12. LEO

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A Leo non ne andava bene una quel giorno. Aveva già quasi distrutto Festus un'altra volta e aveva dato fuoco ai pantaloni di un povero mortale innocente. Ma non si era dato per vinto, e aveva deciso di far passare alla sua ninfa una serata indimenticabile. Quando pensava all'aggettivo "indimenticabile", al figlio di Efesto veniva in mente qualcosa di positivo. Che, naturalmente non accadde.

Erano saliti sulla ruota panoramica e stavano ammirando il paesaggio, stranamente in silenzio. Quando avevano raggiunto il punto più alto, il meccanismo si era fermato. La prima cosa che Leo aveva sentito erano le grida dei bambini mortali nelle altre carrozze della giostra, a cui non dava troppo peso: come figlio del dio delle officine, sapeva benissimo quanto fossero frequenti (e fastidiosi) i guasti alle apparecchiature. Poi, però, il vento era iniziato ad aumentare, e di brutto. Pur non essendo mai stato a Myrtle Beach prima, aveva capito che non era un vento naturale.

Calipso si avvicinata di più a lui, stringendogli la camicia con impazienza. Non sembrava spaventata, solo preoccupata. Leo capì che la sua preoccupazione era diretta a lui.

Si maledisse per non aver sciolto quella stupida dea della neve l'ultima volta che l'aveva vista, poi ancora, si ricordò che senza di lei non avrebbe mai conosciuto Calipso. Beh, in ogni caso non aveva certo la minima intenzione di ringraziarla.

Alzò lo sguardo, quasi sicuro di trovarsi Chione davanti agli occhi, ma realizzò dopo che la dea non si trovava lì di persona. Doveva aver mandato qualche mostro a compiere il lavoro sporco per lei.Il vento continuò ad aumentare. Non sapeva da cosa gli era arrivata questa brillante deduzione, ma Leo decise che era il caso di andarsene.

Si slacciò la cintura e fece lo stesso con quella della sua ragazza. Lei lo fissava come se fosse pazzo. Il figlio di Efesto sapeva che con tutto quel vento sarebbe stato difficile sentirla e farsi sentire, quindi cercò di spiegarle a gesti il suo piano. Ma era chiaro che la ninfa non aveva capito niente.

Rinunciò ad esporle la sua idea. Ormai aveva capito cosa stava causando quella tempesta anomala: degli spiriti della tempesta, dei venti. I primi mostri che Leo avesse mai visto.

Guardò giù: erano più o meno a 6 metri di altezza, e non potevano certo buttarsi o cercare di scendere tramite le travi. Lui sapeva di non essere in grado di restarci aggrappato, e dubitava che anche Calipso ce la facesse. Dov'era Jason l'unica volta che aveva bisogno di lui?

Un vento sottoforma di cavallo si avvicinò un po' troppo a loro, e il figlio di Efesto riuscì a respingerlo bombardandolo con palle di fuoco. Ma la loro carrozza aveva iniziato a ondeggiare violentemente, e avevano la cintura slacciata, grazie al suo colpo di genio. Si tennero stretti al sedile, cercando di non precipitare, e in qualche modo si ritrovarono abbracciati. Leo avrebbe riso e scherzato sul suo irresistibile sex appeal, se la situazione non fosse stata tanto drastica.

Se solo non avesse sganciato quella stupida cintura... la cintura! Si era dimenticato della sua cintura degli attrezzi. Ci infilò una mano dentro e tirò fuori una fune... sembrava abbastanza lunga da scendere fino a terra.

-Che...?- iniziò a domandare la ninfa vedendo cosa stava succedendo, ma le sue parole si persero nell'aria.

Leo fissò alla meglio un'estremità della fune alla struttura di metallo accanto alla carrozza, e buttò giù il resto: arrivava perfettamente a terra. Tirò un sospiro di sollievo, ma fu quello il suo sbaglio.

Voleva davvero calarsi giù per una corda in mezzo a chissà quanti spiriti della tempesta? Beh... sì.

Fece un cenno a Calipso di avvicinarsi. Lei continuava a guardarlo in modo strano, ma fece come le aveva indicato. Il figlio di Efesto non aveva intenzione di calarsi prima o dopo di lei: sarebbero scesi insieme. Quando lei poggiò una mano sulla fune, lui la coprì con la sua. Poi, insieme saltarono.

Eroi dell'Olimpo: Non sarà davvero finita così?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora