito, non è il solito sguardo felice di rivedermi.
Indietreggio e quasi cado a terra, una mano di Lili afferra la mia t-shirt per impedire la caduta.
«Che cos'hai fatto, Giorgio? Guardati, ti sei pure vomitato addosso...»
Non la guardo negli occhi, guardo il pavimento. Mi vergogno a parlarle, anche se le chiedessi scusa non servirebbe a nulla.
«Non dici niente? Forse non lo sai, ma mi hai lasciata lì, sola nel parcheggio del locale. Ringrazio il tuo amico per avermi accompagnata a casa!»
«Scusami... devo... voglio farmi una doccia ora» dico a voce bassa schifato dalla mia maglia imbrattata della mia sbronza.
«Pazzesco» sorride amara. «Non ti rendi conto di nulla, Gio»
Non sopporto il suo sguardo pieno d'odio nei miei confronti. Di botto colpisco il muro con le nocche, facendo sanguinare esse per il pugno violento. Caccio un grido, sto entrando in una crisi di rabbia.
Lili mi afferra i polsi, sto tentando di colpirmi la faccia. I miei occhi sono due finestre laddove ti affacci nell'inferno.
«Lasciami cazzo!» ringhio. «Lasciami! Voglio sparire da questa cazzo di vita!»
«Giorgio, calmati, ti prego... sono qui. Guardami. Non ti lascio da solo, ricordi? Te l'ho già detto»
La guardo, sfinito. Lei che ha del mare calmo nei suoi occhi, come può riuscire ancora a sorridermi. «Scusami Liliana» dico con voce spezzata dal pianto.
«Dai, ti aiuto a lavarti. Andiamo...» avvolge un mio braccio attorno alle sue spalle per accompagnarmi al bagno.
Mi spoglia e mi aiuta ad immergermi dentro alla vasca. L'acqua tiepida mi rilassa i nervi, sospiro sentendomi meglio. Mi insapona, come una madre che accudisce il proprio figlio.
«Ti devo la vita, Lili»
«Smettila. Guarda, ora sei bello pulito. Ti senti meglio?»
Annuisco. Mi infilo l'accappatoio e mi faccio pure asciugare i capelli.
Sono come il diavolo che cede in ginocchio all'angelo, mi lascio prendere cura.
Lili ha voluto correre tra le fiamme del mio stesso inferno per tendermi una mano. Ed è per questo che lei è il mio angelo.
«Salvami. Aiutami ad uscire da qui»
«Da qui... dove?» mi chiede senza aver capito.
«Da qui dentro» mi poso una mano sulla fronte, indicando il cervello. «Dal mio male, dalla mia pazzia»
«Userò tutte le mie forze per salvarti. Sono qui per te».
È qui per me, è vero.
Ed io la proteggerò con le mie fiamme roventi da chiunque provi a farle del male.

BRUCIA ANCORA | Giorgio Ferrario / Mostro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora