5.2 Amore e Altri Misteri

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Una volta che Lorenzo e Gennaro furono andati via, la casa sembrò molto più grande.

Sull’uscio prima di uscire, Gennaro si era voltato e aveva detto a Edoardo: «Continua ad allenarla, ma non esagerare! Tuo padre arriva alle sei, fai in modo che per quell’ora sia fuori di qui» e poi era sparito, trottando all’inseguimento di Lorenzo fuori dal cancello d’ingresso.

Una volta che furono usciti, le grandi stanze della villa sembravano ancora più gigantesche, i soffitti più alti e d’un tratto tutto si era fatto più freddo, come se tra un mobile e l’altro, tra le mura bianche e le porte in legno laccato, si fosse formato una sorta di vuoto siderale.

«Che silenzio, vero?» domandò infatti Edoardo, mentre rientravano in biblioteca. «È così ogni volta che se ne vanno. Fanno chiasso e vorresti strozzarli, ma appena ti lasciano solo il silenzio diventa insopportabile.»

«Anche con Rebecca è così» disse Chiara. «O con mio fratello. A volte mi chiedo perché passi il tempo con loro, dato che riesco solo a pensare che vorrei ammazzarli, ma quando non ci sono mi mancano. E se succedesse loro qualcosa penso che ne morirei.»

Si sedette al tavolo, si erano dimenticati la lampada di lettura accesa per tutto il tempo che erano stati giù a mangiare. 

Edoardo si sedette accanto a lei spostando un po’ la sedia di sbieco, per poterla guardare in faccia.

«Proviamo a farti controllare le magie accidentali, ti va?»

Lei sorrise. «Basta che non mi vada a fuoco la testa come a tuo cugino.»

«Non posso prometterti nulla» rispose lui, ma stava sorridendo a sua volta.

Chiara si rilassò. Ora che erano loro due soli, si sentiva molto più tranquilla e non aveva paura di essere giudicata.

«Okay, hai detto prima che non vuoi andare volontaria in matematica, quindi dobbiamo trovare qualcos’altro che ti faccia venire l’ansia, per poter provare a controllarla. Di che hai paura? A parte i brutti voti.»

«Paura?»

«Sì, paura. Provo a ricreare uno scenario in cui ti preoccupi, così vediamo come mantieni i nervi saldi.»

«Io… non saprei.»

«Ci sarà qualcosa di cui hai paura. Gli aghi, il buio, i ragni…»

«Ho paura…» disse Chiara, pensandoci su. Prese un profondo respiro e parlò. «Ho paura di essere una fallita. Di accorgermi un giorno che la mia vita non andrà mai da nessuna parte perché le cose mi sono sfuggite di mano, e ormai è troppo tardi. Di accorgermi un giorno che non arriverò mai a nulla perché sono una pigra del cazzo e un’ignava, e che è solo colpa mia, e tutti lo sanno ma si vergognano a dirmelo.»

Edoardo sbatté le palpebre per qualche attimo. «Non credo di poter ricreare uno scenario del genere.»

«Okay, scusa, riprovo. Ho paura che la morte sia la fine di tutto e che nulla di quello che facciamo conti davvero perché prima o poi niente sarà più importante.»

«Davvero? Non hai proprio intenzione di aiutarmi più di così?»

Chiara alzò le spalle. «Ho anche paura delle altezze, a volte.»

Il ragazzo sorrise, caricato di nuova energia. «Ottimo! Vieni.»

La fece alzare e le afferrò il polso con la mano, trascinandola alla finestra sopra il divano. 

«Vuoi buttarmi dalla finestra?»

«Quasi. Voglio fare credere al tuo corpo che lo farò.»

«Non mi piace per niente.»

Il Ritorno della StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora