Capitolo quattordici /Perdere il controllo

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Sto tornando verso casa, ho cenato dai miei genitori stasera, c'erano pure i miei fratelli, è stato bello rivederli dopo molto tempo. Hanno visto che sono più sorridente, apprezzano tanto i miei sforzi ed io sono grato a loro per restare al mio fianco sempre e comunque. Ho mille attenzioni da tutti, ammetto di essere molto fortunato ad avere una famiglia calorosa e degli amici reputati come fratelli. Mi manca molto la mia cara nonna, i suoi sorrisi, buffetti sulle guance, le sue ricette buonissime che solo lei sapeva fare... mi toglie il fiato pensare ai ricordi passati insieme. Alzo lo sguardo su nel cielo blu e sorrido alle stelle, sperando che riesca ad arrivarle tutto l'immenso amore.
Nonna, anche se ora siamo distanti anni luce sei sempre nel mio cuore. Prometto di tatuarmi il tuo nome sulla mia pelle. Ti voglio indelebile sull'anima mia.
Prima ritornare a casa voglio fare visita alla mia ragazza, stamattina mi ha avvertito che stasera il suo ex ragazzo andava a riprendersi delle cose che aveva lasciato tempo fa a casa sua. Ho cercato di essere comprensivo il più possibile, non mi sono arrabbiato con lei ed è già un primo passo.
Accosto di fianco al cancello di casa sua e pigio il campanello, dopo pochi istanti Lili risponde.
«Sono Giorgio, posso entrare?»
Sento sbloccarsi il cancello.
Non sono mai stato dentro casa sua, oggi è la prima volta.
«Ciao Gio, c'è... il mio ex ragazzo che si sta prendendo le sue cose, sta per andarsene» mi avverte tenendo la porta semichiusa.
Stringo i pugni, mi sale la tensione a mille, ma provo a restare calmo. «Da quanto tempo è qui?»
«Poco. Ecco... ora se ne va»
Ci supera senza salutare, sembra proprio arrogante questo tizio.
«E cambia l'acqua ai pesci ogni tanto Liliana, non sei capace a fare nulla» esordisce voltandosi per un attimo.
Vorrei tanto spaccargli la faccia, si è rivolto a Lili in un maniera maleducata, irrispettosa.
«Ti tratta sempre così male quello?» le dico appena se ne va.
«No, è solo arrabbiato e lo capisco. Dai, entra pure»
So che mente, me lo sento. Il suo gesto di passarsi una mano tra i capelli mi fa pensare che stia farneticando per non dirmi la verità.
«No, sai che c'è? Vado a casa. Tranquilla, non ce l'ho con te. Ti volevo solo salutare» le bacio la fronte ed esco dal giardino per poi salire nella mia bici.
«Sei sicuro che sia tutto ok? Non te la sei presa?»
«Assolutamente no, devi stare tranquilla»
«Ti prego, non fare cazzate»
Sorrido allungando un braccio per sfiorarle una gota, gesto di una tenera carezza. «Non ti preoccupare angioletto, ci vediamo domani ok?».

Non sto ritornando a casa, sto inseguendo l'auto del suo ex ragazzo. Ho una bandana nera che mi copre metà volto, lasciando solo gli occhi in vista.
Avanti, scendi da quell'auto. Voglio vedere la tua faccia di merda.
Bene. Dopo pochi minuti accosta, non abita molto distante da Lili e questo non mi fa restare tranquillo.
Scendo dalla mia bici, la poggio lentamente a terra ed a passo felpato come una lince puntata sulla sua preda mi avvicino da dietro. È davanti alla porta di casa, gira la chiave nella serratura e di scatto avvolgo le mie braccia attorno al suo collo. «Sssh. Sta zitto, pezzo di merda» ringhio brutale al suo orecchio. «Prova ancora ad avvicinarti a lei e ti succederanno le peggiori cose»
Si dimena ed io godo nel vederlo sofferente. Gonfio i muscoli dei miei bicipiti con tutta la mia forza, stringo i denti e spiro come un toro incazzato.
Sento il suo respiro gorgogliare, lentamente le sue gambe perdono forza e solo in quel momento sciolgo le braccia.
Cade a terra e tossisce con una mano sul collo, alza lo sguardo e corruga la fronte. «Chi cazzo sei?»
«Mostro»
«V-vaffanculo...» mormora schiarendosi la voce con dei colpi di tosse.
«Non m'interessa. A me basta che lasci in pace Liliana. Perché tu la lascerai in pace d'ora in poi, vero? Vero?» presso la suola delle mie scarpe su una sua mano. «Sei il mio mozzicone di sigaretta, bello. Sarò come una mosca fastidiosa se non la lascerai in pace»
Si lamenta dal dolore, poi si rialza affaticato e tenta di avvicinarsi, ma io indietreggio.
«Sei solo un malato di mente, te la farò pagare, vedr-»
«Che cosa sono io, uh?» gli tiro un calcio sulle costole. Quando sento i suoi lamenti ne tiro un altro.
E un altro.
Un altro ancora.
Delle immagini in dissolvenza ritraggono Liliana insieme a lui, felici, innamorati, sul letto a fare l'amore.
Pensa alle sue mani viscide passarle sui fianchi, Giorgio. La tocca, la bacia, le morde la pelle.
«Muori, muori» dico digrignando i denti.
Un altro ancora.
Non riesco più a fermarmi, ho perso il controllo.
Dopo svariati calci mi fermo.
Lui è accovacciato. Ha perso i sensi, non respira.
C'è del sangue.
Serro gli occhi per un'istante e riprendendo coscienza mi sale la bile per l'agitazione.
Me ne vado furtivamente, scappo sperando che nessuno abbia visto nulla.
Hai visto che cosa hai fatto, Gio?
Hai perso completamente il senno ormai.
L'hai ucciso.
Sei proprio pieno di perfidia.
I sensi di colpa mi assalgono come un serpente che sibila sul mio corpo, sfreccio sfiorando i pali delle luci che illuminano le strade, sono impaziente di ritornare a casa per imbottirmi di psicofarmaci e dimenticare ciò che ho fatto.

BRUCIA ANCORA | Giorgio Ferrario / Mostro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora