Gelsomino

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ADE


L'attesa mi faceva impazzire, stare seduto senza fare nulla mi aveva messo un'agitazione addosso insopportabile ma Gea mi aveva ordinato di non muovermi da quel luogo per non rilevare a nessuno dove eravamo. Alzai lo sguardo per l'ennesima volta fissando imponenti cancelli neri alti poco meno di trenta metri.

Inaccessibili fino a che non avessimo versato il mio sangue, quello di Poseidone e Zeus, impresa che sembrava impegnare Gea più a lungo di quanto la Dea non volesse.

Mi ero più volte proposto di portagli non solo il loro sangue ma anche i loro resti ma di tutto punto lei mi aveva imposto di non farlo dato che in quel luogo la mia posizione poteva essere celata ad occhi indiscreti mentre sulla Terra non avrei avuto questo privilegio.

Non capivo perché quella Dea fosse così preoccupata da un manipolo ridicolo di Dei che diceva ci stesse cercando, sembrava irritata da una Dea in particolare: Persefone.

Quel nome non sapevo perché ma per qualche motivo continuava a ronzarmi in testa provocandomi scariche di furia talmente feroce da preoccupare persino me stesso.

Erano passati mesi dall'ultima volta che avevo visto qualcuno a parte Gea, in quel lasso di tempo non mi erano tornati i ricordi della mia vita precedente, prima che la Dea prendesse il controllo della mia mente, solo piccole sensazioni mi tormentavano. Mi sembrava di impazzire molto più di quanto non sapevo di essere già.

Una sensazione in particolare mi colpiva, ogni qual volta guardavo un piccolo fiore stilizzato tatuato sulla pelle sull'interno del mio polso, più lo guardavo più sentivo come se avessi dimenticato di fare una cosa importantissima ma più cercavo di analizzare quei pensieri più mi sfuggiva e questo mi faceva infuriare.

La rabbia era un'amica costante e confortante la sua nebbia non mi permetteva di concentrarmi.

Raccolsi una manciata di quella terra grigia e fredda facendola scorrere davanti ai miei occhi, in qualche modo mi dava la sensazione di essere nel posto giusto.

Quella doveva essere casa mia.

Guardai nuovamente quei cancelli immensi e una parola si fece largo nella mia mente distrutta: Custode.

Il piano di Gea era semplice voleva aprirli e liberare chiunque vi fosse rinchiuso, qualcosa mi diceva non avrebbe dovuto farlo e che io avrei dovuto impedirlo.

Bhe direi che quella non era un'opzione per me.

Io ero suo e lei mi avrebbe usato come meglio riteneva. Quella consapevolezza mi diede una scossa alla spina dorsale, il mio corpo mi stava comunicando che nella mia vita non ero stato bravo ad eseguire gli ordini di nessuno.

Mentre rimuginavo su quei pensieri la Dea si palesò davanti ai miei occhi. Se io ero distrutto lei era completamente pazza, i suoi occhi vorticavano di luce propria dandogli un aspetto sinistro e determinato, il peplo bianco completamente ricoperto di sangue rosso e dorato era in contrasto con il suo sorriso soddisfatto mentre mi mostrava una fiaschetta piana di quello che sapevo essere il sangue di Zeus.

Senza degnarmi di attenzioni ulteriori mise la boccetta affianco a quella recuperata mesi prima contenente il sangue di Poseidone.

Finalmente.

Da quel momento avevamo qualche giorno di attesa prima di poter aprire i cancelli. Il mio sangue mischiato a quello di Zeus e Poseidone ci avrebbe dato modo di creare una chiave mistica.

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