Finalmente un tocco di colore

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ADE


Un'ombra, proveniente da quello che di certo non poteva definirsi cielo, stava richiamando la mia attenzione. Avevo da tempo superato le montagne di sale ed ero diretto verso il deserto della follia, alzai lo sguardo e scorsi grandi ali scure, queste mi ostruivano la visuale, un Dio mi sbarrò la strada facendo impennare il mio cavallo.

Dopo averne recuperato il controllo, scesi incazzato.

"Ade." Una voce stranamente melodiosa e familiare mi fece scuotere la testa, i pensieri stavano turbinando, la mente annebbiata sembrava volersi schiarire, un processo dannatamente doloroso alla quale non volevo dar seguito.

Senza battere ciglio fissai meglio i miei interlocutori, il Dio era a piedi nudi, i pantaloni di pelle erano aderenti sulla sua corporatura esagerata, il petto nudo metteva in bella mostra due spesse cinghie, esse si incrociavano sui pettorali e le ali nascoste dietro la schiena erano di un nero lucido impressionante. Dopo averlo squadrato lo fissai in viso, i capelli corvini, la pelle diafana appariva così simile alla mia e i suoi occhi mi fissavano attoniti. Il suo atteggiamento incoraggiò un mezzo sorriso sinistro da parte mia.

La Dea con lui non sembrava tanto alta, la osservai sommariamente perché non sembrava nemmeno particolarmente pericolosa da dovermici soffermare più di tanto, il potere che irradiava era confuso a tratti ne percepivo tanto ma quando provavo a valutarla meglio essi mi apparivano trascurabili.

"Bene, bene non mostri la paura che mi è dovuta." La mia voce rimbombò nello spazio aperto in cui ci eravamo fermati.

"Ade sono io, Thanatos." La sua presentazione non mi importava granché, scossi la testa da una parte fin quando non sentii il suono sordo dello scrocchio del collo, magari con lui mi sarei divertito di più.

Mi avvicinai tranquillo senza sfoderare la mia arma, il Dio mi fissò quasi contento mentre la Dea gli toccò un braccio per richiamare la sua attenzione facendo un passo indietro cercando di allontanare il Dio da me, lo sguardo di lei appariva serio.

"Amico mio non sai quanto ci hai fatto penare per trovarti." La voce scocciata era in netto contrasto con le parole pronunciate.

"Than forse dovremmo andare." Quella doveva essere di certo una ragazza sveglia, dal suo sguardo acuto si intuiva avesse compreso le mie intenzioni non benevoli, il Dio dall'alto della sua arroganza la ignorò.

Pessima mossa.

Pochi metri ci separavano.

Erano abbastanza.

Estrassi la mia falce e con un singolo movimento recisi le sue gambe, l'urlo di dolore del Dio era stato così soddisfacente alle mie orecchie, il fendente dopo era diretto al suo braccio ma la Dea bloccò il mio attacco con la sua spada, il suo sguardo era determinato, gli occhi scintillarono.

Forse l'avevo sottovalutata.

I suoi occhi iniziarono a scurirsi e divennero presto due pozze nere in essi pagliuzze azzurre e viola iniziarono a risplendere.

"Questo non avresti dovuto farlo." La sua voce dura sembrava non ammettere repliche.

"Questo." Con un gesto indicai le gambe recise del Dio agonizzante. "Avrei dovuto farlo prima a te ragazzina." Per qualche motivo mi sarebbe spiaciuto uccidere quella Dea, una strana sensazione di ribellione mi contrasse i muscoli, la mia guardia si abbassò e lei ne approfittò, la sua spada raggiunse il mio basso ventre. Il taglio formatosi dal passaggio della sua lama recise parte dei miei muscoli addominali, il sangue prese a colare su di me, lo fissai stupito.

La Primavera e il CacciatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora